Fano, tragedia nei cieli dell’aeroporto: due paracadutisti esperti muoiono durante un lancio.
La tragedia durante un volo di gruppo: Violetta Laiketsion, 63 anni, ed Ermes Zampa, 70, istruttore, precipitati da diversi metri. Indagini in corso sulla dinamica.
Fano, tragedia nei cieli dell’aeroporto: due paracadutisti esperti muoiono durante un lancio.
Tragedia a Fano, in provincia di Pesaro e Urbino, dove due paracadutisti sono morti durante un lancio nei pressi dell’aeroporto cittadino. Secondo le prime ricostruzioni, le vele si sarebbero toccate nella fase finale della discesa, con funi e linee che si sono attorcigliate fino al collasso dei paracadute, impedendo un atterraggio in sicurezza. La caduta sarebbe avvenuta da un’altezza stimata fra i 30 e i 50 metri: una quota troppo bassa per qualsiasi manovra di recupero efficace.
Chi erano le vittime: esperienza e radicamento nel territorio
Le vittime sono Violetta Laiketsion, 63 anni, residente a Rimini e di origini brasiliane, ed Ermes Zampa, 70 anni, istruttore e residente a Fano. Entrambi, stando alle testimonianze raccolte nelle ore successive e ai primi elementi diffusi, erano considerati paracadutisti esperti, con anni di attività alle spalle dimostrati anche dall’ambiente della scuola locale.
Il lancio di gruppo e la sequenza dei secondi decisivi
La tragedia si è consumata durante una discesa che coinvolgeva più persone, in quanto era un volo con diversi paracadutisti a bordo. In questa cornice, Zampa si sarebbe lanciato prima, mentre Laiketsion per ultima. L’incrocio in aria, riferiscono i testimoni, sarebbe avvenuto proprio nella fase di avvicinamento al suolo: il punto in cui normalmente si gestiscono traiettorie, distanze e allineamenti per l’atterraggio. È qui che, con una dinamica ancora da definire nel dettaglio, i paracadute avrebbero perso portanza “collassando” quasi simultaneamente.
La testimonianza del direttore della scuola: “quota troppo bassa”
Roberto Mascio, direttore della scuola di paracadutismo di Fano, ha descritto una scena compatibile con un contatto ravvicinato e improvviso: due vele che, una volta toccatesi, si sono intrecciate fino a non reggere più il carico, precipitando in pochi istanti. Nelle sue parole, il nodo decisivo è l’altitudine: nell’ordine di poche decine di metri, “non c’è il tempo materiale” per tentare procedure alternative, compresa l’eventuale apertura del paracadute di emergenza. È il tipo di contesto in cui l’errore non è necessariamente una scelta sbagliata, ma può diventare una somma di fattori minimi che non concede margini.
La pista “in diretta”: testimoni, shock e soccorsi
L’incidente sarebbe avvenuto davanti agli occhi di diverse persone presenti nell’area aeroportuale: personale, altri paracadutisti, e chi era in attesa o di passaggio. I soccorsi sono scattati rapidamente, con l’intervento del 118 e delle forze dell’ordine, ma per i due non c’è stato nulla da fare: i sanitari hanno potuto soltanto constatare il decesso. Il quadro, fin da subito, ha imposto la messa in sicurezza dell’area e la raccolta delle prime testimonianze.
Le indagini: carabinieri e Procura al lavoro sulla dinamica
Sulla tragedia sono in corso accertamenti coordinati dalla Procura, con l’attività dei carabinieri e l’acquisizione di elementi tecnici utili a ricostruire l’esatta sequenza. Le verifiche puntano a chiarire non solo “il contatto” tra le vele, ma anche il contesto operativo: distanze in fase di avvicinamento, allineamenti, eventuali interferenze di rotta, e la cronologia dei gesti immediatamente successivi. È un tipo di indagine in cui ogni dettaglio, anche apparentemente marginale, può fare la differenza tra una spiegazione generica e una ricostruzione robusta.
Tra gli elementi che potrebbero aiutare gli inquirenti ci sono eventuali riprese: alcune ricostruzioni riferiscono che Laiketsion avesse con sé una telecamera sul casco e che proprio quelle immagini possano offrire un riscontro oggettivo dei secondi immediatamente precedenti al contatto.
“Una fatalità” e la fragilità dei margini a bassa quota
Nel racconto di chi conosce questo sport, la parola che ricorre è “fatalità”. Non come sinonimo di destino, ma come fotografia tecnica di una fase in cui i margini si riducono a quasi zero: quando si è vicini al suolo, la gestione delle distanze diventa cruciale e gli imprevisti hanno un tempo di reazione misurabile in secondi.
Dopo l’incidente, è arrivato il messaggio del sindaco di Fano, Luca Serfilippi, che ha espresso cordoglio e vicinanza alle famiglie. Parole che intercettano non solo il dolore privato, ma anche lo shock collettivo di una tragedia avvenuta in uno spazio cittadino riconoscibile, davanti a testimoni, e dentro una comunità dove i nomi non sono un dettaglio, ma un legame.
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