Tregua in Medio Oriente: 60 giorni di cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah
Israele e Hezbollah siglano una tregua di 60 giorni: cessano i combattimenti al confine, mentre la popolazione del Libano meridionale tenta il ritorno a casa tra tensioni e devastazioni.
Tregua in Medio Oriente: 60 giorni di cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah.
Dalle prime ore di questa mattina, il Medio Oriente vive un momento di pausa dalle ostilità, con l’avvio di una tregua di 60 giorni tra Israele e Hezbollah. Alle 3 ora italiana, le 4 in Libano, il cessate il fuoco è entrato ufficialmente in vigore, portando un breve sollievo a una regione lacerata da 13 mesi di combattimenti intensi e distruzioni devastanti.
Festeggiamenti in Libano
A Beirut, la tregua è stata accolta con manifestazioni di giubilo. Nella notte e nelle prime ore della mattina, i cittadini libanesi hanno riempito le strade, in particolare nella periferia sud della capitale, una delle aree più colpite dai bombardamenti israeliani. I festeggiamenti sono segnati dalla presenza di bandiere, fotografie del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah e il simbolico gesto della “V” di vittoria. Tuttavia, il ricordo della distruzione è ancora vivido: proprio due mesi fa, Nasrallah ha perso la vita durante un attacco che ha scosso l’intero Libano.
Il dilemma degli sfollati
Mentre la popolazione cerca di celebrare un ritorno alla pace, migliaia di sfollati stanno tentando di fare ritorno nei propri villaggi nel sud del Libano, la zona maggiormente devastata dagli scontri. Tuttavia, l’area è ancora presidiata dalle forze israeliane, che hanno emesso ordini chiari contro i rientri. In un comunicato, l’esercito israeliano ha ribadito: “È vietato dirigersi verso le aree per le quali le truppe IDF hanno chiesto lo sgombero… Per la vostra sicurezza, astenetevi dagli spostamenti in questa zona”. Nonostante le restrizioni, le strade sono già piene di auto di civili determinati a tornare, anche davanti a case ridotte in macerie.
Scontri sporadici e tensioni locali
La situazione resta tesa. Nel villaggio di Kafr Kila, l’artiglieria israeliana ha aperto il fuoco per impedire ai civili di entrare, riferisce il ministero dell’Informazione libanese. Il villaggio, quasi completamente raso al suolo, è il simbolo della devastazione subita dalle comunità lungo il confine.
Il cessate il fuoco: tra speranze e avvertimenti
L’accordo di tregua è stato il risultato di un delicato negoziato internazionale guidato dagli Stati Uniti e dalla Francia, che lo hanno definito un successo diplomatico. Joe Biden, in un discorso dalla Casa Bianca, ha annunciato la tregua, sottolineando: “A Hezbollah non sarà più consentito minacciare la sicurezza di Israele”. Ha anche escluso un intervento diretto delle truppe americane nel sud del Libano, pur lasciando aperta la possibilità della presenza di osservatori statunitensi.
Il governo israeliano, da parte sua, ha adottato un atteggiamento di “tolleranza zero” verso eventuali violazioni della tregua. Il premier Benjamin Netanyahu, nel suo discorso serale, ha avvertito che Israele riprenderà gli attacchi se Hezbollah si riarmerà, sottolineando che l’organizzazione è stata “riportata indietro di decenni”.
I termini dell’accordo
L’intesa prevede il ritiro graduale delle forze israeliane dal Libano meridionale entro 60 giorni e il dispiegamento dell’esercito regolare libanese nella regione, tradizionale roccaforte di Hezbollah. Beirut è pronta a schierare almeno 5.000 soldati per garantire la sicurezza e impedire un ritorno delle milizie armate. Tuttavia, il meccanismo di controllo del cessate il fuoco potrebbe segnare un cambiamento significativo. Gli Stati Uniti potrebbero assumere un ruolo di osservatori, ridimensionando quello di UNIFIL, la missione internazionale delle Nazioni Unite.
L’incognita di Gaza e il futuro della tregua
Sebbene l’accordo rappresenti un passo avanti, resta il silenzio sulle ostilità nella Striscia di Gaza. Joe Biden ha definito “urgente” una tregua anche nella regione meridionale, dove la popolazione civile affronta una crisi umanitaria devastante. Tuttavia, Israele ha condizionato il cessate il fuoco nella zona alla liberazione degli ostaggi detenuti da Hamas.
L’accordo è fragile e la sua durata effettiva dipenderà dall’evoluzione sul campo. Le parole di Netanyahu e il contesto teso sul confine settentrionale mostrano che, sebbene le armi tacciano per ora, il conflitto resta una minaccia latente. Per la popolazione civile, i prossimi 60 giorni rappresentano una rara opportunità per respirare dopo oltre un anno di paura e distruzione.
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