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Saluto romano, Cassazione: non è reato quando è commemorativo, vale la legge Scelba

Il saluto romano e la chiamata del “presente" sono "un rituale evocativo della gestualità propria del disciolto partito fascista"

Saluto romano, Cassazione: non è reato quando è commemorativo, vale la legge Scelba.

Il saluto romano e la chiamata del “presente” sono “un rituale evocativo della gestualità propria del disciolto partito fascista” che dunque “integra il delitto previsto dall’articolo 5 della legge Scelba” laddove, “avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idonea a integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista”.

È questa la linea delle Sezioni Unite della Cassazione che erano chiamate a sciogliere il nodo del saluto fascista – dopo una serie di sentenze della stessa Corte che andavano in direzioni diverse – in relazione al saluto romano dell’aprile del 2016 a Milano nel corso di una commemorazione di Sergio Ramelli, Carlo Borsani ed Enrico Pedenovi.

La decisione è stata accolta con «rispettoso riconoscimento» da fonti vicine al Presidente del Senato Ignazio La Russa, che proprio sul tema riteneva «occorresse chiarezza». È una sentenza «che si commenta da sola e alla quale non occorre aggiungere altro», spiegano le stesse fonti di Palazzo Madama.

Per Casapound «è una vittoria storica che zittisce tutti, con buona pace di chi ad ogni presente invoca condanne e sentenze esemplari. Continueremo a fare il saluto romano».

Di tutt’altro avviso Emilio Ricci, legale dell’Anpi, per il quale la decisione stabilisce «alcuni criteri fondamentali che distinguono i saluti romani come espressione individuale da quelli di carattere generale con più persone che richiamano tutti i segni e rituali di tipo fascista e che possono essere letti come ricostituzione del partito fascista».

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