Governo italiano al lavoro per il ritorno di Alberto Trentini: Meloni chiama la madre del cooperante detenuto in Venezuela
Meloni chiama la madre di Alberto Trentini: il cooperante italiano è detenuto in Venezuela da novembre. Il governo lavora al suo rimpatrio.
Governo italiano al lavoro per il ritorno di Alberto Trentini: Meloni chiama la madre del cooperante detenuto in Venezuela
A oltre 140 giorni dal suo arresto, l’Italia rafforza gli sforzi per il rimpatrio del cooperante veneziano Alberto Trentini, detenuto in isolamento in un carcere alla periferia di Caracas con l’accusa di terrorismo. La premier Giorgia Meloni chiama la madre per rassicurarla sull’impegno del Governo.
Sono passati più di quattro mesi dall’arresto di Alberto Trentini, il cooperante italiano di 45 anni originario del Lido di Venezia, fermato dalle autorità venezuelane lo scorso 15 novembre 2024. Da allora, la sua famiglia vive in un’attesa estenuante, priva di comunicazioni dirette e in un clima di incertezza aggravato dal totale blackout informativo. Trentini è detenuto nel carcere “El Rodeo I” di Guatire, nello Stato di Miranda, a circa 30 chilometri da Caracas, in regime di isolamento e con l’accusa, pesantissima, di terrorismo.
La telefonata della Premier: “Stiamo lavorando per riportarlo a casa”
A riaccendere le speranze è stata la recente telefonata della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ad Armanda Colusso, madre del cooperante. Un gesto personale e istituzionale che ha fatto seguito all’accorato appello della donna, rivolto direttamente alla premier.
La notizia è stata confermata anche da Alessandra Ballerini, legale della famiglia Trentini, che ha ribadito:“La signora Armanda Colusso conferma di aver ricevuto nei giorni scorsi una telefonata della presidente Meloni, che ha assicurato alla famiglia l’impegno del nostro Governo per riportare finalmente a casa Alberto”.
La legale ha poi aggiunto: “Confidiamo che questo impegno delle nostre istituzioni si concretizzi a breve nella liberazione di Alberto, che dal giorno della sua cattura non ha potuto comunicare con la propria famiglia, né ha potuto ricevere visite consolari. Questa attesa logora Alberto e chi lo ama”.
Il contesto dell’arresto: missione umanitaria e accuse gravi
Trentini si trovava in Venezuela dal 17 ottobre 2024 per coordinare progetti umanitari sul campo per conto dell’organizzazione internazionale “Humanity & Inclusion”, una ONG che fornisce aiuti alle persone con disabilità e in situazione di vulnerabilità.
Secondo quanto trapelato, l’arresto sarebbe avvenuto per iniziativa del controspionaggio venezuelano, in un clima politico teso e caratterizzato da frequenti repressioni nei confronti di attivisti, oppositori e membri della società civile. Al momento, Trentini risulterebbe in buone condizioni di salute, ma completamente isolato, senza alcun contatto con la famiglia né con i rappresentanti consolari italiani.
Una mobilitazione che non si ferma: appelli, flash mob e solidarietà
L’arresto di Alberto ha generato un’ondata di solidarietà in Italia e in particolare nella sua città natale, Venezia. Diversi flash mob sono stati organizzati in punti simbolici del centro storico, durante i quali è stato esposto uno striscione con la sua foto e l’hashtag #freealberto.
Anche personalità del mondo politico e civile si sono esposte pubblicamente. Durante una puntata del programma “Che tempo che fa”, Paola e Claudio Regeni, genitori di Giulio Regeni, hanno lanciato un appello alla liberazione del cooperante.
Il caso è stato paragonato per gravità e contesto a quello della giornalista Cecilia Sala, per la quale le istituzioni italiane erano già intervenute in passato con successo.
Pressioni diplomatiche in sede internazionale
La vicenda è seguita anche dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha portato il caso Trentini all’attenzione del G7 in Canada, sottolineando la situazione dei detenuti politici in Venezuela. Il governo italiano ha chiesto più volte chiarimenti e il rispetto dei diritti fondamentali per tutti i cittadini italiani detenuti nel Paese sudamericano.
Attualmente, oltre a Trentini, ci sono almeno altri sette cittadini italiani o italo-venezuelani in condizioni simili, tra cui ex deputati e dirigenti politici. Secondo l’Ong locale Foro Penal, sono almeno 19 i prigionieri stranieri detenuti per motivi politici in Venezuela, a cui si aggiungono 35 prigionieri politici con doppia cittadinanza.
Una speranza tra diplomazia e diritti umani
Il caso di Alberto Trentini rimane emblematico di quanto possa essere fragile la condizione di chi opera in contesti internazionali delicati. La speranza della sua famiglia, dei suoi colleghi e della comunità che lo sostiene, è che le promesse del Governo italiano, espresse direttamente dalla premier Meloni, possano tradursi presto in un’azione concreta e nella liberazione di Alberto, affinché possa tornare a casa, alla sua vita, alla sua missione.
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