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Tensione tra Israele e Iran: i timori di guerra fanno volare il prezzo del petrolio.

I mercati reagiscono con forza alle notizie di un possibile attacco israeliano agli impianti nucleari iraniani. A rischio le forniture dal Medio Oriente e la stabilità energetica globale.

Tensione tra Israele e Iran: i timori di guerra fanno volare il prezzo del petrolio.

I mercati reagiscono con forza alle notizie di un possibile attacco israeliano agli impianti nucleari iraniani. A rischio le forniture dal Medio Oriente e la stabilità energetica globale.

I mercati petroliferi internazionali sono entrati in una nuova fase di turbolenza dopo che la CNN ha riferito che Israele starebbe preparando un attacco contro le centrali nucleari iraniane, sollevando forti timori di un’escalation militare nella regione mediorientale. Una notizia che ha immediatamente innescato una reazione rialzista nei prezzi del greggio.

Le tensioni geopolitiche dietro l’aumento

Secondo fonti dell’intelligence statunitense citate dalla CNN, Israele si starebbe preparando a lanciare un’azione militare contro le installazioni nucleari iraniane. Le fonti, pur sottolineando che non è stata ancora presa una decisione definitiva, evidenziano un’accresciuta probabilità che i raid possano verificarsi, a causa del timore che un nuovo accordo nucleare con Teheran non elimini l’uranio arricchito già esistente, elemento chiave per la costruzione di armi atomiche.

Il contesto è aggravato da settimane di tensione diplomatica tra il governo israeliano e l’amministrazione statunitense guidata da Donald Trump, che ha rilanciato la strategia di “massima pressione” sull’Iran attraverso nuove sanzioni sulle esportazioni di greggio. La Casa Bianca ha intrapreso una serie di negoziati con Teheran, mediati anche dall’Oman, ma la posizione dell’Ayatollah Ali Khamenei resta intransigente: in una dichiarazione di martedì, il leader supremo ha definito “un grande errore” la richiesta americana di rinunciare all’arricchimento dell’uranio.

Impatti sulle forniture globali

Le conseguenze di un potenziale attacco israeliano sono gravi e immediate. L’Iran è il terzo produttore all’interno dell’OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries), e un conflitto diretto potrebbe interrompere in maniera significativa le esportazioni di greggio. Gli esperti avvertono anche del rischio che Teheran possa rispondere militarmente bloccando lo stretto di Hormuz, uno snodo strategico attraverso il quale passa circa un quinto del petrolio mondiale, esportato da paesi come Arabia Saudita, Iraq, Kuwait ed Emirati Arabi Uniti.

“La minaccia non riguarda solo le esportazioni iraniane,” ha dichiarato un analista di ING, “ma potrebbe compromettere l’intero equilibrio energetico della regione mediorientale, con effetti dirompenti sui prezzi globali.”

Segnali contrastanti dal mercato

Nonostante il clima di incertezza geopolitica, si registrano alcuni dati positivi sul fronte dell’offerta. Negli Stati Uniti, il principale consumatore mondiale di petrolio, le scorte di greggio sono aumentate di 2,5 milioni di barili nella settimana conclusasi il 16 maggio, secondo i dati dell’American Petroleum Institute. Tuttavia, le scorte di benzina e distillati sono in calo, segno di un’elevata domanda interna.

Anche sul fronte della produzione, si rileva un incremento: il Kazakistan ha aumentato la propria produzione petrolifera del 2% a maggio, nonostante le pressioni da parte dell’alleanza OPEC+ per una riduzione dei volumi, nel tentativo di sostenere i prezzi.

Il quadro politico e diplomatico

Le voci di un imminente attacco militare israeliano arrivano in un momento di crescente tensione tra Tel Aviv e Washington. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha più volte espresso irritazione per l’apertura diplomatica degli Stati Uniti verso Teheran, vedendo nelle trattative un pericoloso indebolimento della pressione internazionale sull’Iran. A complicare ulteriormente il quadro vi è la polemica in corso tra Israele e l’Unione Europea, accusata da Tel Aviv di “non comprendere la complessità della situazione a Gaza” e di “incoraggiare Hamas” con la revisione dell’accordo di associazione UE-Israele.

Un clima di incertezza

Il balzo dei prezzi del petrolio riflette l’elevato grado di incertezza che grava sul Medio Oriente, una regione già fragile dove ogni tensione rischia di avere effetti globali immediati sui mercati energetici. Un eventuale attacco israeliano all’Iran potrebbe non solo compromettere la disponibilità di greggio, ma anche innescare una catena di reazioni militari e diplomatiche con ripercussioni difficilmente prevedibili. La comunità internazionale osserva con crescente preoccupazione, mentre gli investitori restano in allerta in attesa di sviluppi concreti.

 

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