Zelensky a Roma tra diplomazia e pressioni internazionali: l’incontro con Papa Leone XIV e il faccia a faccia con Meloni.
Il presidente ucraino arriva in Italia dopo le tappe a Londra e Bruxelles: dialogo sulla pace con il Pontefice, confronto politico con la premier e un piano negoziale rivisto mentre aumentano le pressioni di Trump e le tensioni con l’Europa.
Zelensky a Roma tra diplomazia e pressioni internazionali: l’incontro con Papa Leone XIV e il faccia a faccia con Meloni.
Volodymyr Zelensky prosegue il suo tour europeo in uno dei momenti più delicati dall’inizio dell’invasione russa. Dopo le tappe a Londra e Bruxelles, il presidente ucraino è arrivato oggi in Italia per una doppia tappa simbolica e politica: in mattinata il colloquio con Papa Leone XIV a Castel Gandolfo, nel pomeriggio l’incontro a Palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni. Sullo sfondo, il negoziato per la pace, le pressioni del presidente americano Donald Trump e le frizioni crescenti tra Stati Uniti ed Europa sul modo di gestire la crisi.
Il tour europeo prima di Roma: Londra, Bruxelles e il fronte occidentale
La giornata romana di Zelensky arriva al termine di due tappe decisive. Lunedì il leader ucraino è stato a Londra, dove ha incontrato il primo ministro britannico Keir Starmer, il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Friedrich Merz, il nucleo più attivo del gruppo dei cosiddetti “Volenterosi”, il fronte europeo impegnato nel sostegno militare e politico a Kyiv.
Da Londra Zelensky è volato a Bruxelles, dove ha visto il segretario generale della Nato Mark Rutte, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa. Con loro ha discusso sia del quadro militare sul terreno sia della fase nuova, e ancora incerta, dei colloqui per una possibile tregua. In questo percorso, Roma rappresenta una tappa diversa, ma complementare: non solo capitale di un partner europeo importante, ma anche sede di un attore morale e diplomatico unico, il Vaticano.
L’arrivo a Castel Gandolfo e il faccia a faccia con il Papa
Alle 9.30 Zelensky è giunto a Castel Gandolfo, la residenza pontificia affacciata sui Castelli Romani, dove è stato ricevuto da Papa Leone XIV a Villa Barberini. Ad accoglierlo, il picchetto delle Guardie Svizzere e i rappresentanti della Casa pontificia. Il colloquio, riservato, è durato circa mezz’ora.
Al termine, i due si sono affacciati insieme dal balcone della residenza, salutando giornalisti e fotografi senza rilasciare dichiarazioni. Un gesto sobrio, ma dal forte valore simbolico: l’immagine del capo della Chiesa cattolica e del presidente di un Paese in guerra fianco a fianco, mentre il conflitto è arrivato al giorno 1.385, manda un messaggio di continuità nel sostegno morale e umano all’Ucraina.
Il Vaticano: dialogo, pace giusta e ritorno dei bambini
La Sala stampa vaticana, in un comunicato diffuso al termine dell’udienza, ha sintetizzato i contenuti del confronto: al centro, ancora una volta, la guerra in Ucraina e la ricerca di una “pace giusta e duratura”. Papa Leone XIV, si legge, ha ribadito “la necessità di continuare il dialogo” e ha espresso un “pressante auspicio” perché le iniziative diplomatiche in corso possano portare a un esito concreto sul fronte del negoziato.
Un passaggio centrale ha riguardato due dossier particolarmente sensibili: quello dei prigionieri di guerra e quello dei bambini ucraini deportati o trasferiti con la forza in Russia. Il Pontefice ha richiamato “la necessità di assicurare il ritorno dei bambini ucraini alle loro famiglie”, tema che nelle scorse settimane aveva già affrontato incontrando in Vaticano madri, mogli e parenti di soldati prigionieri e minori rientrati dalla Russia.
