A Modena arriva la Coppa Italia del rugby in carrozzina
Sabato 20 e domenica 21 novembre alla palestra Ferraris le prime quattro squadre del campionato nazionale dello sport paralimpico
La palla non è ovale e più che di placcaggi si può parlare di blocchi, decisamente spettacolari, ma l’obiettivo è comunque quello di portare la palla in meta, superando la linea di fondo con la carrozzina. È l’essenza del rugby paralimpico, in carrozzina, appunto, lo sport che sabato 20 e domenica 21 novembre disputa a Modena le finali di Coppa Italia tra le quattro squadre prime classificate nel campionato nazionale.
L’iniziativa si svolge alla palestra Ferraris, in via Divisione Acqui, ed è stata presentata in conferenza stampa in Municipio, con l’assessora allo Sport Grazia Baracchi, dai rappresentanti della Fispes, la Federazione italiana sport paralimpici e sperimentali, che hanno sottolineato l’importanza di queste manifestazioni per fare conoscere una disciplina particolarmente indicata per favorire l’inserimento sociale di ragazzi con disabilità.
La Coppa Italia è organizzata da Fispes insieme al Comitato italiano paralimpico, al Csi e alla Regione Emilia-Romagna, con il patrocinio del Comune di Modena e il sostegno economico di diversi sponsor.
Antonella Munaro, consigliere federale Fispes e vicepresidente, presente in rappresentanza del presidente Sandrino Porru, ha ringraziato il Comune e ha dichiarato: “Per noi essere qui è un onore e acquisisce ancora più importanza dopo l’accoglienza ricevuta a Formigine per la finale di Campionato alcune settimane fa. Due manifestazioni di rugby in carrozzina a stretto giro in Emilia-Romagna che danno lustro alla nostra disciplina e che sono di ben auspicio per sognare di avere una squadra anche qui. Il rugby è prettamente dedicato a ragazzi con tetraplegia e disabilità gravi, e ci piacerebbe pensare che i ragazzi di questo territorio possano intraprendere un percorso con noi nell’ottica dell’inserimento delle persone con disabilità verso lo sport paralimpico. La finale di Coppa Italia a Modena rappresenterà un grande inizio verso un traguardo ancora più grande”.
Alla conferenza stampa hanno partecipato anche Paolo Zarzana, delegato regionale Fispes, e due atleti dei Mastini Cangrandi Verona: Giuseppe Testa e Stefano Paoli.
Modena ospita l’evento anche perché, come ha spiegato l’assessora Baracchi, “atleti di alto livello possono rappresentare un esempio per avvicinare allo sport ragazzi e ragazze con disabilità fisiche o mentali: è un obiettivo che perseguiamo fin dalla scuola sostenendo diversi progetti per dare a tutti la possibilità di conoscere e accostarsi alla pratica sportiva”.
A rugby in carrozzina possono giocare, senza distinzione di sesso, tutte le persone che hanno una disabilità che coinvolga contemporaneamente sia gli arti inferiori che superiori. Rientrano in questa categoria i soggetti tetraplegici, tri-amputati, poliomielitici, con sindrome di Guillain-Barré, paralisi cerebrale, dismelia e alcune forme di distrofia muscolare.
Sul campo, che ha le dimensioni di quello da basket, si fronteggiano due squadre di quattro giocatori con l’obiettivo di portare il pallone oltre la linea di meta avversaria. Ogni partita è composta da quattro tempi, ciascuna della durata di otto minuti. Si utilizzano carrozzine attrezzate in modo particolare, visto che il gioco si caratterizza per gli scontri tra gli atleti che, scambiandosi la palla, cercano di trovare il varco per raggiungere la linea di meta oppure di impedire agli avversari di riuscirci. Il punto è valido quando le ruote della carrozzina hanno oltrepassato completamente la linea di meta.
“Per gli atleti di rugby in carrozzina – spiegano gli esperti della Fispes – l’appartenenza alla squadra rappresenta un potente mezzo di crescita individuale: consente di confrontarsi continuamente con i compagni, non solo dal punto di vista della prestazione sportiva, ma anche nella quotidianità. La capacità di compiere determinate azioni in completa autonomia, come guidare o caricare la carrozzina in macchina, osservata nei compagni di squadra che hanno un simile grado di disabilità stimola negli atleti un benefico spirito emulativo verso la completa autosufficienza e la piena consapevolezza nei propri mezzi e potenzialità”.
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