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La Prima: un secolo di cultura dal divano di casa

Un secolo di musica e di cultura italiana ed europea dal divano di casa propria: a Prima della Scala di Milanodel 7 dicembre 2020 tempo della Pandemia è stata unica. Un evento eccezionale non solo perché quasi nessuno (a parte qualche fortunato giornalista, politico e Bruno Vespa e Milly Carlucci, ndr) avrà l’onore di viverlo direttamente in teatro a causa della pandemia, ma perché non è stata rappresentata un’opera  ma un “medley” di danza, musica, opera, canto e arte. E ad aprire lo spettacolo i lavoratori della Scala, in protesta, che hanno intonato l’Inno di Mameli in un silenzio irreale. Riccardo Chailly alla guida di Orchestra e Coro del Teatro alla Scala ha diretto un racconto sull’opera e sulla danza la cui drammaturgia è stata pensata e trasformata in spettacolo da Davide Livermore e dai suoi collaboratori. Un racconto che ha celebrato il ruolo centrale che l’Opera e la Danza hanno avuto non solo per la cultura ma anche per la crescita civile del nostro Paese. Sul palco con una scenografia unica fatta di acqua, fuoco, colori, incurisioni nel cinema e nella contemporaneità si sono alternati 25 tra i maggiori cantanti del mondo insieme ai ballerini scaligeri protagonisti in tre momenti tra i quali una creazione del neodirettore Manuel Legris. Le più celebri arie delle più amate opere sono state cantate dai più grandi, da Vittorio Grigolo a Placido Domingo, ma nello stesso tempo l’emozione è stata unica proprio per il silenzio irreale, sempre uguale e mai rotto dagli applausi, che si è consumato. Il finale con tutti i cantanti in scena e il Guglielo Tell ha voluto celebrare la volontà di rinascita che è propria del mondo del teatro e dei teatranti in questo momento, ma anche di tutti i milanesi e degli italiani. E a sottolineare tutto le parole di Cesare Pavese e di Montale, di Gramsci e di tanti altri giganti del novecento declamate da Massimo Popolizio da Caterina Murino e tanti altri. Unica nota stonata forse la chiosa con Milly Carlucci e Bruno Vespa che escono da un teatro che sarebbe stato meglio far credere davvero vuoto. Ma alla fine il fatto che in sala comunque ci fossero i “soliti” habituè, anche se non hanno sfilato in passerella, ha disilluso il pubblico. Ormai convinto dell’illusione della bellezza e del rito teatrale …

 

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