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Un anno senza Alberto Trentini, il cooperante italiano detenuto in Venezuela. La madre: “per mio figlio non si è fatto ciò che era doveroso”.

A 365 giorni dall’arresto del 46enne, operatore di Humanity & Inclusion, la famiglia rompe il silenzio: “Fino ad agosto nessun contatto tra Roma e Caracas”.

Un anno senza Alberto Trentini, il cooperante italiano detenuto in Venezuela. La madre: “per mio figlio non si è fatto ciò che era doveroso”.

Il punto dopo 365 giorni: indignazione e richiesta di verità

Sabato 15 novembre 2025, nella sala stampa del Comune di Milano, la madre di Alberto Trentini, Armanda Colusso, ha scelto di trasformare la speranza in un appello pubblico. “La pazienza è finita. Non si è fatto ciò che era doveroso fare”, ha detto con voce ferma, ricordando che “fino ad agosto il governo italiano non aveva ancora avuto alcun contatto con le autorità venezuelane”. Il figlio è, infatti, detenuto da un anno nel carcere di El Rodeo I, nei pressi di Caracas, con accuse mai formalizzate oltre una generica imputazione di “cospirazione”.

In dodici mesi, racconta Colusso, ci sono state tre telefonate della premier Giorgia Meloni, due incontri con il sottosegretario Alfredo Mantovano e un dialogo costante con l’inviato speciale per i detenuti italiani in Venezuela, Luigi Maria Vignali. Sottolinea che, però, “per Alberto non si è fatto ciò che era doveroso”.

Dal silenzio “necessario” alla mobilitazione pubblica

All’inizio, riferisce la famiglia, fu chiesto “silenzio” per non danneggiare la posizione del cooperante. “Ci siamo fidati e abbiamo operato in silenzio. Ma non potendo continuare a essere ignorati, con il nostro benestare è stata fatta un’interrogazione parlamentare”, spiega Colusso. Oggi, la strategia cambia: parlare diventa un dovere. “Solo una forte pressione mediatica può convincere chi ha il potere ad agire e riportarlo finalmente a casa”.

Chi è Alberto Trentini e perché si trovava in Venezuela

Alberto Trentini, 46 anni, originario del Lido di Venezia, è un operatore umanitario in contesti di crisi internazionali. In Venezuela lavorava come coordinatore per la ONG Humanity & Inclusion, impegnata nell’assistenza alle persone con disabilità.
Il 15 novembre 2024, mentre si spostava da Caracas a Guasdualito per motivi di servizio, viene fermato e poi arrestato: da allora è recluso a El Rodeo I in condizioni descritte come isolate e con accesso limitato alla famiglia, ai legali e ai rappresentanti consolari.

Le voci dalla conferenza stampa: istituzioni, giornalisti, società civile

L’incontro milanese, coordinato dal presidente di Articolo 21 Beppe Giulietti, ha visto la partecipazione – tra gli altri – della legale di famiglia Alessandra Ballerini, del sociologo Nando Dalla Chiesa, dell’ex magistrato Gherardo Colombo, dei giornalisti Carlo Verdelli e Fabio Fazio, della presidente del Consiglio comunale Elena Buscemi (“Rinnoviamo l’impegno del Comune”), dei genitori di Giulio Regeni e di quelli del fotoreporter Andrea Rocchelli. Una platea simbolica, che unisce impegno civile, mondo dell’informazione e giustizia.

Alberto ci manca ogni giorno”, ha ripetuto la madre. “Mio marito non sta bene. Abbiamo vissuto notti insonni a immaginare come sta Alberto e di cosa ha paura. Gli è stato tolto un anno di vita: Natale, Pasqua, il compleanno, le passeggiate, la musica, perfino la possibilità di leggere. In cella ha trovato un paio di occhiali per tentare di studiare e rimanere lucido.
Oggi non ci deve essere sofferenza, solo informazione. Sono convinta che solo parlando con voi giornalisti potremo ottenere aiuto”.

L’appello finale di Armanda Colusso è un invito alla mobilitazione civica: “Alberto ha dedicato la sua vita agli altri, ora è lui ad aver bisogno di voi: scrivete, parlatene, insistete, perché chi deve decidere lo faccia senza più tentennamenti

Tre telefonate in un anno: frammenti di voce oltre il muro

Secondo quanto ricostruito dalla famiglia, Alberto è riuscito a chiamare tre volte in dodici mesi. Una prima, brevissima, dopo parecchi mesi dall’arresto; una seconda circa otto mesi dopo, con preoccupazioni per la salute e inviti a non perdere la speranza; l’ultima il 10 ottobre 2025, quando ha rassicurato i genitori e li ha esortati a “prendersi cura l’uno dell’altro”.

Una testimonianza indiretta – quella di un ex compagno di cella svizzero – descrive il carcere con celle di 2×2 metri condivise da due persone e condizioni igieniche difficili. Lo stesso racconto sottolinea come la Svizzera abbia negoziato e ottenuto il rientro del proprio connazionale, così come USA, Colombia e altri Paesi hanno riportato a casa alcuni cittadini detenuti a Caracas. Da qui il monito della famiglia: servono canali efficaci e determinazione.

Diritti umani e quadro legale: le richieste di Amnesty e IACHR

La detenzione di Trentini è inquadrata dalle organizzazioni per i diritti umani come arbitraria e parte di un contesto più ampio di sparizioni forzate e repressione in Venezuela. Amnesty International denuncia l’assenza di un giusto processo e i rischi di maltrattamenti. La Commissione Interamericana per i Diritti Umani (IACHR) ha chiesto misure cautelari: conferma del luogo di detenzione, contatti regolari con i familiari, assistenza medica e definizione delle accuse. Finora, secondo la ricostruzione familiare, nessuna risposta sostanziale è giunta da Caracas.

Diplomazia difficile tra Roma e Caracas

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani assicura che l’Italia “è sempre al lavoro” per i connazionali detenuti.  Resta, però, un quadro complesso: i rapporti bilaterali con il governo Maduro sono freddi, l’Italia, infatti, non ha riconosciuto la legittimità delle ultime elezioni venezuelane.

Per Alessandra Ballerini, legale della famiglia, lo Stato italiano deve “agire come se Alberto fosse un figlio loro”, spingendo su ogni canale disponibile. Il mancato riconoscimento delle elezioni e la rigidità dei rapporti non hanno reso “fluidi” i contatti con il governo venezuelano, che utilizza ostaggi stranieri per acquisire legittimità politica a livello internazionale. La diplomazia vaticana è stata attivata, così come reti della società civile: ogni spiraglio può trasformarsi in un canale.

Che cosa può succedere adesso

Il dossier Trentini resta in bilico tra trattativa diplomatica e pressione dell’opinione pubblica. L’auspicio della famiglia e dei sostenitori è che l’attenzione mediatica – unita a iniziative istituzionali mirate e a mediazioni internazionali – possa sbloccare lo stallo e aprire a un rilascio o a misure alternative alla detenzione in attesa di chiarire la posizione del cooperante.

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