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Sparatoria nel bar clandestino di un ostello a Pretoria: undici morti e venticinque feriti.

Uomini armati irrompono nel Saulsville Hostel di Atteridgeville aprendo il fuoco su decine di persone: tra le vittime anche tre minori. La polizia è sulle tracce di tre sospettati.

Sparatoria nel bar clandestino di un ostello a Pretoria: undici morti e venticinque feriti.

Il Sudafrica torna a confrontarsi con l’incubo della violenza armata dopo la sanguinosa sparatoria avvenuta al Saulsville Hostel di Atteridgeville, nella periferia occidentale di Pretoria. Nelle prime ore dell’alba, uomini armati hanno fatto irruzione in un bar senza licenza situato all’interno dell’ostello, aprendo il fuoco contro i presenti e causando una strage che ha profondamente scosso l’opinione pubblica nazionale e internazionale. Secondo la portavoce della polizia, Athlenda Mathe, le vittime accertate sono undici, tra cui un bambino di soli tre anni, mentre i feriti sarebbero almeno venticinque.

La dinamica dell’attacco

La sparatoria sarebbe avvenuta intorno alle 4:00 del mattino, quando il locale era ancora affollato di persone che consumavano alcolici. La brigadiera Mathe ha riferito che i primi colpi sono stati esplosi da almeno tre uomini armati non identificati, i quali avrebbero aperto il fuoco in modo indiscriminato. Dieci delle vittime sono decedute sul posto, mentre l’undicesima è morta durante il trasporto in ospedale. Tra i morti, oltre al bambino di tre anni, figurano un ragazzino di dodici anni e una ragazza di sedici. Le autorità sono state allertate solo intorno alle 6 del mattino, ritardo che potrebbe avere influito sulla gestione dei soccorsi.

Un ostello trasformato in teatro di guerra

Il Saulsville Hostel, come molti altri complessi residenziali simili distribuiti nelle township sudafricane, ospita numerosi lavoratori e famiglie a basso reddito. La sua struttura include spesso locali improvvisati, come bar e taverne senza licenza, che rappresentano punti di aggregazione, ma anche ambienti ad alto rischio per episodi di violenza. Al momento della sparatoria, il piccolo bar illegale funzionava come luogo di ritrovo notturno. Proprio l’attività irregolare del locale è ora al centro delle indagini, poiché episodi simili sono già avvenuti negli ultimi anni in contesti analoghi.

Le indagini in corso e la caccia ai responsabili

Il commissario distrettuale, il maggior generale Thine, è arrivato sul posto poche ore dopo l’attacco per coordinare le prime fasi dell’indagine. La polizia ha confermato di essere alla ricerca di almeno tre sospettati, tutti uomini, fuggiti subito dopo la sparatoria. Al momento, le autorità non hanno diffuso dettagli sul movente, che rimane sconosciuto. Tuttavia, non si esclude il coinvolgimento di gruppi criminali o gang locali, spesso attivi nella gestione di bar illegali e nel traffico di armi. Accertare l’origine delle armi utilizzate sarà uno dei punti centrali dell’inchiesta, in un Paese dove il mercato illecito rappresenta una piaga da anni difficile da contenere.

Il problema cronico della violenza armata

La tragedia di Atteridgeville si inserisce in un drammatico contesto nazionale. Il Sudafrica registra da tempo uno dei più alti tassi di omicidi al mondo, con oltre 26.000 casi solo nel 2024, pari a una media di più di 70 al giorno. Le armi da fuoco sono responsabili di una quota significativa di queste morti, nonostante le leggi sul possesso siano relativamente severe. Secondo Gun Free South Africa, dal gennaio 2020 al marzo 2025 la media è stata di 33 persone uccise quotidianamente con armi da fuoco. Le autorità ritengono che la maggior parte delle armi impiegate negli omicidi provenga da circuiti illegali, alimentati da reti criminali sempre più radicate.

Il ruolo degli shebeen e dei locali illegali

Uno degli aspetti più delicati emersi nelle dichiarazioni della polizia riguarda gli shebeen, bar clandestini molto diffusi nei quartieri popolari sudafricani. Si tratta di locali spesso improvvisati, privi di licenza e controlli sanitari, che vendono bevande alcoliche di qualità scadente e rappresentano un habitat fertile per risse, regolamenti di conti e sparatorie. La portavoce Mathe ha sottolineato come proprio questi ambienti stiano diventando epicentri di violenza incontrollata. Tra aprile e settembre dell’anno in corso, la polizia ha chiuso oltre 11.000 shebeen illegali, arrestando più di 18.000 persone coinvolte nella vendita irregolare di alcolici. Nonostante gli sforzi, la diffusione capillare di questi locali continua a rappresentare una sfida enorme e questo pattern ricorrente mette in luce un fenomeno sistemico che va ben oltre la semplice criminalità locale.

Un paese in cerca di risposte

La tragedia al Saulsville Hostel riapre il dibattito sulla sicurezza pubblica e sull’efficacia delle politiche governative in materia di controllo delle armi e regolamentazione della vendita di alcolici. La popolazione, ancora una volta, si trova a chiedere maggiore protezione e misure più incisive contro la proliferazione di attività illegali e la violenza nelle township. Allo stesso tempo, cresce la pressione sulle istituzioni affinché vengano affrontate le cause profonde della criminalità: povertà, disoccupazione, ineguaglianze sociali e marginalizzazione delle periferie urbane.

Un dolore collettivo che chiede giustizia

Mentre la polizia continua la caccia ai responsabili, le comunità locali fanno i conti con una tragedia che ha coinvolto vittime giovanissime e ha lasciato feriti di ogni età. L’ennesimo episodio di violenza armata continua a ricordare a tutto il Paese l’urgenza di un cambiamento strutturale, capace di fermare una spirale di sangue che sembra non arrestarsi. Nel frattempo, Atteridgeville piange i propri morti, mentre il Sudafrica intero guarda con apprensione al futuro, sperando che questa ennesima strage possa finalmente accelerare risposte concrete e durature.

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