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La Camera approva la svolta sul consenso: senza sì esplicito è sempre violenza sessuale.

Via libera unanime di Montecitorio alla riforma dell’articolo 609-bis: il “consenso libero e attuale” entra nel codice penale, in linea con la Convenzione di Istanbul. Ora il testo passa al Senato.

La Camera approva la svolta sul consenso: senza sì esplicito è sempre violenza sessuale.

La Camera dei deputati ha approvato all’unanimità – 227 voti favorevoli su 227 presenti – la riforma che introduce in modo chiaro e inequivocabile il principio del consenso libero e attuale nel reato di violenza sessuale. Una votazione compatta che non solo riscrive integralmente l’articolo 609-bis del codice penale, ma segna anche un momento politico e culturale che molte esponenti definiscono “storico”.

Il nuovo testo, nato da un emendamento bipartisan delle relatrici Carolina Varchi (FdI) e Michela Di Biase (Pd), è frutto di settimane di trattativa e di un dialogo diretto anche tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein, che su questo tema hanno scelto di trovare un terreno comune. La proposta passa ora al Senato, dove si auspica un’approvazione rapida.

Cosa cambia davvero: il consenso diventa il fulcro del reato

Il nuovo articolo 609-bis compie un cambio di paradigma: non è più la violenza fisica a definire lo stupro, ma l’assenza di un sì esplicito e presente in ogni momento.

Il testo stabilisce che chi compie, fa compiere o fa subire atti sessuali a un’altra persona senza un consenso libero e attuale è punito con la reclusione da sei a dodici anni.

Accanto a queste, restano le ipotesi già previste – violenza, minaccia, abuso di autorità, sfruttamento della vulnerabilità o dell’inferiorità psico-fisica – che vengono integrate nella nuova cornice normativa.

Il cuore della riforma, però, sta nel modo in cui si definisce il consenso: deve essere libero, cioè non condizionato o estorto; e attuale, cioè valido nel momento dell’atto e revocabile in qualsiasi istante. Non basta più l’assenza di dissenso esplicito. Non basta la “mancata fuga”. Non basta il silenzio.

La svolta culturale: “Solo sì è sì” entra nella legge

La segretaria del Pd Elly Schlein parla apertamente di “piccola grande rivoluzione culturale”. Per la prima volta nella storia repubblicana il codice penale afferma che il consenso non è un dettaglio, ma il fulcro della libertà sessuale.

Schlein sottolinea come la riforma corregga un’impostazione finora centrata sulla forza dell’aggressore, invece che sulla libertà violata della vittima: «finalmente si chiarisce che ogni atto sessuale senza consenso è violenza, è stupro».

Molto forte anche il contributo di Laura Boldrini: «basta chiedere perché non sei scappata, perché non hai detto no, perché non hai gridato: quella è paura, non consenso».

La deputata Pd ricorda anche la campagna di Amnesty International “Solo sì è sì”, che ha contribuito a rafforzare il dibattito pubblico e politico. La riforma chiarisce che paura, paralisi, shock o momentanea incapacità di reagire non sono consenso.

Allo stesso modo viene smentita la disinformazione circolata nei giorni scorsi: non ci saranno moduli da firmare o “contratti” per avere rapporti sessuali. Ciò che la legge chiede è semplicemente che ci sia un sì libero, esplicito, revocabile.

Un testo costruito insieme: maggioranza e opposizione unite

Uno dei punti più sottolineati da tutte le forze politiche è la straordinaria compattezza con cui il Parlamento ha lavorato. Una riforma costruita insieme, da donne e uomini di schieramenti diversi, che hanno scelto di mettere da parte divisioni politiche per difendere un principio di civiltà.

Carolina Varchi (FdI) ha parlato in Aula di una “pagina di buona prassi parlamentare”, mentre Mara Carfagna (Noi Moderati) ha definito la norma una conquista di civiltà che “sposta definitivamente il reato dall’uso della forza all’assenza di un sì esplicito”.

Secondo Carfagna, questa legge “libera le vittime dall’onere di dover spiegare perché non hanno reagito”, e manda un messaggio chiaro: un no è un no e va rispettato in qualsiasi momento.

Una riforma in linea con l’Europa

Con questo passaggio l’Italia si allinea ai 21 Paesi europei che già prevedono il consenso come elemento cardine nella definizione di stupro.
È un adeguamento necessario anche agli standard della Convenzione di Istanbul, che definisce la libertà e l’attualità del consenso come criteri fondamentali.

Per molte deputate e deputati si tratta di un passo che rende il Paese “più giusto, più sicuro e più europeo”.

Il percorso continua: ora serve investire sulla prevenzione

Molti interventi in Aula hanno ricordato che il codice penale, da solo, però, non basta.
Debora Serracchiani e altre rappresentanti del Pd hanno sottolineato la necessità di introdurre educazione affettiva e sessuale nelle scuole, rafforzare formazione e strumenti per forze dell’ordine e magistratura, e sostenere centri antiviolenza e percorsi di tutela delle vittime.

La legge sul consenso è dunque un passo cruciale, ma non conclusivo, nella lotta alla violenza di genere e affida alla politica, alla giustizia, alla scuola e alla società il compito di trasformare questo principio in prassi quotidiana, cultura condivisa e reale protezione per le donne e per tutte le persone più esposte alla violenza di genere.

Con il voto unanime della Camera, il Parlamento manda un segnale forte e condiviso: la libertà non deve essere difesa urlando: deve essere rispettata.

In attesa dell’esame del Senato, la riforma rappresenta già una svolta culturale che incide profondamente sul modo in cui l’Italia affronta, comprende e giudica la violenza sessuale.

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