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Tensione tra Cina e Giappone: droni vicino a Taiwan e minacce militari riaccendono la crisi nello Stretto.

L’avvistamento di un drone cinese tra Yonaguni e Taiwan scatena la reazione di Tokyo e riaccende le tensioni con Pechino, che avverte il Giappone: “Se interferite su Taiwan, ci sarà una risposta ferma”.

Tensione tra Cina e Giappone: droni vicino a Taiwan e minacce militari riaccendono la crisi nello Stretto.

Il Giappone ha fatto decollare i propri caccia dopo il sospetto avvistamento di un drone cinese in volo tra l’isola di Yonaguni e Taiwan, in un’area strategica al confine tra il territorio giapponese e quello dell’isola autonoma. L’episodio, avvenuto il 15 novembre, ha innescato un nuovo picco di tensione tra Tokyo e Pechino, già ai ferri corti dopo le dichiarazioni della premier nipponica Sanae Takaichi sulla possibilità di un intervento militare giapponese in caso di attacco cinese a Taiwan.

L’allarme tra Yonaguni e Taiwan: Tokyo reagisce

Secondo quanto riportato dal ministero della Difesa giapponese su X, “un veicolo aereo senza pilota, ritenuto di origine cinese, è stato confermato in volo tra l’isola di Yonaguni e Taiwan”, la zona più meridionale dell’arcipelago nipponico. Immediatamente la Japan Air Self-Defense Force ha fatto decollare i propri caccia, in applicazione dei protocolli di risposta alle minacce o violazioni dello spazio aereo.
L’episodio, avvenuto poche ore dopo le parole della premier Takaichi sullo “stato di allerta” relativo a Taiwan, è stato interpretato da Tokyo come una possibile provocazione militare da parte di Pechino. La zona interessata, infatti, è un punto di cruciale importanza strategica: dista appena 110 chilometri dalla costa orientale di Taiwan ed è spesso teatro di attività militari di sorveglianza e manovre d’avvertimento tra le due potenze asiatiche.

La Cina: “mai promesso di rinunciare alla forza”

A poche ore dall’incidente, l’Ambasciata cinese in Giappone ha pubblicato un duro comunicato sui social, ribadendo che Pechino è pronta “a fare ogni sforzo per una riunificazione pacifica” con Taiwan, ma “non prometterà mai di rinunciare all’uso della forza, né lascerà spazio ad attività separatiste per l’indipendenza dell’isola”.
Il messaggio conteneva anche un monito diretto a Tokyo di non interferire nella causa della riunificazione cinese o di tentare un intervento armato, poichè incontrerebbe una ferma risposta da parte della Cina.
La dichiarazione ha segnato un ulteriore irrigidimento delle relazioni diplomatiche, già compromesse dalle recenti affermazioni della premier giapponese, che aveva definito un eventuale attacco cinese a Taiwan come una “situazione di minaccia alla sopravvivenza del Giappone”, giustificando così un possibile intervento militare giapponese in base al principio di autodifesa collettiva.

Tensioni ai vertici: Pechino esclude incontro con Tokyo al G20

Il clima teso tra i due Paesi ha avuto immediati riflessi anche sul piano diplomatico. Pechino ha infatti annunciato che il premier Li Qiang non incontrerà l’omologa nipponica Sanae Takaichi durante il vertice del G20 dei leader in Sudafrica.
“La Cina non ha intenzione di organizzare un incontro bilaterale con il Giappone”, ha confermato la portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning, chiarendo che non ci sono margini per un dialogo diretto in questa fase.
Si tratta di un gesto altamente simbolico, che conferma la portata della crisi diplomatica tra le due potenze asiatiche, la più grave da oltre dieci anni.

Diplomazia del “guerriero lupo”: l’offensiva verbale di Pechino

A infiammare ulteriormente la situazione sono state le dichiarazioni aggressive di diplomatici e funzionari cinesi sui social. Xue Jian, console generale della Cina a Osaka, ha scritto un post minaccioso in giapponese in cui affermava che “la testa schifosa che si è esposta dovrà essere decapitata senza esitazione”, un riferimento diretto alla premier Takaichi. Il post è stato poi cancellato dopo la protesta ufficiale di Tokyo.
Anche i media cinesi hanno amplificato la retorica anti-giapponese. La China Central Television ha accusato i leader nipponici di “scavarsi la fossa da soli”, mentre un noto commentatore, Hu Xijin, ha definito la premier “una strega malvagia che ha rinfocolato l’odio reciproco tra i due popoli”.
Questo linguaggio, tipico della cosiddetta wolf warrior diplomacy — la “diplomazia del guerriero lupo” — rappresenta una strategia comunicativa aggressiva utilizzata da Pechino per affermare con forza la propria posizione e intimidire gli avversari.

L’iniziativa di Taiwan: manuali di difesa civile alla popolazione

Nel frattempo, Taipei ha risposto all’inasprirsi delle tensioni aggiornando le proprie misure di autodifesa. Il governo ha avviato la distribuzione di oltre 9,8 milioni di manuali destinati ai cittadini, contenenti istruzioni su come reagire in caso di attacco militare o crisi nazionale.
I manuali, redatti dal Consiglio di sicurezza nazionale di Taiwan, includono informazioni sui rifugi antiaerei, la preparazione di kit di emergenza e indicazioni su come riconoscere falsi annunci di resa.
“Vogliamo mostrare la nostra determinazione a difenderci”, ha dichiarato Lin Fei-fan, vice segretario generale del Consiglio. “La popolazione deve sapere che un’aggressione costerebbe cara a chiunque la tenti”.

Una crisi strategica senza precedenti

L’avvistamento del drone, l’escalation verbale e le manovre diplomatiche delineano un quadro di crescente instabilità nell’Asia orientale. Le tensioni nello Stretto di Taiwan — da tempo epicentro di attriti tra Pechino, Taipei e Washington — si intrecciano ora con un nuovo fronte di scontro tra Cina e Giappone.
Per la prima volta in molti anni, Tokyo adotta un linguaggio apertamente militare nei confronti di Pechino, rompendo la tradizionale prudenza diplomatica. Una scelta che segna una svolta nella politica estera giapponese e che rischia di ridefinire gli equilibri di sicurezza dell’intera regione del Pacifico.

 

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