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Venezia, tragedia sul catamarano: Anna Chiti muore a 17 anni al suo primo giorno di lavoro.

Studentessa dell’Istituto Nautico, è caduta in acqua durante l’ormeggio restando impigliata in una cima: l’elica del motore l’ha uccisa. Indagini in corso su dinamica, contratto e sicurezza a bordo.

Venezia, tragedia sul catamarano: Anna Chiti muore a 17 anni al suo primo giorno di lavoro.

Studentessa dell’Istituto Nautico, è caduta in acqua durante l’ormeggio restando impigliata in una cima: l’elica del motore l’ha uccisa. Indagini in corso su dinamica, contratto e sicurezza a bordo.

Venezia Aveva 17 anni e un futuro tra le onde. Una passione limpida per il mare, coltivata con determinazione sui banchi dell’Istituto Nautico “Sebastiano Venier” di Venezia, dove studiava per diventare allievo ufficiale di coperta. Ma quel sogno si è infranto sabato sera, tragicamente, nelle acque della darsena di Sant’Elena. Anna Chiti, originaria di Treviso ma residente a Venezia per motivi di studio, è morta durante una manovra di ormeggio a bordo di un catamarano charter: la cima che teneva in mano l’ha trascinata sott’acqua, dove è finita contro l’elica del motore, riportando ferite fatali.

La dinamica: una cima impigliata, poi l’impatto

Secondo le prime ricostruzioni della Capitaneria di Porto, coordinate dalla Procura di Venezia, l’incidente è avvenuto intorno alle 18.41. Anna era al suo primo giorno di lavoro, e forse nemmeno formalmente assunta. Era stata imbarcata per affiancare l’equipaggio della Novayacht, società che organizza escursioni in laguna per turisti. Quel giorno, a bordo del catamarano, si stava svolgendo una festa in costume organizzata da un gruppo di giovani stranieri.

Durante la fase di attracco, resa complicata dal vento teso e dalle onde, la ragazza stava gestendo una cima. Quando ha cercato di saltare a terra, sarebbe scivolata in acqua: la corda si è avvolta al braccio e contemporaneamente all’elica ancora in funzione. Intrappolata sott’acqua, è rimasta bloccata fino all’arrivo dei soccorsi.

I tentativi disperati di salvarla

Il comandante dell’imbarcazione si è tuffato per primo, senza riuscire a liberarla. Poi, nel giro di otto minuti, sono arrivati i vigili del fuoco con l’elicottero e due autopompe lagunari. Un sommozzatore è riuscito a tagliare la cima e a riportare in superficie la ragazza. Ad attenderla c’erano i sanitari del Suem 118, che hanno tentato lungamente di rianimarla, senza successo. Anna è morta lì, sulla banchina, con una profonda ferita alla testa provocata dall’impatto con l’elica.

Un lavoro da “prova”, il dolore del padre

“Non era pronta per tenere una barca o fare manovre” ha dichiarato, sconvolto, il padre Umberto Chiti. “Era stata presa perché parlava bene l’inglese. Ma su una barca che porta turisti doveva esserci più personale, non mia figlia da sola con un marinaio”. La giovane era stata imbarcata in prova: il capitano avrebbe dovuto valutare se assumerla o meno al termine della giornata.

Proprio su questo aspetto si concentrano ora le indagini: la Procura e la Capitaneria stanno esaminando il contratto di lavoro, o l’eventuale assenza di esso, e le mansioni affidatele. In parallelo, gli investigatori stanno analizzando i filmati delle telecamere di sorveglianza della darsena e ascoltando i testimoni presenti a bordo: membri dell’equipaggio e turisti, ai quali è stato chiesto di ritardare la partenza da Venezia. Al momento, non risultano persone indagate.

Una comunità in lutto

Anna viveva nel convitto dell’istituto nautico, era una studentessa brillante e impegnata, appassionata di vela e sport acquatici. Il preside Michelangelo Lamonica la descrive così: “Aveva voti alti, aiutava i compagni più giovani nelle materie difficili, era una persona solare, generosa, matura. Quest’anno avrebbe deciso se intraprendere la carriera di ufficiale nella marina mercantile. Aveva tutte le carte in regola per riuscirci”.

Domenica mattina, un gruppo di studenti e docenti si è recato sul luogo della tragedia. Hanno lasciato una cassettina con piantine fiorite in memoria di Anna. “Abbiamo un senso di smarrimento” ha detto Susanna De Favari, compagna di scuola e amica. “Era sempre pronta ad aiutare gli altri. Tutti i suoi progetti si sono spenti a 17 anni”.

L’istituto intitolerà un’aula o un laboratorio alla sua memoria.

In attesa dell’autopsia

La salma di Anna è a disposizione dell’autorità giudiziaria per l’autopsia. Sarà questo esame a chiarire le cause esatte della morte e a fornire elementi utili per l’inchiesta penale aperta dalla Procura di Venezia.

Intanto, la città si stringe nel silenzio, ferita da una tragedia che scuote non solo per la sua violenza, ma per la giovane età della vittima e per l’ingiustizia percepita di un sogno infranto sul nascere.

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