Nel lontano 16 marzo 2000 la quiete di Guidizzolo, nel Mantovano, venne sconvolta da una rapina armata ai danni della filiale del Credito Cooperativo di Castel Goffredo. Un’azione violenta e pianificata che, a distanza di venticinque anni, torna oggi al centro dell’attenzione giudiziaria grazie agli sviluppi delle moderne tecniche investigative.
L’irruzione in banca, il bottino milionario e la fuga
Quel giorno ignoti fecero irruzione all’interno dell’istituto di credito, brandendo una mitraglietta e una pistola e seminando il panico tra dipendenti e clienti. In pochi minuti i rapinatori riuscirono ad impossessarsi di un bottino ingente per l’epoca: quasi 58 milioni di lire in contanti e oltre 5 milioni di lire in valuta estera, per poi darsi alla fuga.
La corsa dei malviventi non si limitò alla rapina in banca. Durante la fuga venne infatti derubata anche la conducente di una Jeep Cherokee, mentre in un secondo momento tentarono di impossessarsi di una Lancia Y, strattonando la donna alla guida nel tentativo di sottrarle il veicolo. Episodi che contribuirono a delineare la particolare pericolosità dell’azione criminale.
Una prima condanna già passata in giudicato
Per quei fatti, negli anni successivi, era già stato deferito all’Autorità Giudiziaria un uomo di 61 anni, residente a Toscolano Maderno, in provincia di Brescia. L’uomo è stato processato e condannato con sentenza passata in giudicato, chiudendo una prima parte della vicenda giudiziaria legata alla rapina di Guidizzolo.
Il guanto in lattice e il lavoro dei Carabinieri
Determinante, già all’epoca, fu l’attività di repertazione svolta dai Carabinieri sul luogo del crimine. Durante i rilievi venne rinvenuto un guanto in lattice, presumibilmente perso da uno dei rapinatori. Il reperto fu inviato al R.I.S. dei Carabinieri di Parma per le analisi biologiche, ma solo oggi, a distanza di un quarto di secolo, quel dettaglio si è rivelato decisivo.
La svolta dopo 25 anni grazie al DNA
Le più recenti analisi scientifiche hanno consentito di estrarre una traccia biologica dal guanto, risultata compatibile con un profilo genetico presente nella banca dati nazionale del DNA. La corrispondenza ha condotto all’identificazione di un uomo di 75 anni, residente a Bedizzole, in provincia di Brescia, riaprendo di fatto il caso.
Il nuovo indagato e le accuse contestate
Il 75enne è stato così deferito all’Autorità Giudiziaria, ritenuto – in ipotesi accusatoria – responsabile dei reati di rapina aggravata, ricettazione e porto illegale di armi. Un passaggio che segna un ulteriore sviluppo investigativo in una vicenda rimasta per anni parzialmente irrisolta.