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Risulta ancora difficile trovare un accordo sul tema migranti. Si discute al Consiglio di Lussemburgo

Piantedosi: la redistribuzione degli altri Paesi europei è stata meno di "1500 persone"

Risulta ancora difficile trovare un accordo sul tema migranti. Si discute al Consiglio di Lussemburgo

Il Consiglio Affari Interni ha spostato la decisione sul testo di compromesso avanzato dalla presidenza a fine giornata, decidendo quindi di procedere all’esame degli altri punti in agenda.

Lo dicono all’ANSA fonti qualificate.

I rappresentati permanenti dei 27 stanno procedendo coi negoziati a margine del Consiglio per capire se si può trovare l’accordo.

A fronte di un “drammatico aumento dei flussi nel Mediterraneo centrale” la redistribuzione dei migranti tra gli altri Paesi europei è stata di meno “di 1500 persone”, che è ben al di sotto dei pur limitati impegni assunti ed è un sintomo di “fallimento” del principio di solidarietà. La denuncia arriva dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, nel suo intervento al consiglio affari Interni in Lussemburgo.

In Italia “è ancora viva la memoria della tragedia di Cutro” e Lampedusa si è trasformata in “un centro di gestione dei migranti” con pesanti implicazioni locali. Occorre quindi “una forte azione estera dell’Unione” per affrontare il problema migratorio.
Sull’accordo sul tavolo del summit, ha aggiunto: “Non voglio esprimere una posizione nettamente contraria ma dobbiamo immaginare su alcuni punti la possibilità di ulteriori negoziati”. L’Italia, ha aggiunto, vuole assumere una posizione di “responsabilità” nei confronti del possibile accordo sulla migrazione, ha assicurato, che deve però essere dimostrata anche verso “i cittadini italiani ed europei” per una riforma che sarebbe altrimenti “destinata a fallire nella realtà”.

Tra i punti elencati dal ministro c’è quello di “negoziare ancora” sulla capacità adeguata “ragionevole”, per arrivare a una quota di “20 mila posti” con un moltiplicatore di “un massimo di due”, l’introduzione del “tetto annuale” e “la mera notifica della Commissione” sulla sospensione delle procedure di frontiera obbligatorie, la “flessibilità sul principio di Paese terzo sicuro” evitando la connessione.

La responsabilità nei casi SAR – per quello che andrebbe a sostituire l’attuale meccanismo di Dublino – dovrebbe “limitarsi a 12 mesi”. Piantedosi ha poi espresso “forti dubbi” sull’attuazione delle compensazioni finanziarie per i mancati ricollocamenti visto che sinora la solidarietà volontaria “non ha funzionato”. Sarebbe poi essenziale “prevedere una clausola di revisione dopo un anno”.

“La Francia paga un alto prezzo in movimenti secondari, ma faremo la nostra parte non solo nel finanziamento ma anche nei ricollocamenti. Ma i ricollocamenti devono esserci e al momento non c’è abbastanza solidarietà verso gli Stati del sud. Il compromesso che si è trovato non è perfetto ma può funzionare”. Lo ha detto Gérald Darmanin, ministro dell’Interno della Francia, al giro di tavolo della riunione.

Ma la ministra dell’Interna tedesca, Nancy Faeser, ha insistito che “dobbiamo raggiungere l’accordo oggi. Ci siamo riusciti quando Putin ha attaccato l’Ucraina, non era facile quando i Paesi dell’est erano inondati di rifugiati. Ma per favore non mettiamo nuove richieste al tavolo, per piacere troviamo un compromesso: chiedo a tutti di unire le forze perché se non abbiamo successo l’area Schengen sarà a rischio”.

All’ arrivo al summit diversi ministri si sono detti ottimisti sulla possibilità di arrivare ad un accordo. “Sono sicuro che oggi troveremo un accordo, è arrivato il momento dopo anni di discussione e se non lo troveremo avremo perso tutti”, ha detto lo spagnolo Fernando Grande-Marlaska Gómez. “L’obiettivo per noi era trovare un buon bilanciamento tra solidarietà e responsabilità e siamo molto vicini a questo equilibrio”.

“Sono passati quasi tre anni dalla presentazione della mia proposta – è stato il commento della commissaria agli Affari Interni Ylva Johansson– è stata una maratona, ora abbiamo 100 metri ancora da percorrere, siamo vicini a trovare un accordo: mi aspetto che gli Stati membri riescono a completare questi pochi metri”.

“È importante sottolineare che l’accordo non è una partita tra perdenti e vincenti, un gioco a somma zero: quando agiamo insieme siamo molto forti, se invece non siamo uniti siamo tutti perdenti perché nessuno può gestire la migrazione da solo”.

Darmanin ha parlato della necessità di “trovare un compromesso per poter rispondere alle nostre opinioni pubbliche sui problemi della migrazione, che sono importanti: la Francia ha la sua posizione ma bisogna tenere il punto di vista degli altri Paesi, serve ancora un pochino di lavoro. L’accordo può mostrare ai cittadini europei in vista delle elezioni europee che quando l’Ue è unita ottiene dei risultati”.

Ottimista anche Maria Malmer Stenergard, ministro della Migrazione della Svezia: “Siamo molto vicini all’accordo, ora non ci sono più ragioni valide per fare passi indietro”. “Capisco che ci siano discussioni nazionali molto dure, ma è un pacchetto equilibrato e la cosa giusta da fare è approvarlo”, ha sottolineato.

Per poter raggiungere un accordo sulla migrazione oggi al Consiglio Affari Interni, sottolineano fonti diplomatiche, sarà cruciale per alcuni Paesi, come l’Italia, portare a casa il principio di “connessione”.

Ovvero la possibilità di trasferire i migranti ai quali è stata rifiutata la protezione internazionale in un Paese diverso dal proprio Paese d’origine, purché sia giudicato abbastanza sicuro e esista una “connessione” sufficiente per poter procedere con il trasferimento (ad esempio una permanenza di un certo periodo di tempo prima di essere arrivati in Europa).

Risulta ancora difficile trovare un accordo sul tema migranti. Si discute al Consiglio di Lussemburgo

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