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Muore Kengiro Azuma, scultore dal sapore taoista e futurista

Muore a Milano un’altra figura interessante per l’arte contemporanea internazionale, figura che ha saputo coniugare stili e poetiche differenti, quella orientale e quella europea: Kengiro Azuma, scultore e pittore giapponese, formatosi a Milano e diplomatosi all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano. Kengiro Azuma era a Milano dal 1956, anno in cui una borsa di studi disposta dal governo italiano lo porta nel capoluogo lombardo, scegliendo questa città rispetto a Parigi, l’Italia veniva considerata dall’artista più “moderna”, e rispetto alle città italiane capitali delle arti visive, tra cui Roma.

Azuma è affascinato da questa città, Milano, tanto che chiama i propri figli con due nomi che ne sono un omaggio, ossia Ambrogio, in onore a Sant’Amborgio patrono di Milano, e Mami, in onore di un altro grande personaggio dell’arte contemporanea meneghina, Marino Marini, maestro dell’autore nipponico, figura che Azuma affiancò come assistente alla stessa Accademia di Brera. Anni fervidi saranno quelli trascorsi all’Accademia, tanto che Azuma potrà realizzare, dopo studi e confronti con diversi linguaggi estetici a lui contemporanei e diversi stili, una propria originalità e unicità espressiva, tra un futurismo dal sapore avveniristico orientale e un astratto concettuale tipico della corrente più rilevante e autorevole di quel periodo fertile di idee e di ispirazioni.

L’arte zen, ossia il confronto attivo e contaminante tra opposti, contrasti che vivono le nostre esistenze, si affronta in una sintesi armoniosa tale da darci un senso di dinamica e di esaltazione della complessità in una chiave filosofica esistenziale unica e incisiva: Azuma sentirà l’inflienza di un Lucio Fontana, così come di un Marino Marini, scultore di riferimento per un’intera epoca della storia dell’arte. Il taoismo si esplica in modo materico e plastico, tangibile e, per questo motivo, forte e sensibile, nella contrapposizione tra spazi vuoti e spazi pieni, tra luce e oscurità, tra certezze e dubbi, ne era “pieno” affermava Azuma, tra pesantezza e leggerezza, tra freddezza e calore, tra il bene e il male: l’eterno dissidio interiore che si esplica in una composizione estetica che riappacifica un contrasto insanabile.

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Azuma è autore di una piramide originale e interessante presente davanti al Cimitero Monumentale di Milano, la piazza antistante, inaugurata nel 2015, MU 141, i titoli delle opere dell’artista riprendono le lettere MU seguite da una numerazione progressiva, il testamento scolpito più rappresentativo della filosofia e della poetica dell’artista, un congiungimento tra la terra e il cielo, cercando di andare a “riempire le voragini che la giovinezza” gli ha lasciato, come raccontato dallo stesso Azuma. Ricordiamo Goccia dedicata a Matera, città che ha celebrato l’artista in una ricca esposizione nei sassi.

La giovinezza non fu molto facile per Azuma: si dovette arruolare nell’esercito a soli 17 anni, durante il secondo conflitto mondiale e il conflitto, sanguinario, nell’Oceano Pacifico, ma si rifiutò di immolarsi come un kamikaze alla causa patria, così come rimase fortemente colpito e turbato, motivo per la sua dedizione all’arte, dalla rivelazione umana dell’entità dell’Imperatore nipponico, fino a quel periodo considerata di origine divina.

Azuma, il cui studio si trova in via Baldinucci 60 nel quartiere della Bovisa di Milano, era figlio di un artigiano del bronzo, un’intera famiglia, la sua, dedicata a tale attività, che produceva campane per i templi giapponesi.

Articolo di Alessandro Rizzo

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