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Operazione “ARGAN”, smantellato il racket delle estorsioni nel Tarantino: undici indagati e accuse di stampo mafioso.

Dalle estorsioni agli incendi intimidatori fino all’intralcio alla giustizia: due anni di indagini dei Carabinieri hanno ricostruito un sistema criminale radicato e guidato anche dal carcere.

Operazione “ARGAN”, smantellato il racket delle estorsioni nel Tarantino: undici indagati e accuse di stampo mafioso.

Alle prime ore del 18 dicembre i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Taranto hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. del Tribunale di Lecce, su richiesta della Procura Distrettuale della Repubblica di Lecce, in stretto coordinamento con la Procura della Repubblica di Taranto. Il provvedimento si inserisce in un procedimento penale di ampio respiro che vede coinvolti undici indagati, ritenuti gravemente indiziati di una serie di reati di particolare allarme sociale, tutti accomunati dall’aggravante del metodo mafioso.

Le accuse e il quadro dei reati contestati

Gli indagati sono chiamati a rispondere, a vario titolo, di estorsione e incendio pluriaggravati, intralcio alla giustizia, porto illegale di armi da fuoco e munizioni, evasione continuata ed esercizio abusivo della professione. Contestualmente alle misure cautelari, il Pubblico Ministero ha disposto perquisizioni delegate finalizzate alla ricerca di armi e di materiale utile alle indagini, a conferma della pericolosità del contesto criminale emerso e della strutturazione del gruppo.

Un’indagine lunga e complessa durata due anni

L’operazione, denominata “ARGAN”, rappresenta l’esito di un’articolata attività investigativa avviata nell’ottobre 2023 e conclusasi nel settembre 2025. Le indagini, coordinate dalle due Procure, si sono sviluppate attraverso un imponente impiego di strumenti investigativi: servizi di osservazione, intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, pedinamenti elettronici mediante dispositivi GPS e riprese video. Un lavoro meticoloso che ha consentito di ricostruire nel dettaglio le dinamiche criminali e di raccogliere un solido compendio indiziario.

Il sistema delle estorsioni e il terrore sugli imprenditori

Al centro dell’inchiesta vi è una serie di estorsioni perpetrate ai danni di numerosi imprenditori della provincia di Taranto, costretti a versare ingenti somme di denaro, spesso con cadenza periodica. Le vittime operavano in diversi settori economici, in particolare in quello ricettivo, con lidi balneari e strutture alberghiere lungo la fascia costiera, oltre a varie attività commerciali. Un sistema fondato sull’intimidazione sistematica e sulla creazione di un clima di paura diffusa.

Incendi pianificati come strumento di intimidazione

Le richieste estorsive risultavano quasi sempre precedute da atti intimidatori, come, principalmente, l’incendio delle autovetture delle vittime. Dalle indagini è emerso come tali azioni non fossero affatto improvvisate, ma accuratamente pianificate. Gli indagati effettuavano sopralluoghi preliminari presso le abitazioni e i luoghi abitualmente frequentati dagli imprenditori, studiandone le abitudini, verificando la presenza di sistemi di videosorveglianza e individuando il momento più favorevole per colpire, così da massimizzare l’effetto intimidatorio e ridurre il rischio di essere identificati.

La disponibilità di armi e l’uso della violenza

Nel corso dell’attività investigativa è stato accertato che il gruppo criminale si sarebbe procurato armi da fuoco, poi utilizzate per la commissione di alcuni dei reati contestati. In questo contesto si colloca un episodio emblematico: uno degli indagati avrebbe esploso alcuni colpi di pistola a seguito di un banale incidente stradale, al solo scopo di intimidire l’altro automobilista e dissuaderlo dal contattare le forze dell’ordine per la constatazione del sinistro. Un episodio che restituisce la cifra del livello di aggressività e spregiudicatezza del sodalizio.

