Tragedia a Rebibbia: detenuta morta per overdose, indagini in corso e carcere nel mirino.
Il decesso di una 59enne nella sezione femminile dell’istituto romano riaccende l’allarme sulle condizioni delle carceri italiane tra droga, sovraffollamento e carenze strutturali. Rinviati i “Giochi della Speranza”, mentre sindacati e istituzioni chiedono interventi urgenti.
Tragedia a Rebibbia: detenuta morta per overdose, indagini in corso e carcere nel mirino.
La notte appena trascorsa ha riportato all’attenzione nazionale le criticità del sistema penitenziario italiano. Una donna di 59 anni, detenuta nella sezione femminile del carcere romano di Rebibbia, è stata trovata priva di vita nella sua cella. Le circostanze del decesso restano da chiarire, ma le prime informazioni raccolte dagli investigatori indicano l’ipotesi dell’overdose come pista privilegiata. Nella stessa cella si trovavano altre tre detenute: una di loro è stata ricoverata in ospedale dopo aver accusato un malore, mentre per le altre due non si registrano conseguenze immediate. Saranno comunque sottoposte ad accertamenti tossicologici, così come la salma della donna deceduta, per comprendere la natura delle sostanze assunte e ricostruire la dinamica della tragedia.
Le indagini e il nodo della droga in carcere
La Polizia penitenziaria ha avviato accertamenti a tutto campo per ricostruire come sostanze stupefacenti possano essere entrate all’interno dell’istituto. Il tema è tutt’altro che nuovo: secondo il sindacato di categoria, la diffusione della droga nelle carceri ha assunto forme sempre più sofisticate, con l’utilizzo di farmaci tritati, cerotti alla morfina, francobolli impregnati di sostanze e nuove pasticche ad altissimo rischio, come il “Blue Punisher”. Il segretario del Sindacato Polizia Penitenziaria, Aldo Di Giacomo, parla apertamente di un fenomeno in espansione che negli ultimi mesi ha provocato decessi e ricoveri gravi in diversi istituti italiani. I numeri dei sequestri, pari a 65 chilogrammi di stupefacenti nell’ultimo anno, delineano un mercato interno in continua evoluzione, difficile da contrastare per un personale penitenziario sotto organico e impreparato a fronteggiare tecniche di introduzione sempre più ingegnose.
Un lutto che impone una pausa: rinviati i “Giochi della Speranza”
La morte della detenuta ha imposto lo stop alle iniziative previste per la giornata di oggi tra cui i “Giochi della Speranza”, evento promosso dalla Fondazione Giovanni Paolo II per lo sport, dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e dalla rete “Sport e Legalità”. La manifestazione, pensata come un momento di normalità e socializzazione per le detenute, è stata rinviata in segno di rispetto. Daniele Pasquini, presidente della Fondazione, ha sottolineato la necessità di prendersi un momento di raccoglimento e riflessione, ricordando che iniziative come questa rappresentano un tassello importante nel percorso rieducativo previsto dall’ordinamento penitenziario. Davanti al carcere si è osservato un minuto di silenzio, al quale hanno partecipato operatori, volontari e la deputata Michela Di Biase, presente come previsto nel programma della giornata.
Il precedente richiamo del presidente Mattarella: dignità, rieducazione e prospettive
Appena pochi giorni fa, durante una visita a sorpresa proprio alla sezione femminile di Rebibbia, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva richiamato l’attenzione sulla necessità di garantire condizioni dignitose e opportunità concrete di reinserimento sociale nei luoghi di detenzione. Il Capo dello Stato aveva ricordato come la riforma dell’ordinamento penitenziario, a cinquant’anni dalla sua approvazione, abbia rappresentato una svolta fondata sul rifiuto di trattamenti contrari al senso di umanità e sulla centralità della funzione rieducativa della pena. Aveva, però, evidenziato che molti istituti italiani versano ancora in condizioni del tutto inaccettabili, incapaci di garantire attività di crescita personale e percorsi di socializzazione. Un monito che oggi risuona con maggiore forza.
Allarme dal mondo sindacale: “il carcere svuota ogni speranza”
La morte della donna riaccende il dibattito sulle condizioni del sistema penitenziario. Gennarino De Fazio, segretario generale della UILPA Polizia Penitenziaria, parla di un apparato ormai al collasso, travolto da sovraffollamento, violenze e carenze strutturali. Le cifre diffuse dal sindacato raccontano una crisi profonda: 74 suicidi tra i detenuti dall’inizio dell’anno, quattro tra gli operatori, 68 decessi per altre cause e un numero di aggressioni contro la Polizia penitenziaria che nel 2025 potrebbe superare le quattromila. Il quadro è aggravato da una popolazione carceraria di oltre 63mila persone per poco più di 46mila posti regolamentari e da una carenza di circa 20mila agenti. Per De Fazio, il carcere rischia di trasformarsi in un sistema criminogeno, che esaspera tensioni e restituisce alla società individui più fragili e disillusi, lontano dagli obiettivi costituzionali di recupero e reintegrazione.
Un sistema in affanno e la necessità di una riforma strutturale
Il caso di Rebibbia, con la sua drammaticità, diventa il simbolo di un’emergenza più ampia. Le falle nella sicurezza, la presenza di droga, il sovraffollamento e la carenza di personale compongono un quadro che richiede interventi urgenti e coordinati. Le richieste provenienti dagli operatori del settore convergono su alcuni punti chiave: potenziamento degli organici, ammodernamento delle strutture, rafforzamento dell’assistenza sanitaria e psicologica, riduzione del numero di detenuti attraverso misure alternative e riforma complessiva dell’esecuzione penale. Senza un intervento sistemico, avvertono i sindacati, le carceri continueranno a essere terreno fertile per violenze, degrado e traffici illeciti, con ricadute non solo sulla popolazione detenuta, ma anche su chi quotidianamente vi lavora.
Un lutto che interroga la società
La morte della 59enne non è solo un fatto di cronaca, ma un episodio che riporta al centro del dibattito pubblico la condizione delle carceri italiane e la distanza tra i principi costituzionali e la realtà. La giornata di lutto osservata a Rebibbia diventa occasione per interrogarsi sulla capacità del sistema penitenziario di garantire tutela, dignità e percorsi di recupero. Oggi più che mai, l’emergenza chiama alla responsabilità politica e istituzionale. E il carcere, luogo spesso dimenticato, torna a chiedere ascolto.
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