Inclusione, diritti e futuro: il significato della Giornata internazionale delle persone con disabilità 2025.
Ogni 3 dicembre il mondo si interroga su diritti, dignità e partecipazione delle persone con disabilità. Numeri, sfide e impegni concreti per costruire comunità più giuste, accessibili e inclusive.
Inclusione, diritti e futuro: il significato della Giornata internazionale delle persone con disabilità 2025.
Il 3 dicembre non è una semplice data sul calendario, ma un richiamo potente alla responsabilità collettiva. La Giornata internazionale delle persone con disabilità, istituita dall’ONU nel 1992 e giunta alla sua 33ª edizione, nasce proprio con l’obiettivo di promuovere diritti, dignità e benessere delle persone con disabilità in tutti gli ambiti della vita, e sensibilizzare l’opinione pubblica sulle barriere, visibili e invisibili, che ancora oggi ne limitano la piena partecipazione.
Non è un “tema di nicchia”, ma una questione di diritti umani, giustizia sociale e democrazia che deve essere promossa da istituzioni, aziende e cittadini.
Origini, significato e quadro internazionale
La Giornata nasce come strumento di sensibilizzazione globale contro ogni forma di discriminazione basata sulla disabilità e per favorire condizioni di vita che permettano a ogni persona di partecipare pienamente alla vita della comunità. Il riferimento normativo principale è la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, adottata nel 2006 e ratificata dall’Italia nel 2009 con la Legge 18. La Convenzione afferma con chiarezza che i diritti non sono concessioni, ma garanzie fondamentali e gli Stati hanno l’obbligo di adottare misure concrete in ambito educativo, lavorativo, sanitario, sociale e culturale.
In questo quadro si inserisce anche l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, che lega l’inclusione delle persone con disabilità al raggiungimento di una società equa, resiliente e sostenibile. Senza pari opportunità per chi vive una disabilità, nessuno degli obiettivi globali può dirsi realmente compiuto.
Il tema 2025: società inclusive per il progresso sociale
Per il 2025 le Nazioni Unite hanno scelto il tema “Promuovere società inclusive per le persone con disabilità per favorire il progresso sociale” (“Fostering disability inclusive societies for advancing social progress”). L’idea di fondo è semplice, ma rivoluzionaria: una società che lascia indietro una parte dei suoi cittadini non può definirsi né giusta né moderna.
Il tema trae spunto dai lavori della Seconda Conferenza Mondiale sullo Sviluppo Sociale, svoltasi a Doha, che ha messo nero su bianco gli “ostacoli persistenti” con cui le persone con disabilità si confrontano ogni giorno:
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maggiori rischi di povertà;
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accesso limitato a un lavoro dignitoso e salari più bassi;
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insufficiente protezione sociale;
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barriere all’autonomia, alla dignità e alla capacità decisionale;
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accesso diseguale alle tecnologie assistive e agli ambienti fisici e digitali.
Una società realmente inclusiva non considera la disabilità come un problema da gestire, ma come una componente della diversità umana, e mette ogni persona nelle condizioni di esprimere il proprio potenziale.
I numeri della disabilità nel mondo e in Italia
A livello globale, le stime dell’OMS parlano di circa 1,3 miliardi di persone con una disabilità significativa: 1 persona su 6. Si tratta quindi di una realtà strutturale, non di una minoranza marginale.
In Italia, le stime più recenti indicano circa 7,6 milioni di cittadini con disabilità, molti dei quali sperimentano ancora difficoltà nell’accesso all’istruzione, al lavoro, ai servizi sanitari e sociali, alla mobilità e alla vita culturale. Secondo l’Istat, oltre 3 milioni di persone vivono con grandi limitazioni che impediscono lo svolgimento delle normali attività quotidiane.
Disabilità e mondo del lavoro: un diritto ancora incompiuto
Il lavoro resta uno dei terreni più critici. In Italia, gli ultimi dati disponibili mostrano che è occupato solo il 33,5% delle persone tra i 15 e i 64 anni con gravi disabilità e spesso il ruolo ricoperto non è coerente con le competenze e le qualifiche acquisite.
