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Meloni a Varsavia per rinsaldare i legami con Morawiecki

"Escludiamo qualsiasi alleanza con i polacchi di Diritto e Giustizia, in rotta da anni con il resto d'Europa per le lesioni dello stato di diritto"

Meloni a Varsavia per rinsaldare i legami con Morawiecki

Giorgia Meloni sarà oggi a Varsavia per rinsaldare i legami con un alleato storico come il premier polacco Mateusz Morawiecki, cui la lega la linea dura contro i migranti, il sostegno all’Ucraina e l’appartenenza alla stessa famiglia europea dei Conservatori. Ma la premier è anche reduce da un vertice Ue dove ha ostentato — proprio sull’immigrazione — un pragmatismo ben diverso rispetto ai polacchi di Diritto e giustizia, che continuano a mettersi di traverso per principio (e perché sono in campagna elettorale).

E questa è una chiave per capire cosa sta agitando il Ppe e la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, entrambi alla disperata ricerca di una maggioranza con cui continuare a comandare in Europa anche dopo le elezioni del 2024. Mentre “escludiamo qualsiasi alleanza con i polacchi di Diritto e Giustizia, in rotta da anni con il resto d’Europa per le gravissime lesioni dello stato di diritto e nemici dei nostri alleati di Piattaforma civica”, come ricorda una fonte autorevole del Ppe, “con Meloni il discorso è diverso”.
Nei giorni scorsi, il parlamentare lussemburghese Christophe Hansense si è lamentato dell’omertà sulle future, eventuali liaison tra Ppe e Meloni: “Weber dovrebbe chiarire, finalmente, cosa intende quando parla di una collaborazione con FdI. Perché nel Ppe la discussione non c’è mai stata”.

Ma è anche vero che la questione posta dall’esponente della Csu tedesca in vista delle Europee 2024 non è peregrina. Il Ppe uscirà ridimensionato dalla sfida elettorale e deve trovare il modo di restare al potere. E non si può indovinare il punto di caduta della discussione se non si tiene conto della corsa a ostacoli del suo partito, la Cdu/Csu, azionista di maggioranza del Ppe. I conservatori tedeschi affrontano nei prossimi 18 mesi una serie di appuntamenti elettorali insidiosi che rischiano di rendere più complicata la corsa di Von der Leyen.

A Berlino la proposta di Matteo Salvini di un centrodestra europeo che includa Ppe, Le Pen e Afd è considerata una carnevalata.

Il “cordone sanitario” della Cdu/Csu tedesca non è soltanto verso l’Afd, partito con pulsioni talmente antidemocratiche da essere finito da anni sotto osservazione dei servizi segreti. Il partito guidato da Friedrich Merz considera anche Le Pen un drappo rosso. E persino la Lega di Salvini, finché il leader sarà lui e non uno degli esponenti “pragmatici” ai quali i conservatori tedeschi hanno sempre guardato con interesse come Giancarlo Giorgetti o governatori e sindaci delle regioni del Nord.

Su Meloni, i giudizi sono più sfumati. E tra Von der Leyen e Meloni è scattata “un’ottima sintonia”, sostengono dalla Cdu. La premier italiana porterà in dote al Parlamento Ue un nutrito drappello di eurodeputati, tra i 20 e i 30, che potrebbero essere utili sia per garantire a Von der Leyen il voto per la rielezione, sia per ampliare sporadicamente, in futuro, la maggioranza che uscirà dalle urne europee.
A nessuno del Ppe è sfuggito, infatti, il cambio di corso della Cdu tedesca.

Il leader, Friedrich Merz, ha dichiarato i verdi il “principale avversario politico”. Il capo dei conservatori tedeschi si è attirato le ire di una fetta del partito, contraria a scimmiottare l’ultradestra Afd, che ha sferrato da anni un attacco a quello che considera un nemico antropologico. Ma i picchi nei sondaggi dell’Afd, data tra il 17 e il 20%, costringono la Cdu/Csu a posizionarsi rispetto alle attuali scelte impopolari del governo Scholz che sono in parte ascrivibili alla spinta dei verdi.
La verità è che questo sentimento “anti-verdi” ha contagiato da un pezzo anche il Ppe. Che si sta opponendo al Green deal: la “Legge sul ripristino della natura” è stata clamorosamente bocciata anche grazie ai voti del Ppe.

“Una proposta pessima”, ha sentenziato la tedesca Christine Schneider. Tra i Popolari, l’esecutivo guidato da Von der Leyen (ribattezzato da tempo “Commissione Timmermanns”) è percepito insomma come troppo influenzato da socialisti e verdi.

Tuttavia la forza di Von der Leyen nel suo stesso partito, la Cdu, è proprio nell’essere da sempre considerata un’outsider; “la premessa migliore per conquistare maggioranze ampie”, commenta una fonte tedesca. Se la Cdu/Csu, però, affronterà le prossime sfide elettorali nei tre land dell’Est dove l’Afd oscilla tra il 20 e il 30% sfoderando il grimaldello contro i verdi, rischia, in teoria, di indebolire la sua Spitzenkandidatin. Lo sforzo, per il Ppe e per la stessa Von der Leyen, dovrà dunque essere quello di garantirsi maggioranze “creative” al Parlamento Ue che possano fare a meno dei verdi. Ecco perché i popolari guardano con interesse a FdI, ai conservatori cechi, ma anche a quello che sta succedendo in Spagna, e in particolare a Vox. Che, com’è noto, fa già parte dei Conservatori europei, e non dei “paria” dell’Idv di Salvini e Le Pen.

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