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Addio a Ornella Vanoni, voce unica della musica italiana: è morta a 91 anni nella sua casa a Milano.

È morta a 91 anni Ornella Vanoni, icona della musica italiana: una carriera di oltre 70 anni tra successi indimenticabili, collaborazioni internazionali, Sanremo e Premi Tenco.

Addio a Ornella Vanoni, voce unica della musica italiana: è morta a 91 anni nella sua casa a Milano.

Addio a Ornella Vanoni, scomparsa a Milano nella tarda serata di venerdì 21 novembre 2025, all’età di 91 anni. La cantante è stata colpita da un arresto cardiocircolatorio nella sua abitazione, in zona centrale, poco prima delle 23: all’arrivo dei soccorritori del 118, per lei non c’era già più nulla da fare.

Con lei se ne va non solo una delle voci più riconoscibili della musica leggera, ma un pezzo intero di storia culturale del Paese: quasi settant’anni di carriera, oltre un centinaio di lavori tra album, raccolte ed EP, decine di milioni di dischi venduti – più di 55 milioni secondo le stime, in alcune ricostruzioni oltre 60 – che la collocano tra le interpreti italiane più amate di sempre.

La notte dell’addio

 Venerdì 21 novembre, in tarda serata, Ornella avverte un malore nella sua casa di Milano. La chiamata al 118 parte poco prima delle 23; quando l’ambulanza arriva, l’artista è già priva di vita. La causa viene indicata come arresto cardiocircolatorio.

È una fine improvvisa, ma non inattesa per chi l’aveva ascoltata negli ultimi tempi: nelle interviste e nelle sue apparizioni televisive, Vanoni parlava spesso della vecchiaia e della morte con una lucidità quasi disarmante, mescolando ironia e consapevolezza. “Non voglio morire troppo tardi, voglio vivere finché io do alla vita qualcosa e la vita dà qualcosa a me”, aveva detto in una conversazione televisiva nella primavera del 2025.

Milano, il teatro, la “ragazza della mala”

Nata a Milano il 22 settembre 1934, in una famiglia della borghesia cittadina, Ornella Vanoni resta per tutta la vita profondamente legata alla sua città: la Milano del Piccolo Teatro, delle osterie, del dopoguerra febbrile e creativo.

Nel 1953 si iscrive all’Accademia del Piccolo Teatro diretta da Giorgio Strehler: entra così in un laboratorio d’avanguardia dove teatro, musica e impegno civile si mescolano. All’inizio è attrice, ma presto la sua voce, scura e vellutata, attira l’attenzione. Strehler e un gruppo di autori – tra cui Dario Fo, Fausto Amodei, Fiorenzo Carpi – le costruiscono addosso il repertorio destinato a segnarne la leggenda: le celebri “Canzoni della mala”, ballate che raccontano malavita, bordelli e periferie, presentate come frutto di ricerche su antichi canti popolari.

Nascono capolavori come Ma mi e Le mantellate: è la trasformazione della ragazza della buona borghesia milanese nella “ragazza della mala”, figura scandalosa e affascinante, che sovverte il ruolo tradizionale della cantante leggera.

Dalla mala alla canzone d’autore

Uscita dal sodalizio con Strehler, Ornella si avvicina alla prima grande generazione di cantautori italiani, la cosiddetta “Scuola genovese”. È in quel contesto che nasce l’incontro – artistico e sentimentale – con Gino Paoli. Dal loro legame viene alla luce Senza fine, una delle canzoni più celebri della musica italiana, destinata a diventare il suo brano-simbolo.

Negli anni Sessanta e Settanta, Vanoni consolida un repertorio che intreccia cover raffinatissime, canzone d’autore e melodie popolari: Che cosa c’è, L’appuntamento (adattamento di un brano di Roberto Carlos), Domani è un altro giorno, Tristezza, La musica è finita, Una ragione di più, Io ti darò di più…

È in questi anni che il suo timbro – una voce calda, leggermente velata, capace di passare dall’intimità quasi sussurrata allo slancio drammatico – diventa immediatamente riconoscibile a chiunque accenda una radio o una televisione

Il respiro internazionale: jazz e Brasile

La carriera di Ornella Vanoni non si esaurisce nei confini della canzone italiana. Fin dai primi decenni lavora con musicisti di livello internazionale: collabora con George Benson, Herbie Hancock e Gil Evans, esplorando il linguaggio del jazz e arricchendo la propria interpretazione di sfumature sofisticate.

Un capitolo a parte è il suo rapporto con la musica brasiliana. Nel 1976 incide con Vinícius de Moraes e Toquinho l’album La voglia, la pazzia, l’incoscienza, l’allegria: un disco che segna una svolta, contribuendo a portare la bossa nova nel grande pubblico italiano e diventando, col tempo, un cult assoluto.

L’eleganza sensuale con cui interpreta quei brani sottolinea la sua naturale vocazione internazionale: Vanoni è una cantante italiana, ma con un modo di stare in scena e un gusto musicale che dialogano senza complessi con le grandi interpreti francesi, americane, sudamericane.

