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Paolo Sorrentino: “I monologhi nei miei film? Sono tutti libri lasciati a pagina 9”

Paolo Sorrentino: “I monologhi nei miei film? Sono tutti libri lasciati a pagina 9”.

Venerdì 2 dicembre, alle ore 19, si è tenuta una tra le masterclass più attese del Torino Film Festival 2022.

Al teatro Astra è arrivato Paolo Sorrentino che è stato accolto da una grandissima folla, che dopo ore di lunga attesa, è riuscita ad incontrare il regista Premio Oscar. Senza dubbio, uno degli eventi più attesi della rassegna torinese.

Sorrentino, intervistato dal regista David Grieco e dal direttore artistico del festival Steve Della Casa, ha risposto a diverse domande in merito all’importanza dei monologhi nei suoi film.

“La mia esigenza di fare i monologhi nasce dalla velleità di fare letteratura. Sono quasi tutti libri che ho iniziato a scrivere e poi ho lasciato a pagina nove”. Poi, continua con diversi riferimenti al film Il Divo: “Ci sono monologhi interiori, con un rimando a Shakespeare, come quello di Giulio Andreotti interpretato da Toni Servillo. Quel monologo non c’era nelle prime stesure della sceneggiatura. Nasceva dall’indecifrabilità di Andreotti. L’unico modo che trovai per avere un mio punto di vista era uscire fuori dal personaggio.

Chiesi a Toni di farlo con lo stesso stile con cui faceva un monologo a teatro in Rasoi”.

Incalzando sull’importanza del teatro, Paolo Sorrentino, fa un parallelismo anche con il drammaturgo Cechov, riuscendo a trasporre il tipico dialogo con qualcuno che non parla, tipicamente chechoviano, al film YOUTH (2015), con l’interpretazione di Michael Caine. “Facemmo una quindicina di ciak. Michael attendeva moltissimo quel momento, forse troppo, e sbagliò parecchio, arrabbiandosi con sé stesso”.

L’incontro si conclude con uno dei temi più cari al resista, ovvero la propria considerazione per il cinema e l’importanza che esso ricopre nella sua vita: “Lo spettatore cerca nei miei film qualcosa che conosce o qualcosa di cui ha già sentito parlare. Il problema è sempre quello, che lo spettatore cerca la verità dentro il film. Io perseguo esattamente l’obiettivo contrario, cioè non sono minimamente interessato alla verità”.

E poi conclude “Da ragazzo facevo l’assistente volontario in produzione, dopo alcuni errori fui declassato a guardia di un proiettore lontanissimo dal set, che illuminava un palazzo sullo sfondo. Pensai, me ne vado. Quando mi diedero il cambio andai dritto dai produttori, ai quali avevo mandato il mio primo cortometraggio, ma non feci in tempo a parlare perché mi dissero di averlo trovato interessante. Quindi pensai: allora non me ne vado”.

Paolo Sorrentino: “I monologhi nei miei film? Sono tutti libri lasciati a pagina 9”

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