Chernobyl, accordo imminente per installare piccoli reattori modulari: svolta energetica tra rischi e opportunità.
L’Agenzia per la Gestione della Zona di Esclusione annuncia un’intesa con Energoatom: la zona del disastro nucleare del 1986 potrebbe ospitare reattori SMR. Ma l’attacco russo alla cupola del reattore 4 solleva nuove preoccupazioni sulla sicurezza del sito.
Chernobyl, accordo imminente per installare piccoli reattori modulari: svolta energetica tra rischi e opportunità.
L’Agenzia per la Gestione della Zona di Esclusione annuncia un’intesa con Energoatom: la zona del disastro nucleare del 1986 potrebbe ospitare reattori SMR. Ma l’attacco russo alla cupola del reattore 4 solleva nuove preoccupazioni sulla sicurezza del sito.
Chernobyl torna al centro del dibattito globale non solo per le ferite ancora aperte del disastro del 1986, ma per un annuncio che potrebbe segnare una svolta storica nella gestione del suo territorio contaminato. Secondo quanto dichiarato da Grigory Ishchenko, capo dell’Agenzia per la Gestione della Zona di Esclusione, è imminente un accordo con Energoatom – l’ente statale ucraino per l’energia nucleare – per l’installazione di piccoli reattori modulari (SMR) proprio nella zona più simbolica e sensibile del nucleare europeo.
La Zona di Esclusione, vasta area intorno alla centrale nucleare di Chernobyl, è stata per decenni sinonimo di abbandono, rischio e memoria tragica. Ora potrebbe trasformarsi in un laboratorio per l’energia del futuro. Ishchenko ha rilasciato la dichiarazione all’agenzia Interfax-Ucraina, affermando che la sua agenzia è pronta a destinare specifici terreni per lo sviluppo di questa nuova generazione di impianti nucleari.
Gli SMR, acronimo di Small Modular Reactors, rappresentano una tecnologia avanzata e più sicura rispetto ai grandi impianti tradizionali. Progettati per essere prefabbricati, trasportabili e assemblabili direttamente in loco, questi reattori offrono vantaggi in termini di sicurezza, scalabilità e impatto ambientale ridotto. Con una capacità compresa generalmente tra 10 e 300 megawatt, possono servire come soluzione energetica per zone isolate o per integrare la rete elettrica nazionale in modo più flessibile.
La scelta della Zona di Esclusione non è casuale. Paradossalmente, la stessa area contaminata dall’incidente del 1986 offre oggi alcune condizioni uniche per la sperimentazione di nuove tecnologie nucleari: è disabitata, già vincolata a usi speciali, militarmente controllata e dotata di un’infrastruttura elettrica preesistente. Inoltre, l’installazione degli SMR potrebbe rappresentare un’opportunità per rimettere in moto l’economia locale e contribuire alla sovranità energetica dell’Ucraina, particolarmente sotto pressione a causa del conflitto in corso con la Russia.
Ma la notizia arriva in un momento drammaticamente delicato. Nel febbraio scorso, la cupola di contenimento del reattore 4 – la celebre struttura d’acciaio denominata New Safe Confinement e costata oltre 1,5 miliardi di euro – è stata gravemente danneggiata da un attacco con drone russo, rivelato solo di recente da The Guardian.
La proposta di costruzione di piccoli reattori modulari in un luogo così carico di significato storico e simbolico come Chernobyl, rischia di suscitare un acceso dibattito sia sul piano tecnico che etico. Se da un lato si tratta di una scelta pragmatica e orientata al futuro, dall’altro non può ignorare le implicazioni emotive e culturali connesse a un’area che per molti rappresenta ancora oggi una ferita aperta nella coscienza collettiva mondiale.
Secondo alcuni esperti, il progetto potrebbe avere un valore emblematico: trasformare un sito di tragedia in un pilastro della nuova energia pulita, nel nome di un progresso consapevole e tecnologicamente avanzato. Ma resta aperta la questione fondamentale della sicurezza, soprattutto in un contesto bellico ancora attivo e con un nemico che ha già dimostrato di voler colpire infrastrutture critiche.
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