Trump contro Ramaphosa alla Casa Bianca: scintille sul presunto “genocidio dei bianchi” in Sudafrica.
Il presidente USA accusa il Sudafrica di persecuzioni contro gli afrikaner: proietta video shock e annuncia stop agli aiuti. Ramaphosa nega e cerca di difendere la riforma agraria. Atmosfera tesa nello Studio Ovale.
Trump contro Ramaphosa alla Casa Bianca: scintille sul presunto “genocidio dei bianchi” in Sudafrica.
Il presidente USA accusa il Sudafrica di persecuzioni contro gli afrikaner: proietta video shock e annuncia stop agli aiuti. Ramaphosa nega e cerca di difendere la riforma agraria. Atmosfera tesa nello Studio Ovale.
Un incontro diplomatico ad alta tensione quello tra il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa, avvenuto nello Studio Ovale della Casa Bianca. Al centro del colloquio il controverso tema delle violenze nei confronti degli afrikaner, la minoranza bianca di origine europea in Sudafrica, in particolare gli agricoltori, al centro delle accuse di “genocidio” sollevate negli ultimi mesi dall’amministrazione statunitense.
Un’accusa diretta: “Uccidete i bianchi e gli togliete le terre”
Fin dall’inizio dell’incontro, trasmesso in diretta streaming, Trump ha accusato Ramaphosa di non fare abbastanza per proteggere gli agricoltori bianchi. “Le loro terre vengono espropriate, loro vengono uccisi e il governo non fa nulla”, ha dichiarato Trump, che ha poi mostrato un video di circa quattro minuti con immagini e testimonianze shock su violenze e presunte persecuzioni contro la popolazione afrikaner.
Il presidente sudafricano, visibilmente imbarazzato, ha negato con fermezza le accuse: “In Sudafrica c’è criminalità, ma riguarda tutte le etnie. Non c’è nessun genocidio in corso”, ha replicato. Ramaphosa ha poi invitato Trump ad ascoltare le testimonianze dei cittadini sudafricani presenti, sottolineando che le violenze avvengono in un contesto complesso e non sono frutto di una politica governativa.
La questione degli espropri
L’incontro è stato dominato anche dal tema della riforma agraria in Sudafrica. A gennaio, Ramaphosa ha firmato una legge che consente l’esproprio di terreni privati senza indennizzo se ritenuto necessario per l’interesse pubblico, con l’obiettivo di correggere gli squilibri ereditati dall’apartheid. Attualmente, meno del 10% della popolazione – i bianchi – possiede il 75% dei terreni agricoli.
Trump ha definito la legge “razzista” e, in risposta, il 7 febbraio ha firmato un ordine esecutivo per tagliare tutti gli aiuti finanziari al Sudafrica. A marzo, l’amministrazione americana ha anche espulso l’ambasciatore sudafricano da Washington.
Tensioni diplomatiche e fallito tentativo di distensione
Ramaphosa, ex negoziatore di Nelson Mandela, era giunto a Washington per ricucire i rapporti e rilanciare le relazioni economiche bilaterali, con gli Stati Uniti che rappresentano il secondo partner commerciale del Sudafrica. Per ammorbidire l’incontro, aveva portato con sé i celebri golfisti Ernie Els e Retief Goosen, entrambi afrikaner, sperando di creare un clima disteso sfruttando la nota passione di Trump per il golf. Ma i tentativi sono naufragati quando il presidente americano ha insistito sulla questione degli afrikaner rifugiati: “Ne abbiamo accolti già 49 e altri sono in arrivo. Sono perseguitati”.
Presente nell’incontro anche Elon Musk, imprenditore nato in Sudafrica, oggi stretto consigliere di Trump. Musk ha sostenuto le tesi presidenziali, affermando che non gli è stato concesso di attivare il suo servizio satellitare Starlink nel Paese a causa della sua origine bianca.
Tensione stemperata a fatica
Alla fine, Ramaphosa ha cercato di sdrammatizzare: “Mi spiace non avere un aereo da regalarti”, ha scherzato, alludendo al Boeing 747 donato recentemente al Pentagono dal Qatar. La risposta del presidente USA non si è fatta attendere: “Lo prenderei volentieri”.
Lo scontro tra i due presidenti, pur non sfociato in una rottura diplomatica formale, ha rivelato la profondità delle divergenze ideologiche tra Washington e Pretoria. Resta incerto il futuro delle relazioni bilaterali, appesantite da un clima di sospetto e incomprensioni reciproche.
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