La disoccupazione delle persone con disabilità non è soltanto un problema economico: è una questione di dignità, autonomia e possibilità di progettare il proprio futuro. Restare ai margini del mercato del lavoro significa spesso restare ai margini della vita sociale.
Infanzia, adolescenza e disabilità: il ruolo chiave dell’istruzione
Se per gli adulti la disabilità può rappresentare un ostacolo all’occupazione e all’autonomia, per bambini e adolescenti una mancanza di supporto adeguato rischia di compromettere fin dall’inizio il percorso di crescita, inclusione e partecipazione.
L’UNICEF ricorda che un bambino su dieci nel mondo, circa 240 milioni, ha una disabilità. Proprio per questo, l’organizzazione ha individuato la tutela dei minorenni con disabilità come una priorità strategica, richiamando le istituzioni, la società civile e l’opinione pubblica a una maggiore attenzione alle loro esigenze e ai loro diritti.
In Italia, nell’anno scolastico 2023/2024 sono quasi 359.000 gli alunni con disabilità nelle scuole di ogni ordine e grado, pari al 4,5% degli iscritti, con un aumento di circa 21.000 unità rispetto all’anno precedente. La quota è più alta nella scuola primaria e secondaria di primo grado (5,5%), mentre è leggermente più bassa nella scuola dell’infanzia e nella secondaria di secondo grado.
Nonostante qualche avanzamento, permangono criticità significative:
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il numero di insegnanti di sostegno non è ancora adeguato, e la loro formazione specialistica risulta spesso migliorabile;
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gli assistenti all’autonomia e alla comunicazione non sono garantiti in modo uniforme sul territorio nazionale;
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la discontinuità didattica è elevata: oltre il 57% degli studenti con disabilità cambia insegnante di sostegno da un anno all’altro.
Questo quadro evidenzia come l’inclusione scolastica non possa ridursi a una presenza formale in classe: servono risorse stabili, competenze specifiche e un’organizzazione capace di mettere davvero il bambino al centro.
Sport, accessibilità e inclusione: tra sogni e barriere
Lo sport è un potente strumento di socializzazione, benessere e costruzione dell’autostima. Eppure, per migliaia di persone con disabilità, in Italia resta ancora un sogno difficile da realizzare.
Secondo il Rapporto Osservatorio Valore Sport 2025, nel nostro Paese esistono circa 77.000 impianti sportivi, molti dei quali obsoleti: il 44% risale agli anni ’70-’80 ed è caratterizzato da gravi barriere architettoniche. Oltre il 20% delle strutture risulta ancora inaccessibile, e i sostegni economici e organizzativi sono spesso insufficienti.
Questo avviene nonostante una domanda crescente: nel 2024 oltre 21,5 milioni di persone dichiarano di praticare sport. Dietro al dato complessivo, però, si cela una partecipazione non equa, con ostacoli molto più alti per chi ha una disabilità.
Non mancano, tuttavia, segnali positivi. La ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli ha più volte ribadito che “tutti dobbiamo avere le stesse opportunità”, sottolineando il valore dello sport come strumento di inclusione. Allo stesso modo, le testimonianze di atleti paralimpici – come quella di DongDong Camanni – mostrano come lo sport possa diventare una straordinaria palestra di speranza, resilienza e protagonismo.
Anche Special Olympics Italia, per il 2025, ha promosso un flash mob nazionale volto a sensibilizzare scuole e comunità locali sul tema della partecipazione sportiva delle persone con disabilità intellettive, con l’obiettivo di trasformare palestre, cortili e piazze in spazi davvero aperti a tutti.
Le parole delle istituzioni: Mattarella, UNICEF, WFD
In occasione della Giornata, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricordato come la discriminazione non sia qualcosa di astratto, ma un’esperienza quotidiana: “accade nella vita di ogni giorno, nelle strade dei nostri paesi e delle nostre città, nelle famiglie, nella scuola, nei servizi pubblici, nei luoghi di lavoro”.
