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Milano, finto medico abusa sessualmente di minorenni

L’attività investigativa svolta dai poliziotti del Commissariato Monza è iniziata lo scorso novembre 2018 su delega dell’Autorità Giudiziaria, a seguito della denuncia del padre di una ragazza minorenne: la giovane era stata dapprima circuita attraverso una piattaforma di messaggistica istantanea e poi abusata in un appartamento nella disponibilità di un uomo che si era spacciato per ginecologo e che le aveva prospettato un fantomatico trattamento anticoncezionale denominato “Neutro”.

Le indagini svolte dai poliziotti con accertamenti sul territorio, acquisizione di informazioni (cittadini, amministratori di stabili, etc.) servizi di appostamento e pedinamento, anche mediante l’utilizzo di strumenti tecnologici (localizzatori GPS), analisi di tabulati telefonici, ricerche in banche dati e individuazioni fotografiche hanno consentito di individuare l’appartamento utilizzato e successivamente l’uomo. Per acquisire riscontri e accertare il coinvolgimento di altre vittime gli agenti del Commissariato Monza hanno analizzato i profili social utilizzati dal delinquente che consentiva di individuare decine di profili “fake” e di osservare il suo schema di adescamento ingegnoso e subdolo.

L’indagato aveva costruito multipli di sé attraverso identità virtuali, utilizzando i suoi “alter ego” per adescare con l’inganno ragazze minorenni ed indurle a credere di chattare con coetanee dello stesso sesso che, consolidando la sua rete di fiducia, persuadevano la vittima a sottoporsi al fantomatico “trattamento”, sfruttando con furbizia lo stesso linguaggio adolescenziale, le fragilità, le debolezze e la vanità delle ragazze fino ad arrivare a minacce e richieste di denaro a fronte delle difficoltà di piegarne altrimenti la volontà.

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Dopo aver agganciato la preda, la modalità di coinvolgimento della stessa nella relazione sessuale veniva tarata sulla base delle fragilità osservate e delle risposte comportamentali ricevute.
Già dalle prime investigazioni è risultata evidente la serialità degli stratagemmi ed artifizi utilizzati dall’indagato per irretire le sue giovani vittime, a cui sono seguite in caso di necessità per vincerne le resistenze, vere e proprie minacce.
Oltre alla vittima che aveva avuto il coraggio di denunciare quanto subìto, immediatamente dopo veniva individuata un’altra vittima minorenne, circuita e abusata.

Nel caso della prima vittima accertata, particolarmente fragile psicologicamente, l’indagato si garantiva le prestazioni sessuali nel gioco di una relazione in cui la leva privilegiata era costituita dai sensi di colpa indotti nella vittima. L’elargizione del trattamento neutro alle altre ragazze veniva subordinato, in quel caso, all’accondiscendenza sessuale della vittima, alla quale l’uomo faceva credere di essere la “preferita” e, dalla quale, contrariamente a quanto dichiarava avvenire per la sua clientela, non pretendeva remunerazione per le portentose prestazioni offerte.

Nel caso della seconda vittima, una quindicenne, la gravissima condotta ingannatoria posta in essere dall’indagato, ed emersa nella sua vera connotazione solo all’atto dell’audizione della minore, escludeva inequivocabilmente la volontarietà dell’atto sessuale da parte della stessa.
L’uomo, infatti, aveva fatto leva sia sulla fragile personalità della vittima, sia, soprattutto, costringendo la ragazza a subire gli atti sessuali sotto la minaccia di gravi danni, di natura fisica, economica e morale: la richiesta di € 365 in caso di rifiuto di portare a termine la prestazione, il prospettare il coinvolgimento della famiglia nel caso in cui non avesse pagato la somma richiesta e le conseguenze di natura fisica derivanti dal mancato trattamento (frigidità, sterilità e altri esiti negativi).

Le dichiarazioni rese dalla minore, decisamente sollevata per la fine dell’incubo vissuto, delineavano, in tutta la loro chiarezza, connotati di natura ossessiva dell’indagato nel voler raggiungere i suoi perversi obiettivi. La circonvenzione di cui è caduta vittima la ragazzina è stata, quindi, realizzata pienamente dall’indagato attuando molteplici strategie:

  • Il ricorso ad una posizione autoritativa, quella di “medico”, percepita dalle vittime come rassicurante e sufficiente ad attribuirgli fiducia e credibilità;
  • l’ingannevole trappola di una prestazione (trattamento), ormai iniziata alla quale non era più possibile rinunciare se non accettando le già descritte gravi conseguenze e/o attraverso il pagamento di una somma ovviamente inaccessibile ad una vittima così giovane;
  • l’inserimento nella dinamica perversa di afflati di coinvolgimento affettivo con l’utilizzo di un comportamento ammaliante, linguaggio adolescenziale, tonalità di voce sdolcinata, tutti finalizzati a creare un contesto situazionale favorente.

Diabolica anche la strategia utilizzata per adescare una terza vittima, nei confronti della quale l’uomo ha individuato, quale strumento privilegiato per raggiungere i suoi perversi obiettivi, il coinvolgimento affettivo, intrecciando preliminarmente con la ragazza – fingendosi un coetaneo di bell’aspetto – una lunga ed intensa corrispondenza tanto da trascinarla in una relazione sentimentale virtuale, che si sarebbe potuta concretizzare solo se lei avesse accettato di sottoporsi al trattamento praticato dal medico di fama mondiale “BERTI Alberto”, amico di famiglia.

Appariva indubbia la posizione di dipendenza e soggezione in cui l’indagato aveva, inequivocabilmente, condotto le ragazze, che, per l’evidente fragile personalità non erano state in grado, in autonomia, di trovare una via di fuga.

Le vittime, come anche delineato nella relazione clinica della psicologa che ha coadiuvato gli agenti del Commissariato Monza in sede di audizione delle minori, hanno subito atti sessuali altamente lesivi, in quanto, loro, prive degli strumenti per riconoscerli.

Le indagini condotte dai poliziotti del Commissariato di Monza, coordinato dalla Procura di Milano, hanno consentito di raccogliere significativi elementi di prova tanto da far ritenere al G.I.P . che la misura cautelare in carcere per il cinquantenne fosse l’unica idonea ad interrompere qualunque attività delittuosa, anche propedeutica al perfezionamento del disegno criminale dell’indagato, e ad evitare il concreto rischio di inquinamento probatorio sia in ordine alla manipolazione del materiale informatico in suo possesso, sia al possibile condizionamento di altre parti offese, e di quelle eventualmente coinvolte.

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