Premier time al Senato, Meloni contro Renzi: “Non farò mai nulla che ha già fatto lei”.
Duello acceso tra la presidente del Consiglio e il leader di Italia Viva sulle riforme costituzionali, le preferenze elettorali e la coerenza politica. In Aula anche Conte e Calenda, tra ironie e tensioni.
Premier time al Senato, Meloni contro Renzi: “Non farò mai nulla che ha già fatto lei”.
Duello acceso tra la presidente del Consiglio e il leader di Italia Viva sulle riforme costituzionali, le preferenze elettorali e la coerenza politica. In Aula anche Conte e Calenda, tra ironie e tensioni.
È servito oltre un anno per vederla di nuovo in Aula a rispondere alle interrogazioni dei parlamentari. Giorgia Meloni ha affrontato il suo primo “premier time” in Senato, un’ora e mezza di confronto acceso con l’opposizione tra sorrisi forzati, stilettate politiche e qualche nervosismo di troppo. Ma è stato soprattutto lo scontro con Matteo Renzi a dominare la scena, con il leader di Italia Viva che ha attaccato a tutto campo, dall’incoerenza della premier alle promesse mancate sulle riforme.
L’intervento di Renzi è un affondo a tenaglia: «Lei ha cambiato idea su tutto: sulle infrastrutture strategiche, sulla giustizia, sulla legge elettorale. Più che l’internazionale sovranista, sembra Giochi senza frontiere». E ancora: «Tra Putin e Mattarella, nel 2015 lei avrebbe scelto Putin. Io sono un patriota, sto dalla parte del Presidente della Repubblica». Le accuse si susseguono: rinunce al presidenzialismo, retromarce sul Titolo V e un governo che — secondo l’ex premier — ignora la volontà popolare: «Lei ha detto che non si dimetterà nemmeno in caso di sconfitta a un referendum. Davvero crede che valga di più il voto del Parlamento che quello dei cittadini?».
Meloni incassa con sarcasmo e risponde: «Francamente mi è sfuggita la domanda, a parte quella sulle preferenze». Poi entra nel merito: conferma l’intenzione di andare avanti sul premierato — «la madre di tutte le riforme» — ma precisa che «non dipende solo da me, ma dal Parlamento». Sulle preferenze, conferma la sua posizione favorevole. Sulle dimissioni in caso di sconfitta referendaria, la stoccata più dura: «Lo farei anche volentieri, ma non farò mai niente che ha già fatto lei».
Renzi rilancia: «Ce ne siamo accorti che non sta facendo quello che ho fatto io. Il piano Industria 4.0, per esempio». La replica è accolta dal vociare della maggioranza. Dalle tribune, il presidente del Senato Ignazio La Russa chiede ordine mentre qualcuno grida a Renzi: «Smettila di fare politica». Lui conclude: «Meloni ha cambiato idea persino sulla Russia. E oggi si finge atlantista».
Il premier time è stata anche l’occasione per vedere i leader dell’opposizione misurarsi con la premier. Carlo Calenda apre il confronto con un tono più dialogante: si dice «parzialmente soddisfatto» delle risposte di Meloni sulle spese militari. Giuseppe Conte, invece, si fa vedere per pochi minuti in tribuna, quanto basta per farsi inquadrare durante l’intervento di Stefano Patuanelli sul piano di riarmo. Poi scende in strada e attacca: «Volevo vedere se abbiamo un premier in carne e ossa o un ologramma che pubblicizza misure fantomatiche».
In Aula si respira stanchezza. Il confronto ha i toni di un rito stanco, poco incisivo. La sinistra prova ad alzare il volume, evocando la tragedia di Gaza e il silenzio di Meloni sui piani militari israeliani, ma l’argomento resta ai margini. La Lega è nervosa per i tagli alla sanità, ma tace. E anche se tra le fila della maggioranza si avvertono segni di affaticamento, nessuno rompe il fronte.
Alla buvette, l’ex ministro dem Graziano Delrio riassume con una battuta: «Meloni è diventata più brava, meno aggressiva. L’esperienza di governo aiuta». Il premier time finisce così, tra tensioni politiche e scene da talk show.
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