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Elezioni, netto trionfo di Giorgia Meloni

Enrico Letta non sarà più segretario del Pd

Elezioni, netto trionfo di Giorgia Meloni.

Dopo una lunga notte con i dati in continua evoluzione, i titoli dei giornali nazionali e internazionali del mattino sono inequivocabili: netto trionfo di Giorgia Meloni.

meloni

La leader di FdI è l’indiscussa vincitrice delle elezioni politiche di ieri. È verosimile, dunque, che il Presidente della Repubblica Mattarella la incarichi della formazione del nuovo governo nelle prossime settimane, in linea con l’indicazione degli elettori. Meloni sarebbe la prima premier donna del Paese. Solo la Presidente della Camera Nilde Iotti sfiorò questo risultato con un incarico esplorativo nel 1987.

FdI diventa per distacco il primo partito italiano, passando dal 4,3% del 2018 all’incredibile 26% dell’attuale tornata elettorale. Destino opposto per la Lega di Matteo Salvini e per Forza Italia di Silvio Berlusconi, che si attestano rispettivamente all’8,9% (nel 2018 la Lega prese il 17,3%) e all’8,3% (nel 2018 Forza Italia si fermò al 14%). Si attesta appena allo 0,9% Noi Moderati di Maurizio Lupi.

Ora, se la leadership di Berlusconi non sembra in discussione – i sondaggi stimavano il partito del Cavaliere molto sotto l’8,3% – quella di Salvini, invece, non sembra così stabile. Il segretario della Lega esce dal voto politicamente malconcio. L’8,9% è un risultato assolutamente deludente, specie se si considera l’avanzata di FdI nei feudi elettorali leghisti del nord.

salvini

Nel centrosinistra tira una pessima aria. Il Pd – vicino al suo minimo storico – si ferma al 19%, sotto la soglia psicologica del 20% e poco sopra il 18% del 2018 ottenuto dal Pd a guida Renzi. Un risultato che certifica il fallimento della rottura in campagna elettorale del cosiddetto “campo largo” con il M5S. Il segretario dem ha annunciato un nuovo congresso al quale non si ricandiderà per guidare il partito. Segno che la resa dei conti tra i maggiorenti del Pd sia già iniziata.

Le altre forze della coalizione di centrosinistra non se la passano meglio. +Europa si ferma al 2,9%, ad un passo dalla soglia del 3% necessaria per i seggi al plurinominale. E la stessa Emma Bonino non entrerà in Parlamento perché sconfitta nel collegio uninominale di Roma in cui era candidata. Impegno Civico, se possibile, fa anche peggio: raccoglie solo lo 0,6%. Di Maio, sconfitto all’uninominale dal suo ex compagno di partito, Sergio Costa del M5S, perde così la possibilità di un seggio in Parlamento. L’Alleanza Verdi Sinistra di Bonelli e Fratoianni, invece, attestandosi al 3,5%, riesce a portare alla Camera e al Senato alcuni dei suoi candidati al plurinominale.

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Nella sede del M5S il clima è tutt’altro. Il partito di Giuseppe Conte, dato per morto alla vigilia del voto, registra un buon 15,5%. Primo partito in Campania e in Calabria e unico vero competitor di FdI in molti collegi che il Pd dava per certi. Sembra che la mancata alleanza con il partito di Letta abbia premiato l’ex premier Conte. Anche se resta da decidere la partita del dialogo post-elettorale con il Pd dai banchi dell’opposizione.

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Per quanto riguarda il Terzo Polo – in realtà tale solo nella narrazione dei suoi candidati – non si registra un grande entusiasmo. La corsa in tandem di Azione di Carlo Calenda e Italia Viva di Matteo Renzi si arresta al 7,7%. Certamente sotto le aspettative dei due leader, che puntavano ad erodere qualche consenso in più alle coalizioni concorrenti.

calenda

Restano fuori dal Parlamento anche ItalExit di Gianluigi Paragone (1,9%), Unione Popolare di Luigi de Magistris (1,4%) e Italia Sovrana e Popolare di Marco Rizzo (1,1%), che correvano in solitaria.

In fortissimo calo l’affluenza alle urne. È andato a votare solo il 63,9% degli aventi diritto, circa il 9% in meno rispetto a cinque anni fa. Con dati ben più bassi in alcuni territori del sud. Un segnale preoccupante per la tenuta della democrazia nel nostro Paese.

Resta, quella delle elezioni, la fotografia di un’Italia che ha deciso consapevolmente il suo futuro. Nonostante la disaffezione di una fetta importante di popolazione. Ora toccherà ai nuovi parlamentari e al nuovo governo invertire la rotta. Lo spettacolo offerto in campagna elettorale non è stato dei migliori e non promette bene.

 

Chi è Giorgia Meloni

45 anni. Nata a Roma Nord, ma cresciuta alla Garbatella. Esordio in politica a 15 anni, quando fonda, dalle file del Fronte della Gioventù, «Gli antenati», un coordinamento sulla scuola. Dal 2006 al 2008 è stata vicepresidente della Camera dei deputati e dal 2008 al 2011 ministro per la gioventù nel quarto governo Berlusconi.

È stata presidente della Giovane Italia, dopo aver ricoperto la stessa carica in Azione Giovani e Azione Studentesca. Dopo il supporto dato dal Popolo della Libertà al governo Monti, ha fondato insieme a Ignazio La Russa e Guido Crosetto, il partito Fratelli d’Italia, di cui è presidente dall’8 marzo 2014. Dal 29 settembre 2020 è presidente del Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei.

Ha una figlia di sei anni, Ginevra. Ed è legata sentimentalmente al giornalista Andrea Giambruno. Prima della politica, barista al Piper, baby-sitter del primo figlio di Fiorello, venditrice di dischi a Porta Portese. Tifa Roma e rivendica: mai una canna, mai una sbronza, mai un saluto romano.

Snobba Marine Le Pen. Amica di Viktor Orban, il leader ungherese nazionalista e dai pronunciati tratti illiberali, sempre sull’orlo di essere cacciato dal Ppe. Schierata con Europa e Usa sull’Ucraina, senza i distinguo dei suoi alleati, anche se tifa per Donald Trump alle elezioni di midterm.

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