Cala il sipario per la Milano Fashion Week SS26: tra memoria, transizione e nuove direzioni
Dai maxi-eventi di Diesel ai silenzi meditativi di Francesca Liberatore, fino al glamour di Gucci e alla teatralità di Prada: sette giorni che hanno ridefinito la moda milanese tra creatività, star e nuove visioni.
Cala il sipario per la Milano Fashion Week SS26: tra memoria, transizione e nuove direzioni.
La Milano Fashion Week dedicata alle collezioni primavera/estate 2026 si è svolta dal 23 al 29 settembre 2025, con un calendario fitto e vibrante: sette giorni, 171 appuntamenti tra cui 54 sfilate fisiche, 4 digitali, 78 presentazioni, 7 presentazioni su invito e 30 eventi collaterali.
La Milano Fashion Week SS26 si è chiusa con l’intensità delle grandi occasioni: giorni in cui la città si è trasformata in un palcoscenico globale, tra debutti, omaggi e riflessioni profonde sul ruolo stesso della moda.
Questa edizione resta impressa per la tensione emotiva che ha accompagnato la scomparsa di Giorgio Armani, stilista simbolo della moda italiana, e per la successione di nuove direzioni creative che guardano al futuro del Made in Italy.

Apertura e momenti chiave: da Gucci a Bottega Veneta e oltre
Francesca Liberatore ha aperto uno squarcio concettuale potente. La sua collezione, intitolata Alètheia (“verità” in greco), ha invitato il pubblico a una riflessione sul rapporto tra moda e coscienza, immaginazione e precarietà. Cappelli con le parole Immaginazione, Possibilità, Pensare hanno introdotto un viaggio che parla di resilienza e di ricerca di serenità in tempi turbolenti.
Collaborando con Sony, Liberatore ha trasformato le cuffie WH-1000XM6 in simboli stilistici: accessori-rifugio capaci di isolare dal rumore del mondo, esaltati da Stéphane Labrousse come “lusso da indossare”. In passerella, tessuti recuperati da letti d’epoca, jersey taglio vivo, jacquard e stampe floreali decostruite hanno costruito un guardaroba di pace e memoria, nei toni neutri arricchiti da vampate di aragosta e blu.

Gucci, con il debutto di Demna, ha scelto un approccio non convenzionale: il cinema al posto della passerella.
The Tiger, cortometraggio firmato da Spike Jonze e Halina Reijn con Demi Moore ed Edward Norton, ha introdotto La Famiglia, collezione in cui pellicce sontuose e richiami ai legami identitari hanno ridefinito l’essenza del brand. Silhouette audaci e pellicce di lusso hanno dato forma a un immaginario intimo e universale al tempo stesso.
Bottega Veneta, la prima di Louise Trotter, ha restituito al marchio una femminilità sofisticata e decisa, fedele all’artigianalità ma aperta al futuro. Per Versace, Dario Vitale ha firmato la sua prima sfilata, oscillando tra la nostalgia dei codici iconici della maison e contaminazioni contemporanee.
Diesel, sotto la direzione creativa di Glenn Martens, ha ribadito la sua vocazione inclusiva e spettacolare. La sfilata, ancora una volta aperta al pubblico, ha trasformato il denim in manifesto politico e sociale: tessuti trattati con tecniche sperimentali, trasparenze ardite, silhouette destrutturate e maxi-loghi. In un mix di energia street e couture, Diesel ha riaffermato il suo ruolo di catalizzatore pop.
Nel frattempo, i fondatori di Sunnei, Loris Messina e Simone Rizzo, hanno annunciato il loro addio al brand durante la settimana stessa, segnando una svolta nel panorama emergente italiano.

Altri show
Le passerelle hanno oscillato tra minimalismo e teatralità.
Jil Sander, con il suo minimalismo storico, ha vissuto una fase di rinnovamento sotto la guida di Simone Bellotti, che ha reinterpretato i codici essenziali del brand con accenti contemporanei.
Roberto Cavalli, con Fausto Puglisi, ha portato in passerella abiti dorati, paillettes e dettagli lussuosi, evocando suggestioni da Cleopatra mescolate a vibrazioni bohémien.
Elisabetta Franchi ha abbracciato forme fluide e sperimentali, una collezione che si allontana dalle silhouette classiche per esplorare una dimensione più astratta, con frequenti inserti di frange.
Max Mara, con la serie “Max Mara Women”, ha proseguito la sua ricerca sulle figure storiche femminili, fondendo classicismo e modernità.
Giuseppe Di Morabito ha invece puntato sul teatro narrativo, trasformando la sua passerella in un racconto visivo suggestivo, tra romanticismo e decostruzione.

Il gran finale: Giorgio Armani, tributo e ultima collezione
Ma è stato Giorgio Armani a lasciare il segno più indelebile, con una chiusura che ha superato la dimensione della moda.
Nella Pinacoteca di Brera, la sua ultima collezione, completata prima della scomparsa, ha raccontato la quintessenza di un’estetica senza tempo: giacche leggere, abiti scivolati, palette di blu, verdi e grigi, e un’interpretazione emozionante di mezzo secolo di estetica sartoriale.
Lo show, seguito da una standing ovation, è stato molto più di una sfilata: un addio commosso e un testamento di stile.
La città intera ha salutato “Re Giorgio”, simbolo di un’eleganza che continuerà a vivere.

Tendenze emergenti e novità stilistiche
Durante la settimana, sono emersi alcuni temi ricorrenti e tendenze che probabilmente influenzeranno la stagione a venire:
- Nuovi direttori creativi: oltre a Demna in Gucci e Louise Trotter da Bottega Veneta, si percepisce un vento di cambiamento nella leadership di molte maison milanesi.
- Tessuti e tecniche miste: mix di materiali classici e innovativi, layering e dettagli testurizzati conferiscono movimento e profondità agli outfit.
- Moda come manifesto: diversi brand hanno portato in passerella temi sociali e riflessioni universali. Francesca Liberatore, ad esempio, ha trasformato la sua sfilata in un runway simbolico che richiama crisi globali e l’urgenza del cambiamento.
Volti del front row e ospiti celebri
Nel front row, tra le presenze più attese, Meryl Streep in Dolce & Gabbana ha fatto rivivere l’ombra di Miranda Priestly, accompagnata da Stanley Tucci. Con lei, Gwyneth Paltrow, Demi Moore, Cate Blanchett e Richard Gere hanno illuminato i saloni milanesi, trasformando ogni ingresso in un momento iconico.
Nei principali eventi legati alla moda e alla sostenibilità, come i CNMI Sustainable Fashion Awards, oltre al mondo fashion si sono unite personalità dello spettacolo, della cultura e della filantropia.

Una settimana tra memoria e futuro
La Milano Fashion Week SS26 ha mostrato una moda in bilico tra memoria e futuro.
Da un lato, il tributo a un gigante come Armani; dall’altro, l’energia di nuove direzioni creative che promettono di scrivere il prossimo capitolo. In questo equilibrio fragile, Milano resta fedele al suo ruolo: non solo capitale della moda, ma laboratorio di idee.
Chiude il sipario formale, ma la narrazione della settimana rimane aperta: nei feed social, nei commenti critici, nelle immagini che circolano e nei trend che iniziano a farsi strada.
La moda, come sempre, non si ferma: cambia pelle, si rigenera.

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