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È morto Emilio Fede, aveva 94 anni: una vita da direttore tra prime volte della TV, fedeltà a Berlusconi, successi, polemiche e processi

Si è spento a Segrate il 2 settembre 2025 l’ex direttore del Tg1 e del Tg4. Dall’Africa come inviato speciale alla “tv del dolore” di Vermicino, dall’annuncio in diretta dell’Operazione Desert Storm allo stile personale dei suoi telegiornali. Una carriera lunghissima tra Rai e Fininvest/Mediaset, segnata anche da vicende giudiziarie (Ruby bis, tentata estorsione, bancarotta) e da memorabili scontri mediatici.

È morto Emilio Fede, aveva 94 anni: una vita da direttore tra prime volte della TV, fedeltà a Berlusconi, successi, polemiche e processi.

«Ogni mattina leggo i necrologi. Se non c’è il mio nome, vado a farmi la barba», amava scherzare Emilio Fede. Oggi il suo nome c’è. Il giornalista e conduttore televisivo, nato a Barcellona Pozzo di Gotto nel 1931, è morto a Segrate il 2 settembre 2025, a 94 anni, per cause naturali. Era assistito dalle figlie Simona e Sveva nella residenza San Felice. Tra le sue ultime apparizioni pubbliche, i funerali di Silvio Berlusconi ad Arcore (14 giugno 2023): «È stato la mia vita», disse allora.

Le origini e la formazione

Figlio di un maresciallo maggiore dei Carabinieri (per anni in Etiopia) e di una cantante lirica, Fede trascorre l’infanzia tra San Piero Patti e Roma, dove completa la maturità classica. Gli esordi sono nella carta stampata: collabora con Il Momento–Mattino di Roma e poi con La Gazzetta del Popolo di Torino, diventandone inviato speciale.

L’ingresso in Rai e gli anni da inviato (1958–1981)

Nel 1958 approda in Rai (in video con Il circolo dei castori accanto a Enza Sampò e Febo Conti) e dal 1961 il rapporto diventa esclusivo. Per otto anni è inviato in Africa: oltre 40 Paesi raccontati durante decolonizzazione e guerre civili. Tra i servizi rimasti negli annali, l’inchiesta sulla “bistecca agli estrogeni”. Con Sergio Zavoli lavora a TV7, poi diventa conduttore del Tg1 (dal 1976) e direttore pro tempore (1981–1983). Sotto la sua guida la testata segue in diretta il caso Vermicino, la tragedia del piccolo Alfredino, aprendo la stagione della “tv del dolore”.

Dopo la Rai: Rete A, Fininvest e le “prime volte” (1987–1992)

Lascia la Rai nel 1987 (vicenda di gioco d’azzardo poi conclusa con assoluzione) e fonda su Rete A il TgA, primo telegiornale nazionale privato (7 settembre 1987). Nel 1989 passa in Fininvest: dirige Videonews e Studio Aperto. Il 16 gennaio 1991 annuncia in diretta l’inizio dell’Operazione Desert Storm; pochi giorni dopo dà la notizia della cattura dei piloti italiani Bellini e Cocciolone. Impone format e stile: conduzione in piedi, no gobbo, spazio all’informazione regionale, linguaggio più diretto.

Il lungo regno al Tg4 (1992–2012)

Nel 1992 viene nominato direttore del Tg4. È l’anno di Mani Pulite: il suo tg si caratterizza per taglio personale, commenti in diretta, forte identificazione con il conduttore, e un’attenzione spiccata a cronaca nera/rosa e politica. Nascono rubriche-pop (le “meteorine”) e momenti-rivelazione: dai fuori onda immortalati da Striscia la Notizia alle sanzioni Agcom sulla par condicio. Nel 2004 conduce il tg da Nassiriya in solidarietà ai militari italiani.

Il rapporto simbiotico con Berlusconi (che Fede rivendicherà sempre) lo porta a scontri celebri: tra il 1993–94 la battaglia mediatica con Indro Montanelli; nel 2004–06 le sanzioni sulla par condicio; nel tempo le parodie di Guzzanti, Blob, Gene Gnocchi.

Nel 2010 una prima “cacciata” (rientrata), poi l’addio definitivo nel 2012: lo sostituisce Giovanni Toti. Seguono contenziosi civili e la controversa vicenda dei 2,5 milioni in Svizzera (da lui smentita).

La parabola giudiziaria

  • Ruby bis: nel 2011 viene rinviato a giudizio con Lele Mora e Nicole Minetti per induzione e favoreggiamento della prostituzione (anche minorile). In primo grado (2013) condanna a 7 anni; in appello (2014) riduzione a 4 anni e 10 mesi per favoreggiamento della prostituzione di maggiorenne (assolto dalle aggravanti su minore età e induzione). Cassazione 2015 annulla e rinvia; Appello 2018 ridetermina in 4 anni e 7 mesi; Cassazione 2019 rende definitiva la condanna. Sconta tra domiciliari e servizi sociali.
  • Tentata estorsione/“caso Mediaset”: tra 2017 e 2019 condanne complessive fino a 2 anni (con assoluzioni parziali in appello) per il fotoricatto ai vertici Mediaset.
  • Concorso in bancarotta (caso Mora): condannato in primo grado (2017) a 3 anni e mezzo; assolto in appello (2018) perché il fatto è penalmente irrilevante.
  • Evasione dai domiciliari: nel giugno 2020 viene fermato a Napoli durante la cena dell’89° compleanno; il gip rileverà poi autorizzazioni mediche e attenuanti (età, ricorrenza).

Oltre la direzione: programmi, libri, cameo

Televisione e radio: Cronaca (Rete 4, 1990), Le grandi interviste (1997, 1999), Indagine sulla canzone truccata (1998), Sipario e Sipario notte al Tg4, Password – Il mondo in casa (2009), Radio Belva (2013), fino a Punti di Vista (2022) su Cusano TV.

Cinema e cultura pop: apparizioni (spesso d’archivio) in Paparazzi (1998), Aprile (1998), Buongiorno, Notte (2003), Esterno Notte (2022). Citato in canzoni di 99 Posse, Articolo 31, Rancore, Elio e le Storie Tese, Pornoriviste.

Libri: da “Finché c’è Fede” a “Se tornassi ad Arcore. Bilancio di una vita da direttore” (2015) e “Africa. Storie di un inviato speciale” (2017).

La politica e i movimenti personali

Candidato PSDI nel 1979 e nel 1984 (non eletto), negli anni Duemila lancia i movimenti “Vogliamo Vivere” e “Le Ali della Libertà”, con alterne fortune. Nel 2014 aderisce a Uniti si vince (tessera poi revocata).

Vita privata

Nel 1965 sposa la giornalista e poi senatrice Diana De Feo (morta nel 2021). Due figlie, Sveva e Simona. Passione dichiarata per il gioco d’azzardo (spesso oggetto di satira).

Luci e ombre di un protagonista

Caparbio e personalissimo nella conduzione, osannato e criticato, sanzionato e parodiato, Fede è stato un protagonista assoluto della televisione italiana: inviato d’antan, direttore capace di “inventare” un linguaggio tv pop e divisivo, uomo di fiducia del suo editore, personaggio pubblico che ha attraversato, spesso da prim’attore, mezzo secolo di storia mediatica nazionale.

La sua eredità televisiva resta nel segno delle “prime volte” (la Desert Storm in diretta, la tv-evento), della regia dell’informazione come show, e di una linea editoriale identitaria che ha cambiato per sempre il rapporto tra notizia, commento e personaggio.

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