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Ue, vertice notturno e svolta su Kiev: via libera al prestito da 90 miliardi, accantonati gli asset russi.

Dopo ore di negoziati l’Unione europea trova l’unanimità sul debito comune per sostenere l’Ucraina nel 2026-2027. Meloni: “Ha prevalso il buon senso”.

Ue, vertice notturno e svolta su Kiev: via libera al prestito da 90 miliardi, accantonati gli asset russi.

Al termine di una delle notti più lunghe e politicamente dense degli ultimi anni, l’Unione europea ha trovato la sintesi su uno dei dossier più sensibili del conflitto ucraino. Dopo ore di negoziati, tensioni sotterranee e veti incrociati, i Ventisette hanno scelto la strada dell’unanimità, decidendo di sostenere Kiev nel biennio 2026-2027 con un prestito da 90 miliardi di euro finanziato attraverso debito comune. Una soluzione che, nelle parole della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, rappresenta la vittoria del “buon senso” e del pragmatismo, oltre che di una linea giuridicamente e finanziariamente solida.

Il nodo degli asset russi e la frenata finale

Ha prevalso la volontà di sostenere l’Ucraina, ma non la strategia indicata nei giorni precedenti dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e dal cancelliere tedesco Friedrich Merz, favorevoli all’utilizzo diretto dei beni russi congelati. Nel corso della lunga notte negoziale, quella impostazione ha progressivamente perso consenso fino a essere accantonata, lasciando spazio a una soluzione considerata più solida e condivisa. Una scelta che ha segnato un chiaro ridimensionamento della linea più interventista, in nome del pragmatismo, della stabilità finanziaria e del rispetto del diritto internazionale, e che ha certificato la difficoltà di trasformare gli asset russi in uno strumento immediato di finanziamento senza rischi politici e giuridici per l’Unione europea.

Le resistenze interne e il peso dei governi scettici

Il premier belga Bart De Wever non ha mai dato segnali di cedimento, mantenendo una posizione ferma sulla tutela del diritto internazionale e della sicurezza giuridica. Accanto al Belgio, le perplessità di Italia, Bulgaria, Malta e Repubblica Ceca sono rimaste compatte fino all’ultimo. Nel frattempo, Viktor Orbán e Robert Fico hanno continuato a lavorare ai fianchi del negoziato, nel tentativo di far deragliare una soluzione che avrebbe potuto innescare una reazione durissima di Mosca. In questo contesto, il pressing di Merz e von der Leyen ha progressivamente perso forza, lasciando spazio a un’alternativa più condivisa.

Il piano B prende forma: il prestito da 90 miliardi

Sul tavolo dei Ventisette ha così preso corpo il cosiddetto piano B: un prestito da 90 miliardi di euro finanziato sui mercati dei capitali e garantito dal Quadro finanziario pluriennale dell’Unione europea. Una scelta che consentiva di garantire risorse immediate all’Ucraina senza violare i principi del diritto internazionale. L’ostacolo principale restava, però, l’unanimità necessaria per l’approvazione. Proprio quando la trattativa sembrava arenarsi, è arrivato il secondo colpo di scena della notte.

Opt-out e accordo lampo all’alba

Praga, Bratislava e Budapest hanno aperto alla soluzione, ponendo una condizione chiave: la possibilità di un opt-out, ovvero di non partecipare direttamente al prestito per Kiev. Una richiesta che ha permesso di sbloccare l’impasse. A notte fonda, i Ventisette si sono riuniti nuovamente e, in meno di un’ora, hanno trovato l’intesa definitiva. Un epilogo rapido, quasi inatteso, dopo una maratona negoziale durata oltre diciotto ore.

Asset congelati, ma non dimenticati

La decisione finale non archivia il tema dei beni russi congelati, ma ne rinvia l’utilizzo diretto. Gli asset rimarranno immobilizzati fino a quando Mosca non avrà pagato i risarcimenti dovuti all’Ucraina. In caso contrario, l’Unione europea si riserva la possibilità di ricorrervi, nel pieno rispetto del diritto internazionale, per rimborsare il prestito concesso a Kiev. Una clausola che mantiene aperta una leva di pressione politica e finanziaria sulla Russia.

Meloni: “soluzione solida e sostenibile”

Giorgia Meloni ha rivendicato il risultato ottenuto. “Sono contenta che si sia riusciti a garantire le risorse necessarie con una soluzione che ha una base solida sul piano giuridico e finanziario”, ha dichiarato la premier, sottolineando come abbiano prevalso buon senso, pragmatismo e stabilità. Una linea che, nei fatti, ha segnato una battuta d’arresto per la strategia sostenuta nei giorni precedenti da von der Leyen e Merz.

Le reazioni internazionali e la risposta di Kiev

Da Kiev è arrivato un messaggio di forte apprezzamento. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ringraziato i leader europei per il sostegno finanziario, definendolo “significativo” e capace di rafforzare la resilienza del Paese. Zelensky ha inoltre sottolineato l’importanza di mantenere immobilizzati i beni russi e di garantire all’Ucraina una sicurezza finanziaria per i prossimi anni, parlando di un’unità europea che difende il futuro del continente.

Mosca all’attacco: “sconfitti von der Leyen e Merz”

Di segno opposto la reazione russa. Kirill Dmitriev, capo del Fondo russo per gli investimenti diretti e rappresentante speciale del Cremlino, ha definito la scelta dell’Ue una sconfitta politica per la presidente della Commissione e per il cancelliere tedesco, arrivando a invocarne le dimissioni. Secondo Mosca, la decisione rappresenterebbe una vittoria del diritto internazionale e del buon senso contro tentativi definiti illegali di colpire le riserve russe.

Un’Europa unita, tra realismo e compromesso

Alla fine, il Consiglio europeo ha consegnato l’immagine di un’Unione capace di trovare una sintesi anche nei momenti più complessi. Ha prevalso la volontà di sostenere l’Ucraina senza forzare i confini del diritto internazionale, rinunciando a una soluzione divisiva in favore di un compromesso condiviso. Una notte lunga, faticosa, ma decisiva, che ha confermato come, tra realismo e pragmatismo, l’Europa sappia ancora ritrovare l’unità quando la posta in gioco riguarda il futuro del continente.

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