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Torino blindata dopo lo sgombero di Askatasuna: al via il corteo degli antagonisti.

Manifestazione ad alto rischio nel cuore del capoluogo piemontese: attivisti da tutta Italia, massiccio dispiegamento delle forze dell’ordine e scontro politico tra governo e amministrazione comunale.

Torino blindata dopo lo sgombero di Askatasuna: al via il corteo degli antagonisti.

A pochi giorni dallo sgombero dello storico centro sociale Askatasuna, Torino si è svegliata sotto massime misure di sicurezza per una manifestazione giudicata ad alto rischio per l’ordine pubblico. Il corteo, promosso dagli autonomi e dai collettivi antagonisti, si è inserito in un contesto urbano già fortemente sotto pressione, complici l’ultimo sabato di shopping natalizio e l’arrivo in città di attivisti provenienti da numerose realtà del Nord e del Centro Italia. La giornata si è annunciata sin dalle prime ore come una prova delicata per la tenuta dell’ordine pubblico nel capoluogo piemontese.

La partenza del corteo e la scelta simbolica di Palazzo Nuovo

Il concentramento dei manifestanti è avvenuto nel primo pomeriggio davanti a Palazzo Nuovo, sede storica delle facoltà umanistiche dell’Università di Torino. Una scelta tutt’altro che casuale, già sperimentata in passato, legata al forte radicamento del collettivo Askatasuna nel mondo universitario. Inizialmente annunciata da piazza Santa Giulia, la partenza è stata spostata a ridosso del centro cittadino, aumentando l’attenzione delle autorità per le possibili ricadute sul traffico, sui servizi pubblici e sulla sicurezza complessiva dell’area.

Una mobilitazione che travalica i confini cittadini

La manifestazione, pur presentata come cittadina, ha assunto rapidamente una dimensione nazionale. A Torino sono giunti attivisti da Genova, Bologna, Milano, dalla Lombardia e dal Nord-Est, oltre a messaggi di solidarietà arrivati da numerosi centri sociali italiani. Tra questi anche il Leoncavallo di Milano, sgomberato nei mesi scorsi, che ha espresso vicinanza agli autonomi torinesi definendo lo sgombero di Askatasuna come un attacco al diritto di protesta e al dissenso politico. Una rete di solidarietà che conferma come il caso torinese venga letto, dai movimenti, come parte di una più ampia strategia repressiva.

La città sotto controllo e i timori per l’ordine pubblico

Fin dalle prime ore del mattino, Torino è apparsa blindata. Reparti mobili delle forze dell’ordine, giunti da diverse regioni, hanno presidiato i punti sensibili del percorso del corteo e le zone limitrofe al quartiere Vanchiglia. Controlli rafforzati anche nelle stazioni ferroviarie, per monitorare l’afflusso di manifestanti. Diverse strade sono state chiuse o interdette al traffico, con deviazioni dei mezzi pubblici e disagi per residenti e lavoratori. Il timore di tensioni e possibili scontri ha accompagnato l’intera giornata, alimentato dal clima già acceso dei giorni precedenti.

Le parole degli autonomi e la linea della mobilitazione

Nei messaggi diffusi sui social alla vigilia del corteo, gli autonomi hanno adottato toni fortemente identitari e di sfida. “Niente sarà più come prima, il campo è stato tracciato”, hanno scritto, rivendicando la volontà di proseguire la mobilitazione oltre lo sgombero. Secondo i portavoce di Askatasuna, quanto accaduto non rappresenta una fine, ma l’inizio di una nuova fase di lotta, che guarda oltre il singolo spazio occupato e si inserisce in una battaglia più ampia contro quello che viene definito un attacco al movimento nel suo complesso, con riferimenti espliciti anche alle mobilitazioni in sostegno della Palestina.

Le dichiarazioni del governo e lo scontro politico

Sul fronte istituzionale, le reazioni non si sono fatte attendere. Il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani ha ribadito una linea di assoluta fermezza, distinguendo tra il diritto di manifestare e la violenza, definita inaccettabile sia nei comportamenti sia nei messaggi. Parole dure anche da parte del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ha rivendicato la legittimità dello sgombero spiegando come la revoca dell’accordo con il Comune sia scaturita da violazioni accertate e ribadendo l’intenzione del governo di proseguire con gli sgomberi delle occupazioni abusive su tutto il territorio nazionale.

Il sindaco Lo Russo e la difesa del dialogo

Di segno diverso la posizione del sindaco di Torino Stefano Lo Russo, che pur condannando con fermezza ogni episodio di violenza ha rivendicato la scelta dell’amministrazione di tentare un percorso di dialogo e partecipazione. Lo Russo ha richiamato i valori costituzionali e la storia antifascista della città, sottolineando come l’obiettivo del Comune resti quello di preservare la funzione sociale degli spazi urbani e di evitare una radicalizzazione dello scontro.

Scritte minacciose e nuove tensioni nel quartiere

Ad alimentare ulteriormente il clima di tensione, nelle ore precedenti al corteo sono comparse scritte minacciose nel quartiere Vanchiglia, tra cui un messaggio contro l’assessore regionale Maurizio Marrone. Episodi che hanno suscitato la ferma condanna delle istituzioni regionali e che hanno riacceso il dibattito sul confine tra protesta politica e intimidazione. Per le autorità, segnali che confermano la necessità di mantenere alta l’attenzione sul fronte della sicurezza.

Una giornata che pesa sul futuro della città

Il corteo contro lo sgombero di Askatasuna si inserisce così in una fase delicata per Torino, città abituata a convivere con un alto numero di manifestazioni, ma oggi chiamata a misurarsi con uno scontro politico e simbolico di ampia portata. Tra rivendicazioni di libertà, richiami alla legalità e una città blindata, la vicenda Askatasuna continua a rappresentare un banco di prova per l’equilibrio tra ordine pubblico, diritti e gestione del dissenso nel cuore del capoluogo piemontese.

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