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Operazione antimafia tra Brindisi, Lecce e Chieti: colpiti i vertici delle frange mesagnesi e torresi della Sacra Corona Unita.

Quattordici arresti su disposizione della DDA di Lecce e sequestro di beni per 600mila euro: smantellata la struttura operativa del clan, attivo tra estorsioni, droga, usura e riciclaggio.

Operazione antimafia tra Brindisi, Lecce e Chieti: colpiti i vertici delle frange mesagnesi e torresi della Sacra Corona Unita.

Un’operazione antimafia di ampio respiro ha inferto un colpo decisivo alle articolazioni mesagnesi e torresi della Sacra Corona Unita, storica organizzazione criminale pugliese. I Carabinieri del Comando Provinciale di Brindisi, con il supporto dei reparti speciali dell’Arma nella fase esecutiva, hanno dato esecuzione a tredici ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal Gip del Tribunale di Lecce su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. I provvedimenti riguardano complessivamente 14 persone, accusate a vario titolo di associazione di tipo mafioso e di una lunga serie di reati connessi, che delineano un quadro criminale strutturato, violento e profondamente radicato nel territorio.

Le misure cautelari e il sequestro dei beni

L’operazione si è sviluppata tra le province di Brindisi, Lecce e Chieti, a conferma dell’estensione geografica delle attività illecite del gruppo. Oltre agli arresti, i militari hanno eseguito il sequestro preventivo di un immobile e dell’attività commerciale al suo interno, per un valore complessivo stimato in circa 600mila euro. Secondo gli inquirenti, quel luogo rappresentava la vera e propria base operativa e logistica dell’organizzazione, utilizzata stabilmente per riunioni, incontri tra affiliati e per la gestione delle principali attività criminali.

Le accuse e il perimetro dell’inchiesta

Gli indagati rispondono, a vario titolo, di concorso esterno in associazione mafiosa, truffa ai danni dello Stato, usura, estorsioni, lesioni personali, detenzione e porto illegale di armi da fuoco, associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Un catalogo di reati che restituisce l’immagine di un sodalizio criminale capace di agire su più fronti, alternando affari, intimidazione e violenza per mantenere il controllo del territorio e delle economie illegali.

Le indagini della Direzione Distrettuale Antimafia

L’attività investigativa, diretta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce e condotta dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Brindisi, si è sviluppata tra giugno 2020 e giugno 2022. Le indagini sono partite dal ritorno in libertà del promotore e organizzatore dell’associazione, figura di spicco del clan “Pasimeni–Vitale–Vicientino”, già noto alle forze dell’ordine. Proprio la sua scarcerazione avrebbe segnato una rapida riorganizzazione delle attività criminali, consentendo al clan di riaffermare la propria presenza e operatività.

Collegamenti investigativi e sodalizi criminali

Nel corso dell’inchiesta è emerso anche il coinvolgimento di un soggetto operante nel territorio brindisino, già individuato in una precedente attività investigativa diretta dalla Procura della Repubblica di Brindisi e svolta dalla Squadra Mobile della Questura. Il collegamento tra i diversi filoni ha consentito di ricostruire un quadro unitario e di estendere l’ordinanza cautelare anche a questo indagato, ritenuto pienamente inserito nel contesto mafioso e nei reati collegati.

La catena di comando e il ruolo del carcere

Uno degli aspetti più rilevanti dell’indagine riguarda la ricostruzione della catena di comando dell’organizzazione. Gli investigatori hanno documentato come il capo continuasse a impartire direttive anche dal carcere, avvalendosi del nipote come tramite e di un luogotenente operativo sul territorio. Un sistema rodato, che ha permesso al vertice di mantenere il controllo sulle decisioni strategiche e sulle attività illecite, nonostante la detenzione.

Il controllo del territorio e il sistema estorsivo

L’organizzazione esercitava una feroce egemonia criminale sull’area di riferimento, fondata su intimidazione e violenza. Centrale era il sistema di estorsione finalizzato al sostegno dei detenuti: il promotore riscuoteva il cosiddetto pagamento del “punto” o del “pensiero” dagli spacciatori attivi nella zona. I proventi venivano utilizzati per garantire il mantenimento in carcere del capo e degli affiliati e per assicurare un sostegno economico alle loro famiglie, rafforzando così il vincolo associativo e il consenso interno.

Rapporti tra clan e traffico di stupefacenti

Il vertice del gruppo curava inoltre i rapporti con i capi delle altre frange mesagnesi e con esponenti della Sacra Corona Unita attivi in territori diversi. Venivano concordate le rispettive sfere di competenza, definite strategie comuni. In questo contesto, l’organizzazione dirigeva e coordinava anche il traffico di stupefacenti, uno dei principali canali di finanziamento del sodalizio.

Violenza, intimidazioni e usura

Parallelamente alle attività di spaccio, il gruppo faceva largo ricorso alla violenza. Pestaggi e aggressioni venivano utilizzati sia per tutelare gli affiliati sia per recuperare crediti insoluti dai pusher. A ciò si aggiungevano estorsioni armate sistematiche ai danni di imprenditori e commercianti locali, costretti a sottostare alle richieste del clan. Particolarmente allarmante anche il ricorso all’usura, con la concessione di prestiti a tassi esorbitanti, e il riciclaggio di denaro attraverso una rete illegale di giochi e scommesse online su canali non autorizzati.

Arresti in flagranza e sequestri di droga

Nel corso delle indagini, l’azione costante e immediata dei Carabinieri ha portato anche all’arresto in flagranza di reato di altre 13 persone. Contestualmente sono stati sequestrati complessivamente oltre due chilogrammi di sostanze stupefacenti, tra cocaina, marijuana e hashish. Un risultato che testimonia la pressione continua esercitata dall’Arma dei Carabinieri sul fenomeno criminale e sulla rete dello spaccio.

Un bilancio complessivo di ampia portata

Nel complesso, il procedimento penale coinvolge 34 soggetti indagati e rappresenta uno dei più significativi interventi recenti contro la criminalità organizzata nel Salento e nel Brindisino. L’operazione conferma l’attenzione costante della Direzione Distrettuale Antimafia e delle forze dell’ordine nel contrasto alle strutture mafiose storiche, colpendo non solo gli uomini, ma anche i beni e le basi operative che consentono ai clan di sopravvivere e rigenerarsi.

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