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Pavia, segregata e picchiata per 24 ore: salvata grazie a un segnale Gps inviato all’amico.

La vittima, tenuta prigioniera e brutalmente aggredita da un 32enne, è riuscita a condividere la propria posizione prima che le venisse sottratto il telefono. L’intervento immediato della polizia ha posto fine all’incubo e portato all’arresto dell’uomo.

Pavia, segregata e picchiata per 24 ore: salvata grazie a un segnale Gps inviato all’amico.

Nella frazione pavese di Remondò, a Gambolò, la normalità di un giorno di dicembre è stata squarciata da un episodio di violenza brutale rimasto a lungo nascosto dietro le mura di una casa. Per oltre ventiquattro ore una donna è stata trattenuta contro la sua volontà, picchiata, minacciata e privata di ogni possibilità di fuga da un uomo di 32 anni, già noto alle forze dell’ordine. Un sequestro silenzioso, protrattosi tra il 9 e il 10 dicembre, che solo un gesto disperato — l’invio della posizione Gps a un amico — è riuscito a interrompere.

Il messaggio senza parole che ha permesso di salvarla

L’aguzzino aveva sottratto alla vittima il cellulare per impedirle di chiedere aiuto, ma in un momento di distrazione la donna è riuscita a condividere la propria posizione attraverso una chat, senza accompagnarla con alcun messaggio. Un segnale minimale, tanto essenziale quanto eloquente. L’amico che lo ha ricevuto non ha esitato: comprendendo che potesse trattarsi di una richiesta d’aiuto, ha allertato immediatamente il 112. La prontezza dell’intuizione ha di fatto attivato la catena di soccorso che ha salvato la vita alla donna.

L’intervento degli agenti e il ritrovamento della vittima in stato di choc

Gli equipaggi del Commissariato di Vigevano hanno raggiunto la casa indicata dal Gps. A sbarrar loro il passaggio hanno trovato il trentaduenne, che ha tentato invano di impedire l’accesso all’abitazione. Una volta superate le resistenze, gli agenti si sono trovati di fronte una scena che confermava la gravità della segnalazione: la donna era in evidente stato di choc, con lividi ed ecchimosi sul volto e sulle braccia. Alla vista della divisa ha chiesto immediatamente di essere portata via, segnando la fine di un incubo durato un giorno intero.

La ricostruzione delle violenze e il racconto delle ore di prigionia

Ricoverata al pronto soccorso dell’ospedale di Vigevano, la vittima è stata medicata e dimessa con una prognosi di venti giorni. Agli investigatori ha raccontato un susseguirsi di percosse, minacce e coercizioni che avevano caratterizzato ogni ora trascorsa in quella casa. L’uomo — ha riferito — l’aveva picchiata ripetutamente, l’aveva trattenuta contro la sua volontà e le aveva impedito di comunicare con l’esterno sottraendole il telefono. Non era nemmeno la prima volta: episodi di violenza, secondo il suo racconto, si erano già verificati in passato, rendendo ancora più cupo il contesto della vicenda.

Il ruolo fondamentale delle testimonianze dei vicini

I dubbi degli agenti hanno trovato ulteriore conferma nelle parole dei residenti della zona. Alcuni vicini hanno riferito di aver udito per ore, nel pomeriggio del 9 dicembre, urla di aiuto e rumori compatibili con un’aggressione in corso. Una violenza che si è consumata senza che nessuno potesse intervenire tempestivamente, complice il timore di sbagliare interpretazione.

L’arresto del 32enne e le accuse che ora deve affrontare

Il proprietario dell’appartamento, già gravato da precedenti per reati contro la persona e contro il patrimonio, è stato arrestato con l’accusa di sequestro di persona e denunciato per maltrattamenti. Dopo gli accertamenti di rito, è stato trasferito al carcere di Torre del Gallo a Pavia, dove resterà a disposizione dell’autorità giudiziaria. La gravità della vicenda, confermata tanto dalle condizioni della vittima quanto dalle testimonianze dei residenti, ha consolidato un quadro investigativo di estrema chiarezza.

Una richiesta d’aiuto minima che diventa un simbolo

Questa storia restituisce anche un elemento di profonda riflessione: la forza di un gesto salvifico apparentemente semplice come l’invio di una posizione Gps. Nei contesti in cui la violenza domestica prende il sopravvento, persino un’azione muta può diventare un grido disperato, capace di attivare una catena di soccorsi e salvare una vita. La vittima oggi è accolta in una struttura protetta, al sicuro dal suo aggressore, e potrà intraprendere un percorso di protezione e recupero.

Un episodio che interroga la comunità e le istituzioni

Il caso di Remondò rappresenta l’ennesimo segnale d’allarme su un fenomeno che continua a segnare con brutalità il tessuto sociale: la violenza domestica, spesso nascosta, spesso sottovalutata, troppo spesso denunciata solo quando la situazione precipita. In questa vicenda, la prontezza dell’amico e la rapidità dell’intervento delle forze dell’ordine hanno impedito che l’episodio assumesse conseguenze ben più tragiche.

Il racconto della vittima e il passato dell’aggressore riportano al centro l’urgenza di strumenti di prevenzione, tutela e ascolto che possano impedire, e non solo arginare, derive di violenza così brutali.

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