Milano: “City Poetry le macchine sensoriali” di Piero Fogliati
al Foro Buonaparte 68 in mostra fino al 9 giugno 2023
Milano: “City Poetry le macchine sensoriali” di Piero Fogliati.
Il 23 marzo sarà inaugurata “City Poetry, le macchine sensoriali” la mostra, presentata da Tempesta Gallery, che vuole attualizzare la figura dell’artista-ingegnere e riscoprire l’intero corpus di opere meccaniche di Piero Fogliati.
In un dialogo sul contemporaneo che la galleria si pone costantemente nella sua ricerca e riflessione affronta, attraverso le tematiche di Fogliati sull’ambiguità e la complessità del mondo, i contrasti attuali: la città industrializzata oggi megalopoli, lo sviluppo delle tecnologie e il conseguente processo di inaridimento della natura, mettendo in discussione il disegno del paesaggio ma anche la struttura urbana e i suoi modelli abitativi. Fogliati propone un appiglio, offre uno spunto per salvaguardare il “luogo” con l’immaginazione, é ancora percorribile oggi questa strada?
Il percorso espositivo si suddivide in tre aree sensoriali.
La prima sala, interamente dedicata ai lavori sonori ed iconici di Fogliati, é stata pensata per creare una vero e proprio dialogo con i rumori della città.
Si inizia con le macchine acustiche, gli Ermeneuti, due tubi in alpacca, leggermente curvi, in grado di modificare tutti i rumori esterni trasformandoli in un suono continuo sempre diverso e coinvolgente. Queste installazioni derivano direttamente dal progetto dell’Auditorium a rumore, che nell’ambito della Città Fantastica, sarebbe dovuto essere un ambiente-strumento correttore del fragore esterno. All’interno di questo ambiente si sarebbe dovuto udire il rumore esterno, nella sua totale complessità, filtrato e trasformato in un nuovo evento sonoro sempre variabile e unico. Segue Latomia, simile agli Ermeneuti, che si differenzia nelle modalità di produzione dell’esito sonoro. Costituita da un tubo ricurvo stavolta non sospeso ma appoggiato a terra e di differenti dimensioni. Per la Latomia utilizza diversi materiali e sperimenta produzioni sonore alternative inserendo alcuni liquidi quali l’acqua, l’olio e anche la glicerina. Il risultato è ottenuto dall’interazione della forma, del liquido e della quantità d’aria introdotta.
Segue il Fleximofono, o anche Scultura sonante, costituito da una serie di molle disposte con regolarità in acciaio armonico e fissate ad una lamiera appesa al soffitto. Questo permette che il lavoro presenti un duplice esito sonoro e visivo. Fogliati sostiene di aver scelto le molle perché aveva cominciato a tenere conto, nella scultura, “del fatto che doveva essere leggera fisicamente”. Si passa all’approccio visivo con l’Euritmia Evoluente. “Lo scopo dell’Euritmia evoluente è stato quello di riuscire a realizzare la visione di un corpo sospeso nel vuoto, dotato di un particolare movimento che non fosse rigido, ma un po’ impreciso e che desse l’impressione di vitalità”.
Seguono due dei lavori tra i più importanti dell’artista, che rivendicano altezze e volumi nella stanza, sono la macchina che respira, opera che maggiormente incarna l’utopia artistica dell’autore ovvero donare la vita alle macchine. Un’installazione essenziale e “minimale” nella sua meccanica composta da due parti fondamentali: un corpo produttore e due tubi ricevitori ed emettitori. L’altra opera è il campo autonomo che risuona come un direttore di orchestra in lungo e largo nello spazio creando sinfonie diverse. Nell’ambito della progettazione della Città Fantastica Fogliati aveva pensato di realizzare un congegno in grado di autoprogrammarsi in modo sempre variabile, così da non presentare mai un evento uguale a se stesso. Questo congegno, come una sorta di torre di controllo, avrebbe poi innescato le macchine garantendo la non ripetitività degli esiti di ciascun ambiente.
Protagonista della seconda sala è il rivelatore cromo cinetico, opera è costituita da un proiettore di luce sintetica che illumina una fune bianca elastica che oscillando mostra nel vuoto forme sferiche e geometrie colorate. Accanto prende posto il Reale Virtuale, costituito da un’ampolla di vetro finissimo soffiato a mano posta sopra un proiettore, appositamente costruito dall’artista, al cui interno sono stati inseriti 2 oggetti ma, come anticipa il titolo stesso, un oggetto è effettivamente reale, l’altro ne è la copia virtuale, equivalente ma speculare.
Il passaggio nella terza area, la rampa di scale che porta nel mezzanino, è accolto dal Prisma Meccanico composto da un proiettore di Luce Sintetica e da un supporto di alluminio a forma di disco dipinto di bianco, verticale, rotante su se stesso ad elevata velocità che raccoglie la luce e la riflette scomponendola nei suoi colori di composizione. Il disco bianco (appunto il “prisma meccanico”) si colora nelle tonalitá primarie dell’arancione, viola, verde, blu e il passaggio tra una e l’altra non è mai netta, ma avviene per sfumature. L’ultima opera, in ordine di visita, è una serie di Successioni Luminose in grado di disorientare lo spettatore e di stravolgere le leggi fisiche della “materia”: i fasci di luce puntano sul disco e, grazie al movimento, generano un effetto deformante e moltiplicatore che supera i confini delle forme che appaiono perfettamente intersecate. L’esito luminoso è l’impressione di osservare una scultura di luce che cambia forma e numero in successioni crescenti/decrescenti.
Piero Fogliati ha dedicato la sua vita alla ricerca sulla percezione, le sue ingegnose e poetiche installazioni, in cui l’arte é movimento, luce, retina e sensazioni, sono comprensibili solo se vissute. Nasce a Canelli nel 1930 ma sceglie Torino come casa. A partire dagli anni Cinquanta si dedica alle arti visive ma ben presto la sua passione per la scienza e la tecnologia prende il sopravvento, esplorando lo spettro percettivo e i fenomeni naturali, Fogliati costruisce macchine dotate di un’estetica sublime e raffinata connessa alla sfera visiva-acustica.
Riesce a coniugare bellezza e percezione, uomo e macchina che convivono in un luogo ideale: la Città Fantastica, un vasto progetto di interventi urbani in cui suoni, luci, elementi atmosferici ed ecosistemi idrogeologici si trasformano in esperienze estetiche e sensoriali.
Tempesta Gallery nasce nell’anno del possibile cambiamento, il 2020, con la volontà dichiarata di intraprendere un dialogo diretto, aperto e frontale sui rapporti tra esseri umani, la Natura e i vari ecosistemi socio-culturali. Tematiche urgenti e non rimandabili, dall’antropocene al genere, affrontate con una nuova modalità di confronto e raffronto tra epoche e momenti diversi della storia dell’arte. Un’innovativa linea progettuale, voluta da Elisa Bonzano ed Enrico Angelino alla guida della galleria dal 2022, che oltrepassa i confini dell’ambito espositivo per essere uno spazio polifunzionale, un luogo dinamico che illustra il dialogo con artisti contemporanei, italiani e internazionali, e con la città di Milano.
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