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Tensione nel Mar Nero: la Turchia denuncia un nuovo attacco contro la nave cisterna russa Midvolga-2.

Una nave cisterna russa che trasportava olio di girasole è stata colpita da un presunto drone nelle acque al largo della Turchia. Ankara parla di escalation allarmante dopo i recenti attacchi contro altre imbarcazioni nella sua zona economica esclusiva.

Tensione nel Mar Nero: la Turchia denuncia un nuovo attacco contro la nave cisterna russa Midvolga-2.

Il Mar Nero, teatro di una crescente instabilità dall’inizio della guerra in Ucraina, torna nuovamente al centro delle preoccupazioni internazionali dopo che Ankara ha denunciato un attacco contro una nave cisterna in transito nelle sue vicinanze. L’imbarcazione russa Midvolga-2, carica di olio di semi di girasole, è stata colpita mentre navigava a circa 80 miglia nautiche dalla costa turca. L’episodio, avvenuto in un’area già attraversata da tensioni legate alla guerra e ai traffici energetici, rappresenta per la Turchia un campanello d’allarme e un segnale di una possibile ulteriore escalation del conflitto nelle acque che circondano il Paese.

La ricostruzione dell’attacco: una nave civile nel mirino

La Direzione generale degli Affari Marittimi turca ha reso noto l’accaduto attraverso un comunicato pubblicato su X, sottolineando come la nave, pur essendo stata colpita, non abbia riportato danni tali da impedirne la navigazione. L’equipaggio, composto da 13 persone, è risultato illeso e la nave ha potuto proseguire verso il porto turco di Sinop. Le prime informazioni diffuse dai media turchi, in particolare dall’emittente NTV, suggeriscono che l’attacco possa essere stato condotto tramite un drone kamikaze, un’arma già impiegata in precedenti operazioni contro navi russe nel Mar Nero. Sebbene l’origine dell’attacco non sia stata ufficialmente confermata, gli indizi lasciano supporre un collegamento con la serie di operazioni navali attribuite all’Ucraina nelle ultime settimane.

Il precedente degli attacchi alle petroliere sanzionate Kairos e Virat

L’episodio della Midvolga-2 non è un caso isolato. Solo pochi giorni prima, due altre navi russe, la Kairos e la Virat, erano state colpite da droni navali mentre si trovavano all’interno della zona economica esclusiva turca. Le due petroliere risultano registrate nella lista delle imbarcazioni soggette a sanzioni internazionali e fanno parte della cosiddetta “flotta ombra” russa, un insieme di centinaia di navi impiegate da Mosca per trasportare petrolio e prodotti derivati aggirando le restrizioni imposte dall’Unione Europea e dai Paesi del G7 dopo l’invasione dell’Ucraina. Secondo quanto dichiarato dal ministero dei Trasporti turco, una delle due navi sarebbe stata colpita una seconda volta il giorno successivo, segno evidente della determinazione di colpire quelle che Kiev considera infrastrutture cruciali per l’economia bellica della Russia.

La strategia dei droni marini e la nuova dimensione del conflitto navale

Gli attacchi recenti si inseriscono in una strategia più ampia adottata dall’Ucraina, che ha fatto dei droni marini uno strumento essenziale per colpire obiettivi russi in mare. Questi dispositivi, relativamente economici rispetto ai mezzi navali tradizionali, permettono di condurre operazioni mirate a grande distanza e con elevato tasso di successo. Finora, la maggior parte delle operazioni ucraine si è concentrata attorno alla Crimea e alle coste settentrionali del Mar Nero. L’attacco alla Midvolga-2 indica, però, un ampliamento del raggio operativo verso sud, una scelta che porta la guerra a ridosso delle acque turche e che accresce sensibilmente la preoccupazione di Ankara.

La reazione di Erdoğan: allarme per una “preoccupante escalation”

Il presidente Recep Tayyip Erdoğan, parlando pubblicamente la sera successiva agli attacchi alle petroliere Kairos e Virat, ha definito gli episodi come una “preoccupante escalation” destinata a minacciare la sicurezza e la stabilità della regione. Secondo Erdoğan, la Turchia “non può tollerare attacchi che mettono in pericolo la sicurezza della navigazione, l’ambiente e la vita delle persone nella nostra zona economica esclusiva”. Le parole del presidente non sono solo una presa di posizione diplomatica: riflettono la consapevolezza della Turchia di trovarsi in un’area dove gli interessi commerciali, energetici e militari delle potenze coinvolte nel conflitto si intrecciano in modo sempre più complesso. Ankara ha dichiarato di aver inviato avvertimenti ufficiali alle parti coinvolte, chiedendo un’immediata riduzione delle ostilità in mare.

