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Genova, maxi operazione antiterrorismo: nove arresti e sequestri per oltre 8 milioni. Smantellata una presunta rete di finanziamento ad Hamas

Indagine della DDA di Genova: presunti flussi di denaro mascherati da aiuti umanitari destinati all’organizzazione terroristica.

Genova, maxi operazione antiterrorismo: nove arresti e sequestri per oltre 8 milioni. Smantellata una presunta rete di finanziamento ad Hamas.

Una vasta operazione antiterrorismo condotta dalla Polizia di Stato e dalla Guardia di Finanza ha portato all’esecuzione di misure cautelari personali e reali nei confronti di nove persone, tutte finite in custodia cautelare in carcere, e di tre associazioni, con sequestri patrimoniali per oltre otto milioni di euro. Il provvedimento è stato disposto dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo (DDA) del capoluogo ligure.

L’operazione è stata eseguita dagli uomini della DIGOS di Genova, in raccordo con la Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Genova e dal Nucleo Speciale di Polizia Valutaria, al termine di un’articolata indagine su presunti flussi finanziari destinati all’organizzazione terroristica Hamas.

L’inchiesta: segnalazioni sospette e cooperazione internazionale

L’indagine, avviata e coordinata dalla DDA di Genova, nasce da un impulso della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, originato dall’analisi di segnalazioni di operazioni finanziarie sospette. Un lavoro investigativo complesso, sviluppatosi attraverso un costante scambio informativo sia con altri uffici giudiziari italiani, nell’ambito del coordinamento del Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, sia con le autorità dei Paesi Bassi e di altri Stati dell’Unione Europea, anche tramite incontri organizzati da Eurojust.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, le attività contestate avrebbero avuto una dimensione transnazionale, con ramificazioni in Italia e all’estero e con una rete strutturata di contatti e canali finanziari.

Le accuse: finanziamento e appartenenza a organizzazione terroristica

Nella fase attuale delle indagini preliminari, gli indagati sono accusati di fare parte e di finanziare Hamas (“Harakat al-Muqawama al-Islamiya”, Movimento della resistenza islamica), organizzazione che si propone il compimento di atti con finalità di terrorismo, in particolare contro lo Stato di Israele, e che è stata designata come organizzazione terroristica dall’Unione Europea, sia per l’ala politica che per quella militare.

All’organizzazione vengono ricondotti numerosi attentati compiuti nel corso degli anni, che avrebbero causato 484 morti e oltre 3.300 feriti, in gran parte civili, oltre al più recente e noto attacco del 7 ottobre 2023, che ha provocato la morte di circa 1.200 persone e la cattura di quasi 200 ostaggi.

Le associazioni coinvolte e il presunto sistema di raccolta fondi

Il presunto finanziamento delle attività terroristiche sarebbe avvenuto tramite diverse associazioni formalmente dedite ad attività benefiche, tra cui:

  • Associazione Benefica di Solidarietà col Popolo Palestinese (A.B.S.P.P.), con sede a Genova, costituita nel 1994;
  • A.B.S.P.P. O.D.V., fondata nel 2003, sempre a Genova;
  • Associazione Benefica “La Cupola d’Oro”, con sede a Milano, costituita nel dicembre 2023.

Secondo l’ipotesi accusatoria, le donazioni raccolte con finalità dichiarate umanitarie sarebbero state in parte consistente dirottate verso Hamas o associazioni a essa collegate, anche attraverso operazioni di triangolazione finanziaria e il coinvolgimento di soggetti e conti all’estero.

I flussi di denaro: circa 7 milioni di euro contestati

Agli indagati vengono contestate operazioni di finanziamento per un ammontare complessivo di circa sette milioni di euro, ritenute idonee a sostenere concretamente le attività dell’organizzazione terroristica. I fondi sarebbero stati destinati:

  • ad associazioni con sede a Gaza, nei Territori Palestinesi o in Israele, dichiarate illegali dalle autorità israeliane perché ritenute collegate a Hamas;
  • direttamente a esponenti di Hamas, tra cui Osama Alisawi, già ministro del governo di fatto dell’organizzazione a Gaza.

Secondo gli investigatori, parte delle somme sarebbe servita anche al sostentamento dei familiari di attentatori o di persone detenute per reati di terrorismo, rafforzando così il consenso e l’adesione alla strategia terroristica del gruppo.

I nomi chiave e la “cellula italiana”

Al centro dell’inchiesta figura Hannoun Mohammad Mahmoud Ahmad, indicato come vertice della cellula italiana di Hamas e membro del comparto estero dell’organizzazione. Secondo l’accusa, avrebbe destinato oltre il 71% delle somme raccolte al finanziamento diretto di Hamas, sottraendo risorse alle reali necessità della popolazione civile di Gaza, per un importo che supererebbe 7,2 milioni di euro.

Accanto a lui compaiono altri indagati ritenuti membri o collaboratori della struttura, attivi tra Genova, Milano, Firenze e altre località italiane, oltre a soggetti accusati di concorso esterno per aver garantito un supporto finanziario continuativo all’organizzazione pur senza farne formalmente parte.

Beneficenza e terrorismo: la linea di confine secondo l’accusa

L’indagine ha messo in luce, secondo la tesi accusatoria, come le attività di beneficenza e solidarietà siano state utilizzate come strumento per il finanziamento del terrorismo, sottraendo capitali alle finalità assistenziali della cosiddetta da’wa – l’insieme di attività sociali, educative e sanitarie – per sostenere invece l’apparato terroristico e le sue attività criminose.

Conversazioni intercettate, documenti interni e contatti internazionali avrebbero confermato l’esistenza di una rete europea organizzata per la raccolta di fondi, coordinata con la struttura decisionale di Hamas.

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