Gorizia, svolta nel caso Mezzalira: le ossa trovate nel giardino appartengono all’ex postino scomparso nel 2019.
La conferma arriva dall’analisi dell’arcata dentale rinvenuta nel pozzo della villetta della frazione di Sdraussina. Indagati l’ex convivente, il fratellastro e il figlio della donna, accusati di omicidio, occultamento di cadavere e truffa sulla pensione.
Gorizia, svolta nel caso Mezzalira: le ossa trovate nel giardino appartengono all’ex postino scomparso nel 2019.
La scomparsa di Vito Mezzalira, ex dipendente di Poste Italiane, aveva assunto negli anni i contorni di un enigma destinato a rimanere irrisolto. L’uomo, 66 anni, si era volatilizzato nell’estate del 2019, lasciando una scia di domande senza risposta. Ora, una svolta drammatica rimette al centro il suo nome: i resti ossei ritrovati a inizio dicembre nel giardino della sua villetta a Sdraussina, nel comune di Sagrado (Gorizia), appartengono proprio a lui.
A confermarlo sono le analisi effettuate sull’arcata dentale rinvenuta all’interno di un pozzo presente nel retro dell’abitazione, poi sigillato con una colata di cemento. La comparazione con le impronte dentarie e mandibolari ha fornito un risultato inequivocabile, permettendo agli inquirenti di annunciare, dopo anni di incertezze, una prima verità.
Il ruolo decisivo delle tecnologie e dei mezzi di ricerca
Paradossalmente, a riaccendere l’attenzione sulla scomparsa di Mezzalira non sono state nuove testimonianze né confessioni, ma una minuziosa analisi delle immagini satellitari di Google Earth. Incrociando le fotografie storiche, gli investigatori hanno notato che nel 2019 il pozzo nel giardino era libero, mentre negli anni successivi risultava inspiegabilmente coperto e cementato.
Questo particolare, affiancato alle indicazioni del cane molecolare Klaus e alle indagini effettuate dal Reparto operativo dei carabinieri con l’ausilio del georadar, ha orientato le ricerche verso quel punto preciso del terreno. È lì che, sotto metri di terra e all’interno di sacchi neri, sono stati ritrovati i resti dell’ex postino, nascosti nelle profondità della fossa.
Le indagini e i sospetti sulla convivente e i familiari
Il ritrovamento ha radicalmente mutato lo scenario investigativo. Per la scomparsa e la presunta morte violenta di Mezzalira risultano indagati tre persone a lui vicine: l’ex convivente Mariuccia Orlando, il fratellastro di lei, Moreno Redivo, e il figlio della donna, Andrea Piscanec.
Le accuse che pendono su di loro sono pesanti: concorso in omicidio volontario, concorso in sottrazione di cadavere e truffa aggravata e continuata. Quest’ultima ipotesi deriva dal fatto che, secondo quanto emerso dagli accertamenti, la pensione di Mezzalira sarebbe stata riscossa regolarmente dalla convivente anche negli anni successivi alla sua scomparsa. Nonostante le versioni confuse e contraddittorie fornite negli anni, Mariuccia Orlando aveva insistito nel sostenere che l’uomo fosse fuggito all’estero, talvolta accennando a presunte nuove relazioni o problemi economici.
La denuncia della sorella: l’inizio della verità
Determinante, nel riaprire il caso, è stato il coraggio della sorella Domenica. Non convinta dalle spiegazioni evasive della convivente, aveva notato negli anni prelievi di pensione effettuati da sportelli diversi e giustificazioni sempre più improbabili sull’impossibilità di contattare Vito. Tutto ciò era culminato quando la donna aveva inviato a Domenica un fotomontaggio poco realistico che ritraeva Mezzalira in compagnia di una donna straniera, con il chiaro intento di dimostrarne l’ipotetica fuga. La sua denuncia ai carabinieri di Gorizia, presentata nel settembre 2023, è stata l’innesco della complessa attività investigativa culminata nella scoperta del cadavere.
Le difficoltà dell’autopsia e la conferma definitiva dell’identità
Nonostante la certezza già acquisita tramite la comparazione dentale, sarà comunque l’autopsia a certificare ufficialmente l’identità dell’uomo. L’incarico verrà conferito il 16 dicembre dalla procura di Gorizia, con il coinvolgimento di due esperti: Stefano D’Errico, direttore della Medicina legale dell’Università di Trieste, e Manuel Gianvalerio Belgrano, direttore della Radiologia dell’Azienda sanitaria giuliano-isontina.
L’esame si annuncia complesso, considerato il deterioramento del corpo rimasto occultato per oltre sei anni in una zona umida e sigillata dal cemento. Anche i legali dei tre indagati hanno dichiarato l’intenzione di partecipare agli accertamenti con propri consulenti di parte, consapevoli del peso decisivo che l’autopsia potrà avere nell’evoluzione del procedimento giudiziario.
Un’inchiesta ancora aperta
La Procura mantiene il massimo riserbo sugli ulteriori sviluppi. Le certezze finora ottenute rappresentano un punto fermo, ma non rispondono ancora alle domande fondamentali: come è morto Vito Mezzalira, quando, e soprattutto il perchè. Sarà l’autopsia a fornire indizi cruciali sulla dinamica del decesso, mentre gli inquirenti continueranno ad approfondire moventi e responsabilità.
Quella che per anni era rimasta una scomparsa avvolta dal mistero è oggi una vicenda giudiziaria complessa che attende di essere ricostruita fino all’ultimo dettaglio. Per Vito Mezzalira, dopo un lungo silenzio, è finalmente iniziato il cammino verso la verità.
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