Il ruolo centrale della Turchia nelle rotte marittime del Mar Nero

La Turchia, per posizione geografica e ruolo geopolitico, è uno degli attori chiave nella gestione della sicurezza del Mar Nero. Il traffico marittimo che attraversa lo stretto del Bosforo e dei Dardanelli è fondamentale per le economie di Russia, Ucraina, Georgia e dei Paesi europei affacciati sul Mar Mediterraneo. Inoltre, la Turchia controlla l’accesso navale della NATO al Mar Nero attraverso la Convenzione di Montreux del 1936, un accordo che limita la presenza di navi militari straniere nella regione e conferisce ad Ankara ampi poteri di regolamentazione. Per queste ragioni, ogni episodio che mette a rischio la sicurezza marittima nelle vicinanze delle sue coste viene percepito come una minaccia diretta agli interessi strategici del Paese.

Una diplomazia in equilibrio tra Mosca e Kiev

Da quando è iniziata l’invasione dell’Ucraina nel 2022, Ankara ha mantenuto una posizione particolarmente delicata, cercando di bilanciare il proprio ruolo di alleato della NATO con la necessità di preservare rapporti pragmatici con Mosca, soprattutto sul piano energetico ed economico. La Turchia ha ospitato colloqui tra le parti, favorendo lo storico accordo sul grano che ha permesso all’Ucraina di esportare prodotti agricoli attraverso corridoi sicuri nel Mar Nero. Tuttavia, il progressivo deterioramento dei rapporti tra Russia e Occidente, insieme al moltiplicarsi degli attacchi marittimi, ha ridotto gli spazi di mediazione turca e aumentato il rischio che Ankara venga trascinata in modo sempre più diretto nelle tensioni regionali.

Il pericolo ambientale e commerciale di una guerra che si sposta sulle rotte civili

Gli attacchi contro navi civili rappresentano una minaccia che va ben oltre il danno immediato a un singolo mezzo. Il Mar Nero è un ecosistema chiuso e vulnerabile, dove sversamenti accidentali di carburante o prodotti chimici possono causare danni difficilmente reversibili. La presenza di petroliere o navi cariche di materiali sensibili aumenta esponenzialmente il rischio ambientale. A ciò si aggiunge l’impatto economico: il commercio marittimo che attraversa quest’area costituisce un’arteria vitale per l’approvvigionamento alimentare, energetico e industriale di numerosi Paesi. Ogni attacco, anche se non provoca vittime, manda un segnale di incertezza ai mercati e può tradursi in costi maggiori per assicurazioni, logistica e trasporto.

Una spirale di instabilità che si avvicina alle coste turche

L’attacco alla Midvolga-2, pur senza conseguenze tragiche, rappresenta un passo ulteriore verso una possibile estensione della guerra nelle acque centrali del Mar Nero. Se Kiev dovesse intensificare l’uso dei droni marini nella parte meridionale del bacino, o se Mosca decidesse di rispondere con operazioni simmetriche o con contro-misure militari più aggressive, la regione rischierebbe di precipitare in una spirale di instabilità difficilmente controllabile. Ankara, pur non essendo parte del conflitto, si trova ormai a gestire le sue conseguenze dirette, assumendo un ruolo sempre più delicato nel tentativo di impedire che lo scontro si espanda ulteriormente.

La necessità di una de-escalation prima che il conflitto travolga il traffico marittimo

L’evoluzione degli eventi mostra chiaramente come la dimensione navale del conflitto stia assumendo un ruolo crescente. La Turchia, in qualità di potenza regionale e garante degli stretti, chiede ora una de-escalation immediata per evitare il rischio che il traffico marittimo commerciale venga travolto dalle ostilità. Il futuro del Mar Nero dipenderà anche dalla capacità delle parti di contenere l’uso di armi non convenzionali come i droni marini, sempre più difficili da monitorare e intercettare, e di mantenere aperti i canali diplomatici. Resta da vedere se gli avvertimenti di Ankara saranno sufficienti a fermare una dinamica che sembra ormai avviata verso un coinvolgimento sempre più ampio di attori e infrastrutture civili.

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