Tripoli sotto assedio: violenti scontri tra milizie, italiani in attesa di evacuazione.
Dopo l’uccisione del comandante Ghaniwa, esplode la violenza nella capitale libica. Lealisti di Dbeibeh contro forze islamiste. Fragile tregua, ma la tensione resta altissima. Tajani: «Nessun italiano è in pericolo, evacuazioni in corso».
Tripoli sotto assedio: violenti scontri tra milizie, italiani in attesa di evacuazione.
Dopo l’uccisione del comandante Ghaniwa, esplode la violenza nella capitale libica. Lealisti di Dbeibeh contro forze islamiste. Fragile tregua, ma la tensione resta altissima. Tajani: «Nessun italiano è in pericolo, evacuazioni in corso».
Tripoli, la capitale della Libia, è piombata di nuovo nel caos. Da lunedì sera, violenti scontri tra milizie rivali stanno devastando la città, riportando alla memoria i momenti più tragici della guerra civile che dilaniò il Paese nel 2011 e il successivo assedio della capitale da parte delle truppe del generale Khalifa Haftar nel 2019. Stavolta, al centro del conflitto vi sono tensioni personali tra capi miliziani, rivalità politiche alimentate da potenze straniere e la fragilità del Governo di unità nazionale (Gun) guidato da Abdulhamid Dbeibeh.
Scontri tra milizie: la città paralizzata
Nella notte tra lunedì e martedì, la morte di Abdelghani al-Kikli, noto come “Ghaniwa” e comandante dell’Apparato di Supporto e Stabilità, ha innescato un’escalation di violenze tra gruppi armati rivali. L’uomo sarebbe stato assassinato da membri della Brigata 444, alleata del Gun, guidata da Mahmoud Hamza. Un regolamento di conti che ha innescato combattimenti con armi pesanti per le strade della capitale, dal centro alle periferie, fino ai villaggi circostanti. Almeno sei le vittime confermate, decine i feriti.
I combattimenti hanno raggiunto zone sensibili della città: ambasciate, alberghi di lusso, sedi di ministeri. L’ambasciata italiana, situata nei pressi del lungomare, non è stata coinvolta direttamente negli scontri, ma il personale diplomatico è rimasto asserragliato all’interno dell’hotel Waddan, ritenuto relativamente sicuro. “La situazione è grave, ci sono stati spari ed esplosioni per tutta la notte”, ha dichiarato l’ambasciatore Gianluca Alberini, in costante contatto con la Farnesina e con i cittadini italiani presenti nel Paese.
Tregua fragile, ma le tensioni restano
Dopo oltre 48 ore di violenze, il Ministero della Difesa libico ha annunciato un cessate il fuoco nella giornata di mercoledì, nel tentativo di “proteggere i civili e le istituzioni dello Stato ed evitare un’ulteriore escalation”. Tuttavia, la tregua si è rivelata subito fragile. Poche ore dopo l’annuncio, centinaia di manifestanti si sono radunati davanti alla residenza del premier Dbeibeh e alla sede dell’ex Apparato di Supporto alla Stabilità, ora occupata dalla Brigata 444. Le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco sui dimostranti, alimentando nuovamente la tensione.
Secondo il Ministero dell’Interno del Gun, la situazione è “sotto controllo”, ma gli abitanti riferiscono di una città paralizzata, deserta, come sotto coprifuoco. L’aeroporto di Tripoli è chiuso, i voli vengono dirottati su Misurata, dove si prevede anche l’evacuazione degli italiani.
Italiani in fase di evacuazione
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, presente al vertice NATO ad Antalya, ha assicurato che il rimpatrio dei circa 90 cittadini italiani presenti in Libia è in fase avanzata. “Credo che entro questa sera tutti coloro che intendono rientrare in Italia lo faranno”, ha dichiarato. I voli partiranno da Misurata, città ritenuta relativamente sicura, dove operano milizie fedeli a Dbeibeh.
Tajani ha inoltre confermato che al momento non risultano italiani feriti o direttamente coinvolti nei combattimenti. “Non ci sono pericoli gravi per i nostri connazionali, ma è necessaria la massima prudenza. Il lavoro dei diplomatici e dei carabinieri garantisce la loro sicurezza”.
La crisi politica e il rischio di escalation
Gli scontri armati si inseriscono in un contesto di instabilità politica profonda. Il premier Dbeibeh, accusato di voler mantenere il potere nonostante il mandato scaduto, ha ordinato operazioni militari contro milizie rivali, tra cui la potente Rada, legata ai Fratelli Musulmani, e il generale Osama al-Masri, a capo della polizia giudiziaria e noto per i suoi legami con traffici illeciti. Quest’ultimo era stato arrestato a Torino a gennaio, salvo poi essere rilasciato per motivi controversi.
Secondo fonti locali, Dbeibeh avrebbe approfittato della crisi per tentare di epurare il panorama militare da elementi ostili o islamisti, contando sull’appoggio delle milizie di Misurata, sua roccaforte.
La comunità internazionale chiede la calma
Le ambasciate di Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Stati Uniti hanno diffuso una dichiarazione congiunta in cui esprimono “profonda preoccupazione” per l’escalation di violenza e invitano le autorità locali a “proteggere i civili e rispettare il cessate il fuoco”. Messaggi simili sono giunti anche da Egitto ed Emirati Arabi Uniti. Gli sforzi diplomatici si moltiplicano, mentre il Paese sembra nuovamente sull’orlo della guerra civile.
Il futuro della Libia appare oggi più incerto che mai. Il cessate il fuoco reggerà? Le fazioni in lotta accetteranno una mediazione o si preparano a un nuovo, lungo conflitto? Per ora, Tripoli resta sotto assedio, in un silenzio rotto solo dagli spari e dal rombo delle esplosioni. E mentre le cancellerie europee trattano la partenza dei loro cittadini, i libici restano, ancora una volta, soli in mezzo alle macerie.
Riproduzione riservata © Copyright La Milano

