Bassano del Grappa, sondaggio shock in una chat scolastica: “Chi meritava di morire?”.
Studente propone su WhatsApp una “votazione” tra vittime di femminicidio. Scoppia l’indignazione. L’autore si scusa: “Sono mortificato”. Valditara: “Gravissimo episodio, la scuola intervenga”.
Bassano del Grappa, sondaggio shock in una chat scolastica: “Chi meritava di morire?”.
Studente propone su WhatsApp una “votazione” tra vittime di femminicidio. Scoppia l’indignazione. L’autore si scusa: “Sono mortificato”. Valditara: “Gravissimo episodio, la scuola intervenga”.
“Chi meritava di morire?”. È questa la frase agghiacciante comparsa in un sondaggio lanciato da uno studente in una chat WhatsApp di una scuola superiore di Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza. Un “gioco” macabro che ha suscitato sdegno e dolore in tutta Italia. Il sondaggio chiedeva ai partecipanti di “votare” quale tra tre vittime di femminicidio — Giulia Tramontano, Mariella Anastasi e Giulia Cecchettin — “meritasse di più” la morte.
A dare notizia dell’episodio è stata l’emittente Rete Veneta, mentre la schermata della chat è stata rilanciata dall’associazione Women For Freedom, attiva contro la violenza di genere. L’immagine ha rapidamente fatto il giro del web, scatenando una tempesta di indignazione.
La reazione dello studente: “Sono mortificato”
L’autore del sondaggio, un giovane della scuola coinvolta, ha deciso di rompere il silenzio e, tramite il suo avvocato Aldo Benato, ha diffuso una lettera di scuse: “Mi ci sono voluti pochi secondi per capire la gravità delle mie parole. Quando i miei genitori hanno scoperto quanto accaduto e ho visto le loro espressioni sconcertate, ho realizzato la portata del mio gesto. Mi si è gelato il sangue nelle vene. Penso ai familiari di quelle donne, al loro dolore, e mi sento profondamente mortificato”.
Il ragazzo ha detto di non avere giustificazioni e di essersi reso conto troppo tardi del significato di ciò che aveva scritto. Ha anche espresso timore per l’ondata di odio online che si è riversata contro di lui.
Condanna unanime: politica, famiglie e associazioni chiedono rispetto e responsabilità
Il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, ha definito l’accaduto “agghiacciante”, sottolineando la necessità di interventi educativi e disciplinari: “La scuola saprà prendere i provvedimenti opportuni non solo per sanzionare comportamenti così gravi, ma anche per richiamare alla cultura del rispetto”.
Dello stesso avviso la sottosegretaria all’Istruzione Paola Frassinetti, mentre la ministra per la Famiglia Eugenia Roccella ha parlato di “un’assuefazione radicata all’orrore che va sradicata”. Il governatore del Veneto Luca Zaia ha espresso “sgomento e preoccupazione”.
Tra le reazioni più forti quella di Alessandra Verni, madre di Pamela Mastropietro, giovane brutalmente uccisa nel 2018: “Da madre, fa male vedere giovani fare una chat simile. Non c’è empatia, non c’è rispetto. È calpestare il dolore che le vittime e le famiglie vivono ogni giorno”.
L’associazione che ha diffuso la chat ha invitato a non derubricare il gesto a semplice bravata: “Non basta dire ‘sono ragazzi’. Ogni volta che minimizziamo, normalizziamo. Questo è uno specchio rotto della nostra società, che ancora non percepisce il dramma del femminicidio”.
La presidente Luisa Rizzon ha aggiunto: “Non vogliamo sapere chi sia il responsabile. Spetta alla scuola, alla classe e alla famiglia affrontare l’accaduto. Ma siamo disponibili al confronto, nel rispetto dell’anonimato”.
Il Movimento Italiano Genitori (Moige) ha parlato di un episodio “spietato”, esprimendo profondo sconcerto. “Serve un’azione educativa capillare per insegnare ai giovani il valore della vita e della dignità umana”, ha dichiarato il direttore Antonio Affinita.
Anche Mara Carfagna (Noi Moderati) e i parlamentari del Movimento 5 Stelle in Commissione Cultura hanno condannato l’episodio: “Un gioco disumano. Non è una goliardata, ma lo specchio crudele di ciò che stiamo (non) insegnando alle nuove generazioni”.
Il nodo dell’educazione
L’episodio solleva interrogativi profondi sull’educazione al rispetto e alla legalità nelle scuole italiane. Nonostante l’introduzione dell’ora di educazione civica, la presenza di progetti contro la violenza di genere e i numerosi dibattiti, certi episodi dimostrano che la strada da percorrere è ancora lunga.
“Serve coraggio per guardarci dentro e chiederci dove stiamo fallendo”, ha detto ancora Rizzon. “Ogni parola conta. Ogni silenzio pure”.
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