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Rimini, tenta di avvelenare il marito col ratticida: 46enne in carcere

La donna è stata fermata per evitare che fugga

Rimini, tenta di avvelenare il marito col ratticida: 46enne in carcere.

 Nel pomeriggio di mercoledì 22 maggio, personale della Polizia di Stato di Rimini, al termine di una serrata attività di indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Rimini, ha eseguito un fermo di indiziato di delitto nei confronti di una donna quarantaseienne.

Quest’ultima è ritenuta gravemente indiziata di tentato omicidio nei confronti del coniuge. 

In pronto soccorso

L’attività investigativa svolta da personale della Sezione specializzata nel contrasto ai reati contro le “fasce deboli” della Squadra Mobile di Rimini, traeva origine dalla segnalazione pervenuta lo scorso gennaio dal reparto di medicina interna dell’Ospedale di Rimini.

Infatti il marito, a partire dal mese di luglio 2022, veniva più volte ricoverato presso quel reparto a seguito di numerosi accessi al locale pronto soccorso, manifestando in tutte le occasioni sintomi compatibili con avvelenamento da topicida. 

Avvelenato

Successivi esami clinici condotti sul paziente, anche per mezzo dell’istituto di medicina legale dell’Università di Padova, accertavano la positività ematica dell’uomo ai principi attivi del Bromadiolone e Coumatetralyl, contenuti nei predetti topicidi, che dimostravano l’assunzione esogena delle stesse sostanze e ne escludevano contestualmente la natura patologica. 

Piena chiarezza riguardo la specie di dette sostanze si acquisiva dai medici, che dettagliavano la natura anticoagulante di queste, spiegando come fossero utilizzate esclusivamente come ratticidi e come lo stesso paziente fosse stato esposto al rischio di morte. 

Sospetti

I primi importanti riscontri di natura probatoria nei confronti della donna venivano acquisiti quando l’uomo veniva messo per la prima volta di fronte alla realtà dei fatti e gli veniva palesato come le cause dei suoi malori fossero senz’altro riconducibili all’assunzione per via orale di sostanze velenose presenti unicamente nei topicidi. 

Escludendo fin da subito una assunzione volontaria, l’uomo giungeva in breve tempo alla conclusione che l’unica persona che avrebbe potuto aggiungere sostanze velenose alle pietanze non potesse ricercarsi in altri se non nella moglie. 

La scoperta del veleno

Veniva eseguita la perquisizione domiciliare dell’appartamento coniugale che portava al rinvenimento e sequestro, in un cassetto dell’armadio della camera da letto della coppia, di una siringa contenente una sostanza ignota di colore rossastro. 

La conseguente consulenza tecnica disposta dall’Autorità Giudiziaria sulla stessa sostanza stabiliva la presenza nel liquido del principio attivo bromadiolone, verosimilmente reso di tale tinta a mezzo di un colorante. 

La sostanza velenosa, corpo del reato, come detto presente unicamente nei topicidi costituiva così il principale tra i gravi indizi di colpevolezza raccolti nei confronti della moglie. 

In carcere

Questi, uniti al pericolo di fuga della stessa, cittadina di origini straniere che spesso fa rientro in patria, convincevano l’Autorità Giudiziaria a disporre il fermo di indiziato di delitto nei confronti della stessa che nella stessa giornata veniva associata presso la Casa Circondariale di Forlì in attesa dell’udienza di convalida celebratasi lo scorso 1 luglio.

Tale udienza si è conclusa con la convalida del fermo e l’applicazione degli arresti domiciliari presso il domicilio della madre con l’attivazione del braccialetto elettronico.

Si ricorda che nei confronti delle persone indiziate ed imputate vige la presunzione di innocenza.

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