L’invito del presidente ucraino: “Papa Leone in Ucraina sarebbe un segnale potente”
Subito dopo il colloquio, Zelensky ha affidato a X e Telegram la sua lettura dell’incontro. “Ho invitato il Papa a visitare l’Ucraina. Sarebbe un forte segnale di sostegno per il nostro popolo”, ha scritto il presidente, sottolineando quanto Kyiv consideri cruciale il ruolo morale di Leone XIV e della Santa Sede.
Zelensky ha ringraziato il Pontefice per le “costanti preghiere per l’Ucraina e per il popolo ucraino” e per i ripetuti appelli a favore di “una pace giusta”. Ha poi rimarcato “l’assistenza umanitaria continua” del Vaticano e la “disponibilità ad ampliare le missioni umanitarie” sui territori maggiormente colpiti dal conflitto.
In particolare, il leader ucraino ha spiegato di aver informato il Papa degli “sforzi diplomatici con gli Stati Uniti per raggiungere la pace” e di aver discusso della “mediazione del Vaticano” per riportare a casa i bambini rapiti dalla Russia. “Sono grato a Sua Santità per tutti i suoi sforzi a sostegno dei giovani ucraini”, ha aggiunto, ribadendo la centralità del dossier umanitario nella strategia diplomatica di Kyiv.
I gesti simbolici: il presepe ucraino e il globo “Fratelli tutti”
Lo scambio di doni tra i due leader ha contribuito a fissare il tono dell’incontro. Zelensky ha consegnato al Papa un presepe realizzato nello stile artigianale ucraino, un omaggio che unisce tradizione religiosa e identità nazionale. Leone XIV ha ricambiato con una formella in bronzo che raffigura bambini impegnati a ricomporre un globo formato da tessere di puzzle, con la scritta “Fratelli tutti”, richiamo alla sua enciclica sulla fraternità universale.
Il piano di pace rivisto: da 28 a 20 punti
Mentre a Castel Gandolfo va in scena il dialogo con il Pontefice, sul tavolo diplomatico si consuma una partita più aspra. Zelensky ha confermato che il famoso piano dei 28 punti per la fine della guerra, proposto in origine dagli Stati Uniti, è stato “ridotto” a 20 punti dai negoziatori di Kyiv. Secondo quanto riportato dai media ucraini, sarebbero stati eliminati alcuni “punti ovviamente anti-ucraini”, giudicati inaccettabili da Kyiv.
Il presidente ha spiegato che esistono “lievi progressi” verso una possibile fine del conflitto e che il piano aggiornato dovrebbe essere inviato alla Casa Bianca proprio oggi. Tra le ipotesi circolate nelle ultime ore figura quella di una rinuncia al Donetsk da parte ucraina, a patto che l’area non finisca sotto controllo diretto di Mosca, ma venga trasformata in una zona cuscinetto smilitarizzata sotto tutela delle Nazioni Unite. Una soluzione che, almeno per ora, non sembra entusiasmare Washington e che resta oggetto di trattativa serrata.
Le pressioni di Trump e il nodo delle concessioni territoriali
A complicare ulteriormente il quadro è la posizione del presidente americano Donald Trump. Secondo quanto riferito da fonti ucraine ad Axios, la Casa Bianca starebbe esercitando forti pressioni su Kyiv perché accetti il piano così com’è, incluse le perdite territoriali e le concessioni ritenute più favorevoli a Mosca.
Trump ha assunto toni duri nei confronti del leader ucraino, sostenendo che “quando stai perdendo, devi iniziare ad accettare le cose” e che l’Ucraina “sta perdendo” la guerra, avendo già ceduto “una grande fascia costiera” e altro “territorio buono”. Ha inoltre rilanciato l’idea che sia “arrivato il momento” per Kyiv di tenere elezioni, accusando il governo di usare la guerra come “pretesto” per rinviare il voto, pur ammettendo che non sa chi vincerebbe e che Zelensky potrebbe anche essere riconfermato.
