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Referendum 8-9 giugno, flop affluenza: solo il 22,7% al voto, quorum lontano.

Urne aperte fino alle 15 per i cinque quesiti su lavoro e cittadinanza. Meloni al seggio ma non ritira le schede, Mattarella vota a Palermo. Calo anche nei ballottaggi comunali: al Sud affluenza al minimo storico.

Referendum 8-9 giugno, flop affluenza: solo il 22,7% al voto, quorum lontano.

Urne aperte fino alle 15 per i cinque quesiti su lavoro e cittadinanza. Meloni al seggio ma non ritira le schede, Mattarella vota a Palermo. Calo anche nei ballottaggi comunali: al Sud affluenza al minimo storico.

Urne riaperte questa mattina in tutta Italia fino alle 15 per la seconda e ultima giornata di voto sui cinque referendum abrogativi promossi da Cgil e altre forze del cosiddetto “campo largo”, incentrati su temi di lavoro e cittadinanza. Ma il risultato appare ormai segnato: alla chiusura dei seggi ieri sera alle 23, l’affluenza si è fermata al 22,73%, ben al di sotto del quorum del 50% più uno necessario per la validità della consultazione.

Affluenza in caduta libera: il quorum è un miraggio

I dati ufficiali del Ministero dell’Interno descrivono un’Italia spaccata a metà, con una partecipazione più marcata nelle regioni del Centro-Nord — in particolare Toscana (29,99%), Emilia-Romagna (28,85%) e Piemonte (27,13%) — e una sostanziale diserzione alle urne nel Mezzogiorno e nelle isole. La Calabria (16,23%) e la Sicilia (16,32%) segnano i peggiori risultati. Il confronto con l’ultimo referendum valido, quello del 2011 su acqua pubblica e nucleare, è impietoso: allora alla fine della prima giornata l’affluenza era già al 41%.

Sui singoli quesiti — che riguardano licenziamenti, contratti a termine, responsabilità per infortuni e cittadinanza — le percentuali di voto sono praticamente identiche e sempre sotto la soglia critica: il quesito più votato è il quarto (infortuni sul lavoro) con il 22,74%, il meno votato il quinto (cittadinanza) con il 22,24%.

Il voto della politica: Meloni non ritira le schede, Mattarella al seggio

Come preannunciato, la premier Giorgia Meloni si è recata al seggio nella serata dell’8 giugno ma ha scelto di non ritirare le schede, optando per la forma di astensione “attiva” più volte suggerita dalla maggioranza per far fallire il referendum. Una strategia politica pienamente legittima, ma che ha sollevato critiche sul piano del dibattito democratico, essendo il voto considerato dalla Costituzione un «dovere civico». Al contrario, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha votato regolarmente a Palermo.

Tra i leader dell’opposizione, tutti hanno votato e invitato gli elettori a fare altrettanto: Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni, Angelo Bonelli, Riccardo Magi e Maurizio Landini hanno postato appelli alla partecipazione sui social. Landini, padre politico dei referendum sul lavoro, ha votato nel suo comune natale di San Polo d’Enza, rispettando il silenzio elettorale.

Polemiche e disservizi: tra silenzio elettorale violato e seggi inaccessibili

Non sono mancate le contestazioni. Il Comitato promotore ha denunciato violazioni del silenzio elettorale e “pratiche scorrette” in alcune sezioni, dove i presidenti di seggio avrebbero chiesto agli elettori se intendessero ritirare tutte e cinque le schede. Una prassi definita “orientativa e turbativa” dal Comitato, che ha inoltrato una lettera di protesta al sindaco di Roma Roberto Gualtieri e al Prefetto.

Gravi disservizi anche nella Capitale: nel seggio di via dei Genovesi, a Trastevere, collocato al primo piano e privo di ascensore, anziani e disabili sono rimasti bloccati per ore, finché l’intervento delle telecamere Rai non ha portato all’allestimento di un seggio al piano terra.

Esemplare, invece, la testimonianza di Rosa, 95 anni, che ha votato a Sala Consilina in sedia a rotelle: «Non ho mai saltato un voto dal 1946 e finché posso, continuerò», ha dichiarato ai giornalisti.

Ballottaggi comunali: affluenza in calo anche qui

Oltre ai referendum, si vota anche per il secondo turno delle elezioni comunali in 13 città con più di 15mila abitanti, tra cui Taranto e Matera, e in 7 comuni sardi al primo turno. Anche qui la partecipazione è in calo: alle 23 di ieri l’affluenza si è fermata al 35,9%, contro il 45,82% del primo turno. Solo a Saronno si è registrato un incremento.

A Matera ha votato il 41,16% degli aventi diritto, a Taranto il 33,74%.

Le riflessioni: fallimento politico o crisi dello strumento?

Il fallimento dei referendum sembra ormai inevitabile. Secondo Giovanni Diamanti, presidente di YouTrend, l’affluenza finale potrebbe attestarsi attorno al 30%, un dato che pone interrogativi profondi. Il problema è nei quesiti — tecnici, complicati, poco attrattivi — oppure in una crisi generale di fiducia nello strumento referendario e nella partecipazione democratica? Per molti osservatori, si impone una riflessione sulla necessità di rivedere le regole sul quorum, che da anni si rivela una barriera insormontabile.

Per ora, resta un dato amaro: più di tre quarti degli italiani hanno deciso di non votare. Il referendum, strumento di democrazia diretta sancito dalla Costituzione, oggi rischia di essere percepito come un rito vuoto. E questo, al di là dei contenuti, è il vero risultato di questa consultazione.

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