Il ruolo del presunto capo e il controllo dal carcere

Figura centrale dell’impianto accusatorio è quella di un 54enne, gravato da precedenti penali di eccezionale gravità per omicidio, traffico di stupefacenti e associazione finalizzata alle estorsioni. Secondo gli inquirenti, l’uomo avrebbe continuato a dirigere e coordinare le attività illecite del gruppo anche durante la detenzione, prima in carcere e poi agli arresti domiciliari. Avvalendosi di una rete di collaboratori fidati, manteneva contatti costanti con l’esterno. In alcune conversazioni intercettate, le vittime manifestavano un evidente stato di assoggettamento psicologico, arrivando a definirlo «un uomo d’onore».

Le pressioni sulle vittime e l’intralcio alla giustizia

L’indagine ha consentito di cristallizzare diverse condotte finalizzate all’intralcio della giustizia. Tali comportamenti sarebbero stati posti in essere nell’ambito di procedimenti penali già pendenti a carico del 54enne, arrestato nel novembre 2023 per un’estorsione nei confronti di un imprenditore costretto a licenziare un dipendente sotto minaccia. Prima dell’inizio del processo, la vittima sarebbe stata avvicinata e intimidita per impedirle di costituirsi parte civile. Le pressioni avrebbero coinvolto anche due testimoni, uno dei quali, visibilmente terrorizzato, avrebbe chiesto all’indagato istruzioni precise su cosa dichiarare in aula, accettando una totale sottomissione.

L’esercizio abusivo della professione forense

Tra i reati contestati figura anche l’esercizio abusivo della professione di avvocato, attribuito a una 35enne di Pulsano. La donna, pur priva di abilitazione, si sarebbe qualificata come legale del Foro di Taranto e avrebbe assunto il ruolo di difensore di fiducia di uno degli indagati. Secondo quanto ricostruito, avrebbe anche avuto accesso all’Istituto Penitenziario di Lecce, dove il 54enne era ristretto, fungendo da tramite per la trasmissione di comunicazioni e disposizioni all’esterno attraverso “pizzini”, eludendo i controlli.

La continuità dell’attività criminale e il ruolo dei sodali

Le indagini hanno evidenziato come l’attività del gruppo non abbia mai subito reali interruzioni, nonostante la detenzione del presunto capo. Un ruolo chiave sarebbe stato svolto dalla compagna dell’uomo, incaricata di organizzare incontri con le vittime in luoghi pubblici e apparentemente insospettabili, utilizzando un linguaggio criptico. Nei dialoghi intercettati, le vittime che decidevano di pagare venivano definite “persone educate”, a testimonianza di una visione distorta e profondamente radicata del controllo sul territorio.

Omertà, paura e silenzi forzati

Lo stato di assoggettamento e la diffusa omertà emergono con forza da diversi episodi. Un imprenditore, dopo l’incendio della propria auto, avrebbe riferito ai Vigili del Fuoco di un inesistente guasto meccanico. Un altro, operante nel settore edile, pur senza mai collaborare ufficialmente con gli inquirenti, confidava a un conoscente tutta la propria disperazione, affermando: «questi mi stanno togliendo la vita». Frasi che restituiscono il peso psicologico subito dalle vittime.

La simulazione dell’invalidità e le violazioni delle misure

È stato inoltre accertato che il 54enne avrebbe simulato uno stato di invalidità durante la detenzione, vantandosi con la compagna delle proprie capacità attoriali per ottenere benefici penitenziari. Espressioni intercettate come «io l’Oscar devo vincere» o «dentro l’ambulanza stavo come uno storpio» avrebbero confermato tale strategia. Nonostante le restrizioni, l’uomo avrebbe inoltre ricevuto presso la propria abitazione numerose persone non autorizzate, tra complici e vittime delle estorsioni.

Un imponente dispiegamento di forze sul territorio

L’operazione “ARGAN” è stata portata a termine grazie al contributo di numerosi reparti dell’Arma dei Carabinieri: le Compagnie di Taranto, Martina Franca, Manduria e Castellaneta, il 6° Nucleo Elicotteri di Bari, lo Squadrone Eliportato Cacciatori “Puglia”, le Aliquote di Primo Intervento della Compagnia di Brindisi e tre unità cinofile del Nucleo di Modugno, specializzate nella ricerca di armi e sostanze stupefacenti. Un’azione corale che ha inferto un duro colpo a un sistema criminale radicato e pervasivo.

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