Il Tribunale di Bergamo, dopo aver verificato la commissione di una pluralità di reati quali ricettazione, truffa, associazione a delinquere e altro, nel marzo scorso disponeva gli arresti domiciliari di un cinquantaquattrenne residente in città. Nell’attesa del giudizio i magistrati confidavano nel rispetto delle prescrizioni e degli obblighi imposti con la concessione degli arresti domiciliari, tra i quali il divieto assoluto di contatti con persone estranee al nucleo famigliare, soprattutto per evitare la ripetizione degli stessi reati ai danni di persone ignare, ingannate dai titoli professionali del truffatore.
Apparentemente il cinquantaquattrenne si è attenuto alle prescrizioni fino a che il personale della Squadra Investigativa del Commissariato della Polizia di Stato di Busto Arsizio, seguendo altre attività di indagine, si è trovato nei giorni scorsi a dover chiedere all’uomo le ragioni di alcuni recenti incontri e contatti con noti pregiudicati.
Verificata l’inosservanza degli obblighi a cui l’arrestato doveva attenersi, il Pubblico Ministero di Bergamo ha ritenuto che il comportamento spregiudicato e consapevole dell’arrestato abbia dimostrato l’inadeguatezza degli arresti domiciliari nell’impedire la commissione di nuovi reati trovando concorde, nella sua analisi, il Giudice per le Indagini Preliminari, il quale ha immediatamente disposto l’aggravamento della misura cautelare sostituendola con la custodia in carcere.
Così gli agenti sono tornati una seconda volta presso l’abitazione del cinquantaquattrenne per notificare l’Ordinanza e accompagnare l’uomo al carcere cittadino, interrompendo ogni possibilità di commissione di ulteriori reati
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