Pregiudizi e stereotipi, ha sottolineato, ostacolano la piena partecipazione alla vita della comunità e la valorizzazione dei talenti delle persone con disabilità. Le famiglie affrontano sfide enormi, aggravate da ritardi, dinieghi e complicazioni burocratiche “irragionevoli”, fino ad arrivare, talvolta, ad abusi, maltrattamenti e discriminazioni. Tutto questo rappresenta una “ferita per l’intera collettività”, alla quale occorre rispondere con politiche incisive e scelte concrete.
L’UNICEF Italia, attraverso le parole del presidente Nicola Graziano, richiama invece l’attenzione sui Livelli essenziali delle prestazioni (LEP), chiedendo che vi sia un’attenzione permanente ai diritti delle persone con disabilità – in particolare minorenni – nelle norme e nelle politiche pubbliche. L’obiettivo è promuovere il pieno coinvolgimento di bambini e adolescenti con disabilità, in linea con le Convenzioni ONU sui diritti dell’infanzia e sui diritti delle persone con disabilità.
Anche la World Federation of the Deaf (WFD) aderisce alla Giornata 2025, ribadendo il proprio impegno per i diritti linguistici e umani delle persone sorde nel mondo. Il messaggio è chiaro: costruire un mondo in cui i sordi possano “firmare ovunque”, cioè usare la lingua dei segni liberamente, senza ostacoli, in ogni contesto di vita.
Riforme, sperimentazioni e prospettive in Italia
Accanto alle riflessioni, si intravedono alcuni passi concreti. A partire da gennaio del prossimo anno partirà, in nove province italiane, una sperimentazione annuale della riforma che prevede la semplificazione degli accertamenti per il riconoscimento della disabilità civile e di quella ai fini lavorativi. L’obiettivo è alleggerire un iter spesso lungo e complesso, che aggiunge burocrazia al già faticoso percorso di chi chiede il riconoscimento dei propri diritti.
In parallelo, il lavoro congiunto tra Ministero della Disabilità, Autorità di Garanzia per le persone con disabilità, associazioni e terzo settore punta a definire politiche più efficaci su scuola, lavoro, accessibilità urbana, assistenza alla vita indipendente e partecipazione sociale.
Le iniziative del 3 dicembre – convegni, eventi pubblici, campagne di comunicazione, attività nelle scuole e negli enti locali – non sono un punto di arrivo, ma momenti di visibilità che dovrebbero tradursi in azioni durature durante tutto l’anno.
Una sfida culturale prima che normativa
Nonostante i progressi normativi, la sfida principale resta profondamente culturale. Le barriere architettoniche si possono abbattere con progetti e investimenti; quelle culturali – pregiudizi, paternalismo, invisibilità – richiedono un cambiamento più lento e profondo nel modo in cui guardiamo la disabilità.
In molti contesti, le persone con disabilità vengono ancora considerate come “oggetti di cura” piuttosto che come soggetti di diritti, protagonisti della propria vita, portatori di competenze, punti di vista e talenti che arricchiscono l’intera comunità. Le disabilità invisibili, come quelle psichiche, cognitive o sensoriali non immediatamente percepibili, sono spesso meno riconosciute e supportate.
Costruire società inclusive significa:
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garantire diagnosi e presa in carico tempestive;
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assicurare una scuola davvero accessibile e di qualità;
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rendere effettivo il diritto al lavoro;
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eliminare barriere fisiche, burocratiche, comunicative;
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promuovere una narrazione che non riduca la persona alla sua disabilità.
Conclusione: dall’eccezione alla normalità dell’inclusione
La Giornata mondiale delle persone con disabilità ci ricorda che l’inclusione non è un atto straordinario di generosità, ma un dovere quotidiano che riguarda istituzioni, aziende, scuole e cittadini.
Rendere accessibili gli spazi, favorire l’autonomia, garantire pari opportunità e ascoltare la voce delle persone con disabilità significa costruire una società più giusta per tutti, non solo per chi oggi si trova in una condizione di svantaggio.
Il 3 dicembre non è una parentesi di solidarietà, ma un invito a trasformare l’inclusione in normalità: un mondo in cui nessuno venga escluso o limitato a causa della propria condizione, e in cui la diversità non sia motivo di distanza, ma occasione di crescita e progresso sociale condiviso.
Hai detto
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