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Non Tutto Scorre Liscio Come L’olio

L’Italia è una terra d’olio dall’alba dei tempi, e l’olio d’oliva è parte integrante del paesaggio e della dieta italiana dall’epoca della civiltà romana. Fino a pochi anni fa, l’unica regione refrattaria all’olivicoltura era la Valle d’Aosta, ma oggi anche nella zona del Nord Italia viene prodotto un olio d’oliva autoctono. Questo vuol dire che ormai in tutte le 20 regioni italiane è possibile mangiare una bruschetta autarchica, persino sulle Alpi.

 

Si stima che nel 2019 in Italia siano state prodotte 365 mila tonnellate di olio d’oliva, con un aumento del 108% in più rispetto all’anno precedente. Questi dati incoraggianti risalgono a soltanto due anni fa, ma sembra ormai passato molto più tempo, e oggi c’è poco da stare allegri. I comparti produttivi dell’olio d’oliva in Italia sono minacciati come mai prima, e si devono difendere dall’attacco congiunto di tre nemici: le ripercussioni che la pandemia di Covid-19 ha avuto sull’industria del turismo agroalimentare, la diffusione fra gli olivi pugliesi della letale malattia Xylella Fastidiosa e le decisioni europee per trovare un sistema di etichettatura degli alimenti uniforme per tutti i paesi membri.

 

Con il blocco delle frontiere e un lockdown generalizzato in quasi tutto il mondo, si comprende facilmente come il turismo sia stato uno dei settori più penalizzati dalla pandemia di Coronavirus che ha colpito il pianeta nel 2020. Secondo la Coldiretti, l’Italia ospita 24000 fattorie sparse in tutte le regioni, che offrono più di 250mila posti letto e più di 440mila posti a sedere nei ristoranti. Gli agriturismi che punteggiano le colline del territorio italiano sono rimasti all’improvviso senza visitatori, e non sono state immuni dalla diaspora dei turisti le regioni produttrici di olio come per esempio il Chianti o la Liguria, luoghi dove l’accoglienza dei villeggianti è la seconda principale fonte d’introito per i piccoli produttori d’olio. Anche la chiusura dei ristoranti ha avuto un grande impatto sulla vendita di bottiglie e damigiane, soprattutto per il giro d’affari delle piccole e medie aziende, che hanno visto azzerarsi o quasi le proprie ordinazioni di bottiglie da parte dei ristoratori. L’aumento del consumo domestico di bottiglie provocato dal confinamento non basta per compensare queste gravi perdite.

 

Ma le cattive notizie non finiscono qui. La Puglia, regione del sud che vanta il più alto numero di aziende olivicole d’Italiaè flagellata ormai dal 2013 dalla Xylella Fastidiosa, epidemia contagiosissima e per la quale non è ancora stata trovata una cura, responsabile in quella zona del disseccamento rapido e quindi della morte degli ulivi. Si stima che il batterio sia stato responsabile in questi anni della distruzione di circa sei milioni di piante, con un danno economico calcolato in oltre 1,6 miliardi di euro. In questo contesto non aiutano le parole del senatore Lello Ciampolillo, eletto in Puglia, secondo il quale la Xylella Fastidiosa non sarebbe la vera causa di morte degli ulivi.

 

Per fortuna non tutti i politici italiani amano perdersi in queste fantasiose ipotesi, e qualcuno sta cercando di risolvere il problema: l’ormai ex Ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova, che ha dato le proprie dimissioni dall’esecutivo pochi giorni fa, ha chiesto e ottenuto che venissero destinati 300 milioni di euro di fondi per la lotta alla Xylella Fastidiosa nel biennio 2020-2021, con l’obiettivo di aiutare gli imprenditori agricoli e i frantoi a far partire la rigenerazione olivicola del Salento.

 

L’ex ministro Teresa Bellanova ha dimostrato uno spirito battagliero anche quando si è trattato di promuovere  opporsi al Nutri-Score, un sistema di catalogazione e etichettatura nutrizionale degli alimenti proposto dalla Francia che potrebbe diventare obbligatorio e uniforme in tutta Europa se dovesse essere approvato dalla Commissione. Il sistema Nutri-Score è penalizzante per l’Italia e presenta svantaggi per l’olio d’oliva italiano, discriminato da una catalogazione troppo schematica degli alimenti (dalla lettera A per i cibi più virtuosi alla lettera E per quelli meno salubri) che lo vedrebbe appaiato nello stesso paniere, tanto per fare un esempio, di alimenti certamente meno salutari come ketchup e bevande gasate. Bellanova aveva anche promosso il Nutrinform Battery, come alternativa al sistema francese, prima di dimettersi. Con il Nutri-Score non sarebbe solo lItalia a soffrire, l’Unione Europea è il maggior produttore, consumatore e esportatore di olio d’oliva. Circa 4 milioni di ettari, concentrati soprattutto nell’area mediterranea, sono destinati alla coltivazione di ulivi.

 

Dopo aver subito uno dei lockdown più severi al mondo lItalia si avvicina al primo anniversario dell’esplosione della pandemia di Coronavirus. Ma mentre per la crisi del turismo provocata dal Coronavirus e per l’epidemia di Xylella Fastidiosa non si vede ancora la luce in fondo al tunnel, sull’uniformità dell’etichettatura europea degli alimenti si può sperare in una conclusione positiva: l’Unione Europea ha pubblicato online un’iniziativa, con scadenza il 3 febbraio, per chiedere il parere dei cittadini della comunità prima di procedere all’introduzione di nuove norme per la catalogazione degli alimenti. In questo quadro desolante almeno i produttori d’olio d’oliva hanno la possibilità di fare cartello e far sentire la propria voce alle autorità, con l’intenzione di tutelare i propri prodotti.

 

Sarebbe un delitto se da domani dovessimo perdere, tanto per fare un esempio, la possibilità di bere bollicine della regione francese dello Champagne o di mangiare salmone del Mare del Nord norvegese. Così come si è sempre fatto di tutto per tutelare questi prodotti tipici, non è un delitto chiedere alle autorità di proteggere la millenaria produzione italiana d’olio d’oliva. È logico aspettarsi che le istituzioni se ne ricordino, e che agiscano di conseguenza per tutelare questo settore produttivo così importante per la storia e l’economia del nostro continente.

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