Trump vieta gli studenti stranieri ad Harvard: “Ambiente pro-terrorismo e collusione con la Cina”.
Il presidente degli Stati Uniti revoca la certificazione per l’ammissione internazionale all’ateneo simbolo del liberalismo. Espulsione per 6.800 studenti stranieri. Harvard insorge: "Mossa illegale, ci opporremo in tribunale".
Con un colpo di penna, l’amministrazione Trump ha scatenato uno dei più duri attacchi mai visti contro l’università di Harvard, simbolo dell’élite accademica americana e baluardo del pensiero liberal. Il Dipartimento della Sicurezza interna, guidato dalla segretaria Kristi Noem, ha ufficializzato la revoca della certificazione che consente all’ateneo di accogliere studenti internazionali, sospendendo la sua partecipazione al Student and Exchange Visitor Program. La decisione colpisce direttamente i circa 6.800 studenti stranieri attualmente iscritti a Harvard, che rappresentano il 27% del corpo studentesco: ora dovranno lasciare il Paese o cercare rifugio in altre università.
La misura, giustificata con l’accusa di «ambienti ostili e insicuri» all’interno del campus, è stata motivata da una lunga serie di denunce: la presunta presenza di “agitatori filo-terroristi”, episodi di antisemitismo, una presunta collusione con il Partito Comunista Cinese e la mancata collaborazione dell’università nell’identificare gli studenti coinvolti in proteste antiamericane. Le autorità federali hanno imposto un ultimatum: Harvard avrà 72 ore di tempo per fornire dati completi, inclusi video e audio, sulle attività degli studenti stranieri negli ultimi cinque anni. In caso contrario, il divieto resterà in vigore.
L’ennesimo fronte della “guerra culturale” trumpiana
Il provvedimento segna un’escalation senza precedenti nella crociata del presidente Trump contro le università statunitensi considerate focolai di progressismo e dissenso. Già da mesi la Casa Bianca ha preso di mira Harvard, minacciandone l’autonomia con tagli ai finanziamenti federali (pari a 2,6 miliardi di dollari) e accusandola apertamente di promuovere «odio e stupidità» attraverso i programmi DEI (Diversità, Equità, Inclusione), ora smantellati in molte strutture pubbliche sotto pressione governativa.
La revoca della certificazione per gli studenti stranieri rappresenta però un punto di rottura drammatico: una decisione che ha implicazioni accademiche, economiche e diplomatiche. Harvard, fondata nel 1636, è non solo la più antica università americana, ma anche un motore fondamentale di ricerca scientifica globale, in larga parte alimentato dalla comunità internazionale. Secondo i dati ufficiali, gli studenti internazionali pagano fino a 87.000 dollari l’anno in tasse, vitto e alloggio: il provvedimento mette dunque a rischio anche una delle principali fonti di autofinanziamento dell’ateneo.
Harvard: «Provvedimento illegale, danno incalcolabile»
L’università ha reagito con fermezza. In una nota ufficiale, il portavoce Jason Newton ha definito la mossa «illegale, ritorsiva e pericolosa». «Questa decisione – ha dichiarato – rappresenta una minaccia per la nostra comunità e per l’intero Paese. Gli studenti internazionali non solo arricchiscono la nostra università, ma contribuiscono in modo essenziale alla ricerca scientifica, al dibattito culturale e all’economia americana». L’ateneo ha annunciato di essere pronto a un nuovo ricorso legale, dopo aver già intrapreso azioni giudiziarie contro la Casa Bianca per il congelamento dei fondi e le pressioni sulle politiche accademiche.
Un precedente pericoloso
La Fondazione per i diritti individuali e l’espressione ha criticato duramente il provvedimento, parlando di un “passo verso uno Stato di sorveglianza”. Anche gli Harvard College Democrats hanno condannato l’iniziativa come «autoritarismo da manuale». Altri temono che il blocco degli studenti stranieri possa innescare un effetto domino, minacciando la reputazione e l’attrattività internazionale dell’intero sistema universitario americano. Alcuni rettori hanno già chiesto un intervento del Congresso.
Harvard vs Trump: in gioco l’autonomia accademica
La crisi tra Harvard e l’amministrazione Trump è ormai un caso politico di portata nazionale. In ballo non ci sono solo migliaia di studenti e docenti, ma il futuro stesso dell’indipendenza accademica negli Stati Uniti. La decisione di revocare l’ammissione agli studenti stranieri è molto più di una misura amministrativa: è un gesto simbolico, un avvertimento alle università, e forse il segnale di una trasformazione profonda del rapporto tra potere politico e sapere negli Stati Uniti contemporanei.
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