Sanremo, i premi e i riconoscimenti

Il legame con il Festival di Sanremo è intenso e duraturo: Ornella vi partecipa in otto edizioni, lasciando un segno profondo nella storia della kermesse. Arriva seconda nel 1968 con Casa bianca e conquista per tre volte il quarto posto con brani rimasti nell’immaginario collettivo come La musica è finita (1967), Eternità (1970) e Alberi (1999). Proprio nel 1999 riceve il Premio Città di Sanremo alla carriera, prima artista in assoluto a essere insignita di quel riconoscimento

Ancora più rilevante, sul piano culturale, è il suo rapporto con il Club Tenco: Vanoni è l’unica donna e la prima artista in assoluto a vincere due Premi Tenco, oltre a una Targa Tenco. Nel 2022 le viene conferito un Premio Tenco Speciale, creato ad hoc per celebrare una carriera irripetibile.

Nel giugno 2025 l’Università degli Studi di Milano le assegna la laurea honoris causa: durante la cerimonia, Ornella racconta con il suo consueto umorismo di essere stata “una cialtrona a scuola” e di aver cominciato davvero a studiare solo accanto a Strehler, leggendo fino a notte fonda, persino Trotskij in tedesco.

Una discografia monumentale

È difficile perfino riassumere la vastità della sua produzione: dagli esordi discografici dei primi anni Sessanta fino agli album più recenti, si calcolano oltre cento lavori tra LP, EP e raccolte. Alcune ricostruzioni parlano di 112 pubblicazioni ufficiali.

Le stime sulle vendite oscillano, ma tutte concordano su un dato: Vanoni è stabilmente tra le artiste italiane con il maggior numero di dischi venduti, con oltre 55 milioni di copie, secondo alcune fonti oltre 65 milioni, grazie anche alle ristampe e alle raccolte che continuano a circolare.

Eppure, dietro i numeri, resta soprattutto un tratto: la sua capacità di attraversare generi e mode. Dalla mala al pop d’autore, dalle chanson francesi alle ballate brasiliane, dal jazz alle colonne sonore, Ornella ha vissuto la musica come un territorio da esplorare, non come una gabbia di stile.

Televisione, ironia e il rapporto con la morte

Negli ultimi anni Ornella Vanoni era tornata a essere presenza fissa nel piccolo schermo: ospite ricorrente di Che tempo che fa con Fabio Fazio, giudice in programmi musicali, protagonista di speciali e omaggi.

La sua ironia, la totale mancanza di reverenza verso il “politicamente corretto” e una sincerità disarmante l’avevano trasformata in un’icona pop anche per le generazioni più giovani, che spesso l’avevano conosciuta prima come personaggio televisivo che come voce storica.

Non ha mai nascosto le proprie fragilità: ha parlato apertamente di depressione, dei momenti bui, del senso di colpa verso il figlio Cristiano, delle difficoltà attraversate in diverse fasi della vita.

Sulla vecchiaia, il suo sguardo è stato sempre lucido e spiazzante. Alla domanda sull’età rispondeva: “Sono vecchia? Sì. Ma sono unica”. Il titolo del suo album Unica era, per lei, una dichiarazione di identità, non un vezzo. E sulla morte, ripeteva di non averne paura: temeva piuttosto l’idea di una sopravvivenza puramente fisica, come quella di una zia centenaria che ricordava chiedendo ogni giorno al cielo di “portarla via”.

Il cordoglio del mondo della musica, della politica, del pubblico

La notizia della scomparsa ha scatenato un’ondata immediata di reazioni. Sui social, colleghi e artisti l’hanno ricordata sottolineandone soprattutto tre tratti: la voce, l’ironia, la libertà.

Vasco Rossi ha salutato “la mitica Ornella”, ringraziandola per le interpretazioni e “l’ironia costante”. Patty Pravo ha scritto semplicemente: “Grande artista, grande amica. Ti vorrò per sempre bene”. Fiorella Mannoia ha confessato di non trovare parole che non fossero banali – “e lei ha sempre odiato la banalità” – mentre Elisa ha parlato di un “vuoto incolmabile” e di un’eredità umana oltre che artistica.

Dal mondo della televisione sono arrivati i messaggi di Fabio Fazio, che ha ammesso di non sentirsi “pronto” a questo addio, e di Luciana Littizzetto, che l’ha salutata con un affettuoso “Tesora mia adorata”.

Anche la politica ha ricordato il suo ruolo nella storia italiana: la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha parlato di una “voce inconfondibile” che ha “segnato decenni di cultura italiana” e di “un patrimonio artistico irripetibile” che l’artista lascia al Paese.

L’eredità di una “diva senza retorica”

Ornella Vanoni è stata una diva anomala: sofisticata e insieme popolare, fragile e pungente, ironica e profondissima. Ha vissuto l’amore e il dolore alla luce del sole, senza edulcorarli; ha attraversato scandali, depressioni, rinascite, senza mai rinunciare a essere se stessa.

Se ne va una donna che ha saputo fare della propria voce – non solo quella cantata, ma anche quella delle opinioni, dei racconti, delle battute – uno strumento di libertà.

Resteranno i dischi, le registrazioni televisive, i video dei concerti, le interviste; ma resterà soprattutto quel timbro inconfondibile che, fin dalle prime note, fa dire a chi ascolta: “È Ornella”.

E forse, per ricordarla, basterà tornare ancora una volta a quella frase che riassumeva tutta la sua autoironia e la sua fierezza:
“Sono vecchia? Sì. Ma sono unica.”
Lo era davvero. E così, unica, continuerà ad abitare la memoria di chi l’ha ascoltata, amata, discussa, e di chi, anche solo per caso, si è fermato un attimo quando la sua voce arrivava da una radio, da un televisore, da una piazza estiva.

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