Cagliari, convegno sulla “Medicina di genere”.
L’Italia è stato il primo Paese al mondo ad avere una legge sulla medicina di genere: Il 13 giugno 2019 è stato adottato, con decreto del Ministro della Salute, il “Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere“, previsto dall’articolo 3 della legge n. 3/2018, approvato in Conferenza Stato-Regioni in data 30 maggio 2019.
La Regione Sardegna, nell’ambito delle competenze istituzionali legate a quanto previsto dal “Piano Nazionale”, con decreto del 28-03-2022 ha istituito il Tavolo Tecnico Regionale di Coordinamento per la Medicina di Genere, individuando quale referente regionale la Dott.ssa Gesuina Cherchi, già componente del tavolo nazionale presso il Ministero della Salute con nomina del 9-01-2020.
Il compito del Gruppo Tecnico è di monitorare quello che accade sul territorio, con azioni di promozione e di applicazione delle norme previste nel piano nazionale che si basano su 4 aree d’intervento:
1)Percorsi clinici di prevenzione diagnosi e cura e riabilitazione;
2)Ricerca e innovazione;
3)Formazione e aggiornamento professionale
4)Comunicazione e informazione.
I componenti del Tavolo Regionale hanno voluto iniziare questo nuovo percorso partendo dalla Comunicazione e Informazione, attraverso il primo convegno per la Medicina di Genere che si svolgerà a Cagliari il 20 ottobre 2022.
Iscrizione: il corso è gratuito. L’iscrizione al corso è obbligatoria e avverrà nella modalità online attraverso il link indicato nel pieghevole e pubblicato anche nel calendario corsi della sezione Formazione del sito ARES Sardegna e nella sezione Notizie dei siti ASL.
A tracciare le differenze di salute nella popolazione femminile e maschile è stato il congresso Internazionale sulla Medicina di Genere (Padova – 16 e 17 settembre).
Per la medicina di genere è una svolta storica.
La medicina di genere non è la medicina della donna e non è una branca a sé stante della medicina, ma una dimensione trasversale delle scienze mediche, che coinvolge tutte le figure professionali impegnate in ambito sanitario. L’uomo soffre meno di frequente di osteoporosi rispetto alla donna, ma quando ha una frattura ha una mortalità 4 maggiore. Le donne hanno quasi il doppio delle probabilità di soffrire di depressione, ma l’uomo ha un tasso di suicidi 6 volte più alto. L’infarto è la prima causa di morte nelle donne, ma nell’80% loro non presentano i tipici sintomi di dolore al petto irradiato al braccio sinistro.
Dall’oculistica alla chirurgia, tutte le discipline devono essere ristudiate alla luce di questo nuovo approccio scientifico, che era stato introdotto nei primi anni ’90, per la prima volta negli Stati Uniti: ci si accorse che tutti gli esperimenti erano stati condotti su animali e poi su esseri umani, ma solo di genere maschile.
Non si tratta solo, pur se importante, di ridurre il dosaggio di farmaci in base al peso corporeo, ma si tratta di studiare il modo diverso in cui le malattie si manifestano e rispondono ai farmaci. Si precisa che a parità di incidenza di tumori, l’uomo ha una mortalità più precoce.
La donna sopravvive meglio alle malattie ma ha una maggiore disabilità. Ma è più longeva di 4-5 anni rispetto all’uomo, pur con diverse patologie. Due terzi delle persone che soffrono di demenza sono donne e non solo perché vivono più a lungo ma per fattori di rischio genetici, come l’apolipoproteina E4.
Per capire meglio la grande rivoluzione in atto, bisogna fare un viaggio nella storia.
Era stata la badessa Ildegarda di Bingen, monaca benedettina, vissuta in Germania all’inizio del XII secolo, ad aver intuito che il sesso era “in grado di determinare una diversa predisposizione alla malattia tra l’uomo e la donna“, anche con un diverso decorso e un trattamento selezionato per entrambi i sessi. Nonostante siano passati tanti secoli, siamo ancora agli inizi, c’è ancora molta strada da fare per portare queste conoscenze nella vita delle persone. È una sfida che nei prossimi anni potrà dare risposte più concrete, per l’assistenza sia sul territorio sia in ospedale.
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