Lecce, “Il Farone Sommerso” al Barocco Festival.
Appuntamento a Lecce per il “Barocco Festival Leonardo Leo” a chiusura della prima parte della XXV edizione della rassegna di musica antica. La chiesa di San Matteo, tripudio di arte barocca, ospita sabato 22 ottobre, alle ore 21, l’oratorio a quattro voci “Il
Faraone Sommerso” del compositore ed educatore tarantino Nicola Fago, altro appuntamento di grande originalità. Ingresso libero – Info T. 347 060 4118.
In scena l’orchestra barocca “La Confraternita de’ Musici“, diretta al cembalo dal M.O Cosimo Prontera, con il tenore Roberto Manuel Zangari, il baritono Giuseppe Naviglio, il controtenore Antonello Dorigo e il sopranista Angelo Riccardo Strano. L’oratorio, del quale si ignora l’autore del testo, è ispirato alla biblica vicenda della liberazione del popolo
ebraico dalla schiavitù egizia attraverso il miracoloso passaggio del Mar Rosso.
Del “Faraone Sommerso” di Fago esistono due partiture manoscritte, una delle quali, custodita presso la Bodleian Library di Oxford, riporta l’anno 1709; l’altra è conservata nella Biblioteca del Conservatorio di Firenze e fa parte del fondo Basevi. Il libretto non è pervenuto. Se la data è attendibile, è verosimile che il lavoro sia stato proposto a Napoli nell’ambito del ciclo di oratori di argomento biblico che l’arcivescovo Pignatelli fece eseguire presso la cappella del suo palazzo. Nel 1709 Fago assunse la carica di maestro di cappella del Tesoro di San Gennaro, ed è probabile che il patriarca avesse richiesto il suo contributo.
L’impostazione è nella forma consueta dell’oratorio settecentesco, in due parti, con il rigido alternarsi di arie, duetti e recitativi: l’apertura è affidata a una sinfonia tripartita e le due sezioni sono chiuse da un brano d’assieme. Secondo prassi, i recitativi contengono gli
elementi narrativi e drammatici, mentre le arie, prevalentemente liriche, rispondono alla stilizzazione di un affetto o di uno stato d’animo. La sinfonia iniziale non è un brano generico ma introduce il successivo recitativo di Mosé, tanto da poter affermare che l’azione si avvia già con il brano strumentale. Il recitativo, alla fine della sinfonia, evoca lo stato penoso in cui versa il popolo egizio per le piaghe afflitte da Dio. Così, Mosé si rivolge al faraone: “Alle leggi del Cielo Sire ubbidite al fine, perché il misero regno geme in volto
fra mille aspre ruine“. Espressioni che danno significato alla sinfonia e ne prolungano la risonanza.
Altri aspetti musicali interessanti sono costituiti dall’aria del Messo, “S’odano intorno inni di laude“, con quattro parti di violino che amplificano in eco la gioia per la liberazione e il ringraziamento al Cielo, prima che gli Ebrei si accorgano di essere inseguiti dall’esercito
del Faraone. Significative sono anche l’aria con violoncello solista, secondo tradizione della scuola violoncellistica napoletana, “Aprite il seno onde orgogliose“, affidato a Mosè, e la grande aria del Messo “Forz’è pur nel proprio sangue o nell’onde naufragar“, che esprime l’improvvisa disillusione degli Ebrei dopo aver scoperto di essere inseguiti dall’esercito del Faraone e di avere come unica possibilità annegare nel Mar Rosso.
Nella copia della partitura custodita a Firenze alcune arie presentano, al margine, indicazioni apposte da altra mano, in tutto quattro, con un testo alternativo che in parte sostituisce quello originale. Non sono documentate le ragioni della circostanza, tuttavia si
ritiene che le modifiche abbiano inteso integrare una cantata per l’onomastico o il compleanno del sovrano di Spagna, re Carlo III d’Asburgo. Il letterato autore delle modifiche, presumibilmente lo stesso Fago, avrebbe quindi chiesto al copista di collegare le quattro arie ai recitativi e di indirizzarle infine verso il coro ecomiastico: ancora una volta, mantenendo la modalità di dialogo e di reciprocità tra trono e altare.
Riproduzione riservata © Copyright La Milano