Torino, servono personale e fondi adeguati per garantire il supporto psicologico nel carcere “Lorusso e Cutugno”
L'Amministrazione comunale si fa portavoce presso Governo, Ministero della Giustizia e Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria
Torino, servono personale e fondi adeguati per garantire il supporto psicologico nel carcere “Lorusso e Cutugno”.
Il sovraffollamento del carcere “Lorusso e Cutugno“, al pari di quello che avviene in altri penitenziari, sembra ormai divenuto strutturale e il disagio di chi vi è detenuto e di coloro che ci lavorano rischia di mettere in discussione la funzione rieducativa della pena e la dignità delle persone.
A fronte di questa situazione, appare ancor più necessaria la presenza nella struttura carceraria di adeguati servizi di supporto psicologico, con specialisti professionisti esperti in psicologia, servizio sociale, pedagogia, psichiatria e criminologia clinica, nonché di mediatori culturali e interpretati. Personale qualificato e che deve essere adeguatamente retribuito.
Ad oggi, gli specialisti e le specialiste disponibili presso l’istituto di pena di via Adelaide Aglietta appaiono insufficienti come numero e copertura oraria, oltre che retribuiti in misura non congrua.
Sulla base di queste considerazioni, il Consiglio comunale ha oggi approvato un ordine del giorno (prima firmataria, Amalia Santiangeli) che impegna l’Amministrazione comunale a farsi portavoce presso Governo, Ministero della Giustizia e Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria affinché vengano stanziati maggiori fondi per la figura dello psicologo all’interno degli istituti penitenziari italiani. Questo anche attraverso un ripensamento delle modalità di reclutamento del servizio psicologico penitenziario, così da assicurare risorse umane e materiali adeguate alle necessità.
Le strutture detentive, sottolinea il documento, devono essere messe in grado di rappresentare spazi concretamente rieducativi. Per questo occorre intervenire in primo luogo sul disagio psicologico, che spesso condiziona la storia di ciascun detenuto. E bisogna agire nella consapevolezza che cura e prevenzione devono tornare ad essere strumenti con i quali si fa sicurezza, conclude l’ordine del giorno.
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