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MILANO. ISABEL GREEN AL TEATRO ELFO PUCCINI

Il fumo avvolge la stanza. Una stella scomposta, aguzza e tagliente, apre la scena, per accogliere la scintillante star di Hollywood Isabel Green. È la notte degli Oscar, e Isabel ha appena vinto il premio come “miglior attrice protagonista”. In mano, la statuetta d’oro sognata fin da bambina.

Con questa immagine inizia Isabel Green, spettacolo interpretato dall’affascinante Maria Pilar Pérez Aspa che, in un monologo affollato da pensieri incontrollabili, dalle tematiche – apparentemente-  sconnesse, racconta, con leggera e brillante ironia, la storia dell’ attrice Isabel Green – ovvero la storia di un sogno e di una vita dedicata a raggiungerlo.

Isabel riesce a trasportare fin da subito il pubblico nella sua dimensione, dove s’intrecciano numerosissime – e a tratti folli- riflessioni, finché s’ attorcigliano in un groviglio indistricabile; a contrappuntare questo flusso di coscienza c’è la regia precisa e originale di Serena Sinigaglia, in cui le scene – a cura di Maria Spazzi – variano grazie ai sapienti tagli di luce progettati di Alessandro Barbieri .

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<< In eterna “prestazione”, il tempo, tutto il tempo, diventa “produttivo”, una catena perversa che pare inarrestabile. La conseguenza naturale di un siffatto stato di cose è una stanchezza enorme, paradossale, simile alla morte.>>

Le parole di Serena Sinigaglia suggeriscono come il tema della stanchezza sia tra i più eloquenti di tutta la drammaturgia – a cura di  Emanuele Aldrovandi-, che in effetti fa riferimento alla “Società della stanchezza” – libricino di Byung-Chul Han- e, al contempo, alla disperata, straziante, stanchezza fisica e spirituale di Isabel.

La donna, impotente, rinchiusa nella gabbia invisibile creata dalla ambizione e dai doveri auto-imposti, è insieme vittima e carnefice.E d’un tratto l’impotenza di Isabel diventa l’impotenza di ogni essere umano: in questa danza febbrile, ci si trova catapultati nel ruolo di protagonisti, sconcertati dal <<paradosso delle nostre stesse vite>>.

Isabel sorprende, gioca con il pubblico e anche con se stessa, fino alla fine. Ma è un gioco macabro: lei non ha paura di nulla, è appesa ad un filo. Niente freni, niente filtri. Le sue parole – e le sue azioni – precipitano addosso come pietre, tolgono il fiato.

Lo spettacolo – una produzione Atir- è stato ospitato dal Teatro Elfo Puccini dal 23 al 28 gennaio, per la Stagione teatrale 2017/2018.

A seguire i prossimi appuntamenti al Teatro Elfo Puccini:

“Aspettando Godot”, per la regia di Alessandro Averone,  dal 30 gennaio al 4 febbraio 2018.

“L’acrobata”, di Elio De Capitani, in corso fino al 4 febbraio 2018.

“Mr Pùntila e il suo servo Matti”, regia e scene di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia, in corso fino all’ 11 febbraio 2018.

 

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