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Omicidio Cecchettin, la Procura impugna la sentenza: chiesto l’appello per riconoscere le aggravanti a Turetta

Nonostante la rinuncia dell’imputato, la Procura di Venezia chiede l’appello per far riconoscere crudeltà e stalking come aggravanti nell’omicidio Cecchettin.

Omicidio Cecchettin, la Procura impugna la sentenza: chiesto l’appello per riconoscere le aggravanti a Turetta

Nonostante Filippo Turetta abbia rinunciato a impugnare la sentenza, dichiarando in una lettera alla Corte d’Assise di accettare la condanna senza chiedere attenuanti, la Procura generale di Venezia ha deciso di procedere comunque con il processo d’appello.

L’obiettivo è ottenere il riconoscimento delle aggravanti della crudeltà e dello stalking, escluse in primo grado dalla Corte d’Assise di Venezia. Il procuratore generale Federico Prato e il sostituto Pasquale Mazzei compariranno davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Mestre il 14 novembre.

La condanna all’ergastolo, pronunciata il 3 dicembre scorso, resterà invariata: è la pena massima prevista dall’ordinamento e non può essere aumentata. Ma l’eventuale riconoscimento delle aggravanti avrebbe, secondo i legali della famiglia Cecchettin, un significato simbolico importante, legato al pieno riconoscimento della gravità dei fatti.

Secondo la Procura, il numero delle coltellate, circa 75, e i comportamenti ossessivi del giovane configurerebbero gli estremi della crudeltà e degli atti persecutori. La Corte d’Assise, invece, aveva escluso queste circostanze: le coltellate, aveva scritto nelle motivazioni, non furono inflitte per infliggere sofferenza, ma per “goffaggine” dell’imputato; e non si poteva parlare di stalking perché Giulia, pur ricevendo messaggi invadenti, continuava a frequentarlo liberamente.

L’appello, dunque, non punta a modificare la pena ma a ridefinire il significato giuridico e morale dell’omicidio che ha scosso il Paese.

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