Trump riapre il dossier dazi: verso la distensione con Pechino, ma la Cina smentisce. Possibile incontro con l’Ue a Roma.
Mentre Trump annuncia aperture alla Cina e valuta tagli tariffari, Pechino nega ogni trattativa. Intanto dodici Stati Usa lo citano in giudizio. L’Ue studia un faccia a faccia con il tycoon a margine dei funerali di Papa Francesco.
Trump riapre il dossier dazi: verso la distensione con Pechino, ma la Cina smentisce. Possibile incontro con l’Ue a Roma.
Mentre Trump annuncia aperture alla Cina e valuta tagli tariffari, Pechino nega ogni trattativa. Intanto dodici Stati Usa lo citano in giudizio. L’Ue studia un faccia a faccia con il tycoon a margine dei funerali di Papa Francesco.
WASHINGTON – La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina torna sotto i riflettori dopo le dichiarazioni distensive di Donald Trump. Il presidente americano ha fatto sapere di essere pronto a ridurre “sostanzialmente” i dazi sulle importazioni cinesi, assicurando che sarà “molto gentile” nei prossimi colloqui. Una mossa che ha fatto volare le borse e restituito fiducia ai mercati, ma che ha trovato la ferma smentita di Pechino.
“Nessuna trattativa è in corso”, ha dichiarato He Yadong, portavoce del Ministero del Commercio cinese, bollando come “speculazioni” le notizie di aperture negoziali. Gli ha fatto eco il portavoce del Ministero degli Esteri Guo Jiakun: “Non ci sono consultazioni né accordi in corso. Combatteremo, se necessario. Ma siamo aperti al dialogo, purché equo e rispettoso”.
Nel frattempo, Trump studia modifiche mirate alle tariffe: secondo il Financial Times, il presidente intende esentare le case automobilistiche da alcune delle imposte più alte, tra cui quelle sui componenti auto, sull’acciaio e sull’alluminio. Restano però in vigore dazi del 25% su tutte le auto prodotte all’estero, e un ulteriore 25% sui componenti scatterà il 3 marzo. Un’esenzione accolta con favore dalle aziende del settore dopo mesi di pressing a Washington.
Il segretario al Tesoro Scott Bessent ha confermato l’assenza di contatti ufficiali con la Cina, ma ha ammesso che “i livelli tariffari attuali non sono sostenibili” e che si lavora a un piano che possa ridurre le tariffe al 50-65%. Un’altra ipotesi prevede dazi differenziati: 35% sui beni non strategici, 100% su quelli considerati critici per la sicurezza nazionale.
A complicare il quadro, arriva una nuova grana interna: dodici Stati americani hanno intentato causa contro Trump, accusandolo di abuso di potere per aver imposto dazi senza il consenso del Congresso. “Le tariffe sono illegali”, sostengono i querelanti, che si sono rivolti alla Corte Suprema per bloccare le misure.
Non solo Cina. Sul fronte europeo, si apre uno spiraglio diplomatico. Sabato 26 aprile, a margine dei funerali di Papa Francesco a Roma, potrebbe tenersi un primo scambio tra Trump e la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. “Non escludiamo un incontro”, ha detto una portavoce di Bruxelles. Anche un semplice saluto informale potrebbe diventare l’occasione per impostare un’agenda comune per i prossimi mesi.
Tuttavia, i rapporti tra Ue e Usa restano tesi. In risposta all’approccio duro di Trump su Big Tech, Bruxelles ha multato Apple per 500 milioni e Meta per 200 milioni di euro per violazioni al Digital Markets Act. Un segnale forte, interpretato come un avvertimento a Washington. Trump, che ha fatto della difesa della Silicon Valley una bandiera, potrebbe ora dover mediare tra le richieste europee e gli interessi delle multinazionali Usa.
Nel frattempo, anche Xi Jinping ha preso la parola: “Non ci sono vincitori nelle guerre tariffarie”, ha dichiarato durante un incontro con il presidente keniota William Ruto a Pechino. Un richiamo alla cooperazione internazionale in un momento in cui la tensione tra le superpotenze minaccia di riaccendersi.
Il prossimo capitolo di questa complessa partita commerciale potrebbe giocarsi a Roma, in un contesto tanto simbolico quanto politico. E il mondo intero osserva con attenzione.
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