L’Europa e la Nato: “Ucraina forte sul campo e al tavolo del negoziato”
Dopo l’incontro con Zelensky a Bruxelles, Ursula von der Leyen e Antonio Costa hanno ribadito via social che l’Unione europea “continuerà a contribuire a tutti gli sforzi per una pace giusta e duratura”. L’obiettivo, hanno sottolineato, è un’Ucraina “forte sul campo di battaglia e al tavolo dei negoziati”, con la sua sovranità rispettata e la sua sicurezza garantita a lungo termine come “prima linea di difesa” della stessa Unione.
Queste dichiarazioni arrivano mentre sul fronte transatlantico si manifestano tensioni sempre più visibili: l’asse Washington-Mosca preoccupa le capitali europee, e lo stesso Costa ha avvertito che “gli alleati devono fare gli alleati”, rifiutando ogni “interferenza” nelle decisioni europee.
Dall’altra parte Mosca, infatti, continua a guardare con sospetto alle mosse occidentali. Dmitriev, rappresentante speciale di Vladimir Putin e capo del Fondo russo per gli investimenti diretti, ha accusato Unione europea e Regno Unito di “sabotare” il possibile accordo di pace, convincendo l’Ucraina a continuare le ostilità.
La linea italiana: sostegno militare e aiuti energetici a Kyiv
Nel pomeriggio Zelensky è accolto a Palazzo Chigi da Giorgia Meloni, con cui ha già avuto ieri una lunga conversazione telefonica e una videoconferenza con altri leader europei per fare il punto sul percorso di pace alla luce degli ultimi contatti tra delegazioni americane e ucraina.
La linea di Roma resta quella di una “pace giusta e duratura” fondata sull’unità di vedute tra partner europei e Stati Uniti. Meloni intende ribadire a Zelensky l’impegno italiano sul piano militare anche per il 2026, sebbene il decreto che autorizza la prosecuzione delle forniture di armamenti debba ancora approdare in Consiglio dei ministri. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha, però, garantito che il provvedimento “si farà” e che “non c’è dubbio” sulla linea di sostegno all’Ucraina.
Parallelamente, Palazzo Chigi e Farnesina stanno predisponendo l’invio in Ucraina di generatori prodotti da aziende italiane, destinati a fronteggiare l’emergenza energetica causata dagli attacchi russi contro centrali e infrastrutture. Nel colloquio con Zelensky, Meloni ha già annunciato la spedizione di “forniture di emergenza a sostegno delle infrastrutture energetiche e della popolazione”.
Le parole di Zelensky su Meloni: “molto lavoro ancora da fare insieme”
Zelensky, commentando su X la conversazione con la premier, ha parlato di un “colloquio molto approfondito” in cui sono stati esaminati “i risultati del nostro impegno con la parte americana, nonché le prospettive e le sfide attuali”. Ha ringraziato Roma per l’attenzione agli “sforzi diplomatici” e per il sostegno alle infrastrutture energetiche ucraine, sottolineando che “c’è ancora molto lavoro da fare insieme per garantire che la Russia si impegni realmente a porre fine alla guerra”.
Secondo il presidente ucraino, l’Italia riconosce “la necessità di una reale sicurezza e di prevenire lo scoppio di nuove guerre”.
Roma, crocevia tra diplomazia spirituale e calcolo geopolitico
La giornata romana di Zelensky, sospesa tra l’abbraccio morale di Papa Leone XIV e il pragmatismo politico di Palazzo Chigi, mette in luce la natura ibrida di questa fase del conflitto: non più solo guerra di posizione sul campo, ma guerra di proposte, bozze di accordo, “piani rivisti” e pressioni incrociate su chi dovrà, alla fine, firmare il compromesso.
La Santa Sede insiste su una “pace giusta e duratura” che non riduca il negoziato a una mera resa del più debole, e pone al centro le vittime invisibili, a partire dai prigionieri e dai bambini deportati. L’Europa rivendica il proprio sostegno a Kyiv e ai suoi leader, respingendo l’immagine di un continente “debole” e senza strategia. Washington, e in particolare Trump, spinge invece per una soluzione che accorci i tempi e consolidi di fatto i guadagni territoriali di Mosca, anche a costo di chiedere a Zelensky sacrifici difficili da far accettare alla propria opinione pubblica.
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